martedì 16 dicembre 2008

Donne in pensione a 65 anni!

Lettera aperta di Vittoria Franco a Brunetta e la risposta di Pietro Ichino alla lettera di una donna.
"Le lancio una proposta di alleanza o, se vuole, una sfida, tutta politica, tutta a favore delle donne: noi del PD sosteniamo le sue proposte sulla equiparazione dell’età pensionabile e Lei sostiene il nostro progetto che prevede misure per promuovere l’occupazione femminile e favorire la conciliazione fra lavoro, maternità e carriera. Perché è proprio qui il problema, nella maternità che è ancora un ostacolo all’accesso al mercato del lavoro, alla carriera e alla realizzazione delle donne in un lavoro gratificante". Vittoria Franco, ministro ombra delle Pari Opportunità del Pd risponde così in una lettera aperta al ministro della Pa e dell'Innovazione Renato Brunetta che, nella giornata conclusiva della terza edizione del Forum ''Terza Economia - Sempre più valore dalla Terza Età'' svoltosi a Stresa sul Lago Maggiore, aveva proposto di portare a 65 anni l'età pensionabile delle donne.
"Caro Ministro Brunetta - scrive il ministro ombra - sono d’accordo con lei quando dice che molti vogliono le donne 'angeli del focolare', tutte cura e famiglia. Per la verità, è soprattutto la destra che storicamente fa di un welfare centrato sulla famiglia e sulla donna il suo punto identitario. Le lancio una sfida a favore delle donne: noi del PD sosteniamo le sue proposte sulla equiparazione dell’età pensionabile e Lei sostiene il nostro progetto (il disegno di legge depositato al Senato col numero 784) che prevede misure per promuovere l’occupazione femminile e favorire la conciliazione fra lavoro, maternità e carriera. Perché è proprio qui il problema, nella maternità che è ancora un ostacolo all’accesso al mercato del lavoro, alla carriera e alla realizzazione delle donne in un lavoro gratificante. Le donne oggi sono più istruite, ma più povere e più precarie degli uomini. Per le donne laureate il differenziale salariale può arrivare anche al 25 per cento in meno. Il livello di occupazione femminile al Sud è intorno al 31 per cento. Ma quelle stesse donne inattive rinunciano anche a fare figli perché il futuro della coppia e della famiglia è più incerto”. “Vogliamo partire da questi dati ministro Brunetta? - incalza Vittoria Franco - Vogliamo partire dai servizi educativi e alla persona? Lei sa bene che gli asili nido coprono poco più del 10 per cento della popolazione infantile e che al Sud non arrivano al 2 per cento. Tremonti finora non ha previsto un euro né per promuovere politiche attive del lavoro femminile né per proseguire nel piano per gli asili nido avviato da Prodi. E non possono bastare gli spiccioli realizzati con l’equiparazione dell’età pensionabile. Ci dia qualche segnale che ci consenta di avere fiducia e per non pensare che questo Governo voglia di nuovo intrappolare le donne in un'ulteriore discriminazione: più povere, più oberate di cura e pure in pensione più tardi degli uomini". Insomma il PD si aspetta una risposta seria ad un problema serio. Non uno spot, e nemmeno uno slogan. Ma soluzioni vere e concrete. Altrimenti, come fa notare Cesare Damiano, viceministro ombra del Lavoro, la proposta di Brunetta rimane “inaccettabile” perché affronta solo un lato del problema: quello del risparmio dei costi pensionistici. “Invece, - spiega ancora l’esponente del governo ombra - quando si parla di lavoro femminile non si può non affrontare, contemporaneamente, il tema della conciliazione tra tempo di vita e tempo di lavoro e quello della revisione del modello organizzativo dell'impresa, che consenta la fruizione di congedi o di periodi sabbatici per cura e crescita, ad esempio, dei figli nei primi anni di vita, riconoscendo anche questi periodi ai fini pensionistici''.Bisogna fare di più, dunque. Specialmente per quanto riguarda il welfare italiano, troppo poco attento alle difficoltà che la situazione femminile è costretta ancora ad affrontare. "Fino a quando lo stato del welfare italiano sarà tale da costringere le donne a fare almeno due lavori di cui uno non pagato e non riconosciuto – sottolinea Anna Finocchiaro, presidente del PD al Senato - sarò contraria all'innalzamento dell'età pensionabile per le donne. Anch'io certo sono favorevole alla parità ma per arrivare a quel risultato serve uno stato sociale (asili, assistenza, congedi parentali, ecc...) che garantisca le donne".A ricordare la necessità di uno Stato sociale più forte per le donne è anche il vicepresidente del Senato, Emma Bonino: “In Italia la situazione dell'accesso delle donne al mercato del lavoro è penosa, come avevamo scritto nella nota aggiuntiva al programma di Lisbona durante il governo Prodi, con la collaborazione di tutti i ministri Pollastrini, Damiano, Bindi. Abbiamo un accesso femminile al mercato del lavoro del 46% rispetto alla media europea che è del 60%. Questo perché mancano tutti i servizi di cura e gli asili, perché le donne in Italia si fanno carico di tutti i servizi di cura per bambini, anziani, malati che non esistono nel nostro Paese".
