mercoledì 10 settembre 2008

Cause dell’inefficienza della P. A.

Hanno partecpato al sondaggio n. 151 persone che si sono espressi sulle “cause dell’inefficienza della Pubblica Amministrazione” nel modo seguente:
- Dirigenti n. 69 voti 45,69%;
- Dipendenti n. 12 voti 7,94%;
- Organizzazione 60 voti 39,73%;
- Altro 10 voti 6,62%.
I partecipanti al sondaggio hanno individuato in modo chiaro che la causa principale del cattivo funzionamento della macchina della Pubblica Amministrazione è da attribuirsi ai dirigenti (45,69%). Questa scelta non è stata facile considerando che il periodo estivo è stato caratterizzato dai dati comunicati dal Ministero sul crollo dell’assenteismo e, quindi, da una particolare attenzione rivolta ai dipendenti pubblici ed ai fannulloni. La seconda causa è stata individuata nella organizzazione con il 39,73% che è strettamente correlata all’assunzione delle responsabilità piene da parte della dirigenza che in molti casi ha abdicato a questo ruolo.
In terza posizione troviamo i dipendenti pubblici con il 7,94%, i quali se non organizzati possono diventare nulla-facenti non sempre per propria responsabilità ma perché il lavoro è organizzato secondo principi ormai superati da molto tempo. Nella Pubblica Amministrazione sopravvive ancora una organizzazione del lavoro tayloristica, basata sugli adempimenti e non sulle attività del processo.
In ultima posizione è posizionata la causa “altro” che è stata scelta dai partecipanti per indicare che vi sono problemi diversi dall’organizzazione, dalla dirigenza e dai dipendenti che possono essere identificati nel comportamento degli utenti, nella mancata integrazione e collaborazione tra i settori della Pubblica Amministrazione.
Avendo trattato in precedenti post i provvedimenti del Governo sulla P. A., il problema del management pubblico e le responsabilità organizzative, ritengo importante offrire alcune riflessioni sulle prospettive di cambiamento del lavoro dei dipendenti pubblici.
Dagli anni ‘80 vi è stato un impegno continuo, non ancora concluso, a ricomporre le attività del processo, a superare la divisione del lavoro, ad arricchire le mansioni dei lavoratori ed a rendere semplice e fluido il processo. La gestione per processi non vede i singoli compiti come operazioni isolate ma considera tutte le attività che contribuiscono a un dato risultato.
La gestione del processo è finalizzata a fornire valore al cliente e, pertanto, l’organizzazione deve impegnarsi al massimo affinché il miglioramento delle attività organizzate in processo divenga una caratteristica costante del suo impegno.
L’impegno non si è concluso in quanto in ogni momento della vita aziendale si è portati ad assegnare (maggiore controllo del capo) ed a svolgere (minore coinvolgimento degli operatori) compiti semplici e isolati.
Per focalizzare l’impegno sul lavoro che crea valore per il cliente, per ridurre il lavoro che non aggiunge valore ma che è necessario e per eliminare il lavoro inutile occorre realizzare l’integrazione delle competenze tra gli operatori ed affidare ad ogni singolo operatore delle mansioni ampie e complesse.
E’ necessario che ogni singolo operatore conosca il processo nella sua globalità e possa focalizzarsi sul risultato finale e sugli obiettivi da perseguire.
Nell’era industriale vigeva il paradigma: compiti semplici per persone semplici e processi complessi con risultati deludenti. Oggi il rapporto si è invertito: complessità delle mansioni e processi semplici. Chi è coinvolto in un processo svolge attività complesse e contribuisce a far sì che queste si integrino e concorrano a soddisfare le esigenze del cliente.
Per operare in modo efficace è necessario che i dipendenti pubblici possiedano le seguenti competenze: conoscenza del processo, esigenze della clientela, integrazione delle competenze, obiettivi dell’organizzazione.
Per lavorare nell’ottica dei processi è essenziale che tutte le persone coinvolte si muovano in direzione di un obiettivo comune.
Gli obiettivi non rientrano soltanto nella sfera di competenza del management ma anche degli operatori di processo. Quest'ultimi lavorano in team, sono responsabili delle attività che svolgono e dei risultati e partecipano al processo di cambiamento dell’organizzazione con riflessioni e proposte.
I gruppi di processo potranno funzionare ed essere coesi se gli operatori condividono attività ed obiettivi.
Occorre che gli operatori si trasformino da lavoratore dipendente a professionista con la seguente visione: cliente, risultato, processo. Inoltre, è necessario dare spazio alla creatività, all’autonomia ed all’integrazione delle competenze tra gli operatori.
Nel sistema industriale con l’applicazione dell’organizzazione scientifica del lavoro e della conseguente divisione del lavoro, il tempo era utilizzato per cronometrare gli adempimenti ed i compiti ripetitivi della forza lavoro e per misurare l’efficienza al fine di produrre di più nell’unità di tempo.
Oggi nell’economia della conoscenza il tempo ha perso la sua originaria importanza (quantità di output e risorse umane non motivate) ed in particolare nell’ambito dei servizi è la velocità che rappresenta uno dei parametri per valutare l’efficienza di un processo e l’efficacia nell’erogazione dei servizi. Pertanto, la velocità è legata alla qualità del servizio, all’erogazione delle prestazioni sociali ed ai bisogni degli utenti sempre più urgenti.
La visione del lavoro delineata concorre certamente a migliorare la gestione dei servizi pubblici ed ha bisogno per essere realizzata di un management pubblico che svolga il proprio ruolo in modo completo, che abbandoni la difesa dello status quo e della sua sopravvivenza.
E’ necessario che il Ministro Brunetta passi dall’effetto annuncio (assenteismo, fannulloni, certificazione di malattia) alla realizzazione di una politica di rinnovamento della P. A. attraverso la misurazione dei risultati, la predisposizione di business plan, la trasparenza del grado di conseguimento degli obiettivi, il coinvolgimento dei cittadini e dei dipendenti e la competitività nella P. A. attraverso operazioni di bechmarking. Inoltre, si ritiene importante predisporre piani di produttività che premiano l'impegno ed il merito dei dipendenti pubblici. L'eliminazione generalizzata dei premi di incentivazione per il 2009 in assenza di un sistema di valutazione della produttività efficace è scorretto ed ingiusto. Occorreva intervenire e sospendere tali premi soltanto nei soli casi di chiara improduttività e per quei settori della P. A. che ancora non si sono dotati di strumenti validi per misurare il grado di conseguimento dei risultati stabiliti nel business plan. Ancora una volta si colpiscono le persone oneste e capaci che lavorano in modo efficace per la P. A. e per i cittadini.

1 commento:

pino s. ha detto...

bella questa inchiesta: dovrebbe leggerla il ministro Brunetta, così capirebbe come far funzionare veramente la P.A., invece che con le sue sparate

pino s. - pdvedano.blogspot.com