lunedì 20 ottobre 2008

Intervista a Beppe Cellai

Beppe Cellai, fondatore del gruppo “Raccolta firme contro il decreto Gelmini” su Facebook con 375 membri, si è reso disponibile a partecipare all’intervista che segue.
Che cosa ti ha spinto a costituire il gruppo e per quali obiettivi?
Premetto che io ho fatto il liceo classico di Viareggio ed ho avuto 3 anni di diritto. Il gruppo è nato a seguito di un messaggio che ho ricevuto e che è stato fatto circolare in tutti i cellulari e mailbox d’Italia che recitava l’invito a scrivere sulla posta del presidente Napolitano un appello a non firmare il decreto Gelmini. Il messaggio recitava anche che il raggiungimento di almeno 20000 firme avrebbe provocato la sospensione del provvedimento. Pur sapendo che la costituzione non prevede poteri decisionali al Presidente della Repubblica il mio obiettivo era costruire un blog che fungesse da punto di partenza per un'altra attività corale di studenti, insegnanti, cittadini italiani e non per far sentire a questo governo il parere contrario sulla riforma della scuola. Il risultato è stato perfettamente raggiunto e circa 5 giorni dopo l’apertura del blog, sul sito del Quirinale, si è resa necessaria una frase che scoraggiasse dal continuare ad inviare mail di disaccordo al decreto 133.
Cosa non condividi dei provvedimenti della Gelmini?
I punti chiave che non condivido della riforma Gelmini sono un turnover sconsiderato che in due anni rischia di mandare facoltà sul lastrico oltre che migliaia di ricercatori e lavoratori a casa. Altro punto è la possibilità di trasformare le facoltà in fondazioni private che è sconvolgente. Come possiamo adesso passare da facoltà pubbliche a private, non siamo in USA, dove, essendo abituate, le famiglie iniziano a mettere da parte i soldi per le università dei figli fin da quando essi nascono. Come reazione a questo problema che ovviamente porterà ad un aumento delle tasse universitarie, vi è l’ultimo aspetto che per niente condivido del decreto Gelmini, la scomparsa del tetto sul pagamento da parte delle famiglie delle tasse universitarie. Il modello universitario italiano è sempre stato impiantato sul principio della scuola per tutti, per questo lo stato ha sempre coperto l’80% dei costi dell’istruzione universitaria. Se, adesso, il tetto del 20% scompare chi è che potrà mandare i figli all’università con tasse da 10.000 euro l’anno?
Quali sono i rischi dei provvedimenti della Gelmini?
Ho paura che l’insieme di questi tre orrori legislativi rovinerà le generazioni di studenti dei prossimi vent’anni. Probabilmente, davanti alla prospettiva di spendere 50.000 euro per mandare un figlio all’università solo i bambini che nasceranno da ora in poi saranno supportati da una famiglia preparata economicamente all’evento, gli altri boh…
E non si dica: “e allora ditemelo voi dove trovare i soldi”, perché uno stato che risparmia sull’istruzione dei propri figli è uno stato che vuole costruirsi tanti robot in grado di dargli il consenso, nulla più!
Oggi ho scoperto tramite una mia amica che è in erasmus in Olanda alla scuola di scienze politiche de L’Aia studiano il fenomeno Berlusconi in termini di leadership totalitaria ottenuta tramite controllo dei mezzi di comunicazione, incitamento delle folle, del suo modo di cavalcare le paure della gente e di offrire soluzioni semplici ed irrealizzabili.
Caro Antonino, non volevo crederci, ma mi sa che il rischio di essere in una dittatura moderna è sempre più reale.
Almeno esportiamo il nuovo modello di leadership coniato e praticato da Berlusconi che è particolare e diverso da quello che ci insegnano Warren G. Bennis e John P. Kotter e perciò molto prezioso anche se in tempi passati è stato attuato in Italia.

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