Si riporta sulla medesima problematica una lettera di una donna sola inviata al senatore Pietro Ichino e la sua risposta.
Illustre Senatore,
mi permetto di scriverLe dopo avere partecipato al Forum di discussione del 9 dicembre scorso sul lavoro e le pensioni delle donne, organizzato a Roma dall’ On. Emma Bonino.
Premesso che non ho avuto modo di ascoltare completamente gli interventi e di Della Vedova e di Cazzola, mi chiedo come sia stato possibile, guardando la totalità degli interventi, dare così scarsa rilevanza a tutte le donne disoccupate o precarie, over 40, con anziani a cui badare in casa, con un solo reddito (di lavoro o di pensione), che non possono contare su un marito, compagno o come lo si voglia chiamare, o comunque un appoggio e/o un reddito extra.
Queste donne pur non avendo il tanto sbandierato dramma dell’asilo nido e quindi dei figli, insomma della famiglia nel senso classico del termine si barcamenano in una ostile realtà senza alcun tipo di tutela reale, figuriamoci quindi a cosa vanno incontro per tutto ciò che concerne la loro vecchiaia e relativa pensione.
Comprendo che il tema del forum non riguardasse esclusivamente quanto sopra esposto ma si è parlato a lungo di età pensionabile e di tutti gli annessi e connessi mentre di costoro di cui sopra mi pare non si sia detto granchè, se non proprio nulla. Mi chiedo e soprattutto chiedo a Lei, gentile Senatore, che ho avuto modo di conoscere attraverso il Suo intervento e la sera stessa del Forum e scorrendo il libro di Boeri e Garibaldi, circa il Suo interessamento nei confronti dei precari e non solo, quanto sia grande il disinteresse dei politici, persino delle donne radicali, nei confronti di donne come quelle da me citate che, lo ammetto, sono forse numericamente una minoranza rispetto alle fortunate che godono già poco dei diritti loro spettanti, ma sono le più sfortunate; e sono relegate nella invisibilità e indifferenza generale. [...]
Mi dimeno saltando da una parte all’altra, cercando di propormi lavorativamente parlando e contemporaneamente documentandomi su ogni novità per tutto ciò che concerne il lavoro eppure, sono qui per l’ennesima volta a scrivere ad un rappresentante del popolo, questa volta ritengo, più sensibile dei precedenti, e a chiedere come poter far valere i miei diritti e soprattutto come far sì che mi venga restituito il mio posto in società, la mia dignità calpestata, i miei diritti inascoltati! [...]
Grazie per la Sua attenzione.
Mi auguro a presto
L. M.
Il suo caso, come quello simile di tante altre donne sole, o gravate dal peso di una persona non autosufficiente da accudire, aiuta a capire i gravissimi difetti del nostro sistema di welfare, che ignora totalmente questi casi, ma spende miliardi di euro per garantire indiscriminatamente la pensione a un esercito di persone con meno di 65 anni, e addirittura meno di 60. Ogni cento pensionati ultracinquantacinquenni (per lo più uomini in pensione di anzianità e donne in pensione di vecchiaia “anticipata”), ce ne sono solo quindici o venti che svolgono lavori usuranti, o comunque pesanti, ai quali è giusto garantire un pensionamento precoce. Con quello che spendiamo per l’80 o 85 per cento restante di “pensionati giovani” potremmo invece: - dare un sussidio speciale di1500 euro al mese alle famiglie con una persona non autosufficiente a carico;
- incominciare a costruire una rete di strutture di assistenza specialistica e accoglienza per gli anziani non autosufficienti, come quella che funziona nei paesi scandinavi;- attuare una drastica detassazione dei redditi di lavoro femminile fino ai 1500 euro mensili, come “azione positiva” mirata all’aumento al 60% del tasso di occupazione delle donne, secondo l’obbiettivo fissato dalla U.E. a Lisbona per il 2010 (oggi siamo al 47%: uno dei tassi più bassi d’Europa!);
- favorire il lavoro femminile anche aumentando il numero degli asili nido disponibili: in Italia ne godono 8 bambini su 100, mentre l’obiettivo fissato dalla U.E. a Lisbona è di 30 su cento; e in Danimarca sono già oggi 50 su cento.
Insomma: abbiamo un welfare capace soltanto di mandare in pensione precocemente e indiscriminatamente gli insiders (lavoratori regolari, uomini e donne, che hanno goduto di un lavoro stabile per trenta o quarant’anni di fila), ma quasi del tutto incapace di individuare le situazioni di vero bisogno; capace di erogare - con il pensionamento anticipato - alle lavoratrici una sorta di rassegnato (e indiscriminato) “risarcimento” per i maggiori carichi sopportati in famiglia e le discriminazioni subite in azienda lungo tutto l’arco della loro vita, ma incapace di rompere il circolo vizioso del paternalismo che perpetua la discriminazione. In altre parole: non sappiamo uscire dal vecchio equilibrio sistemico deteriore per passare all’equilibrio migliore, attingendo ai modelli che ci sono offerti dai Paesi del nord-Europa.
Al pari delle sentenze della Corte di Giustizia europea che negli anni ‘90 hanno vietato agli Stati membri di precludere alle donne il lavoro notturno, o hanno imposto il superamento dei monopoli statali dei servizi di collocamento, la recentissima sentenza comunitaria che condanna la disparità dell’età di pensionamento ci impone proprio questo passaggio: abbandonare la vecchia impostazione paternalistica, per rompere il circolo vizioso. E’ paternalismo vietare solo alle donne il lavoro notturno, dice la Corte: perché in questo modo, per prevenire un rischio marginale per alcune (che va combattuto in modo specifico e con altri mezzi), si preclude indiscriminatamente una possibilità di lavoro a tutte. Analogamente - dice ancora la Corte - è sbagliato vietare i servizi privati di collocamento, perché così, per prevenire il fenomeno marginale dei mercanti di braccia (che può e deve essere combattuto altrimenti), si indebolisce ulteriormente la posizione dei lavoratori nel mercato, privandoli di canali preziosi di incontro fra domanda e offerta. Allo stesso modo - dice oggi la Corte - è sbagliato perpetuare la posizione di inferiorità delle donne nel tessuto produttivo col “risarcimento” di una collocazione in quiescenza anticipata, che riduce la durata della loro vita lavorativa, quindi in qualche misura disincentiva le donne stesse, così come i datori di lavoro, dall’investire nella loro professionalità e riduce le loro possibilità di carriera. Si spiega, così, anche perché l’ordinamento comunitario ci vieta la disparità nell’età di pensionamento ma non la detassazione selettiva in favore dei redditi di lavoro delle donne: la prima, infatti, è una disparità che favorisce e perpetua il circolo vizioso, mentre la seconda, quando sia intesa come azione positiva temporanea in funzione dell’incremento del tasso di occupazione femminile, tende proprio a rompere quel circolo vizioso, a spostare il sistema dall’equilibrio deteriore a quello migliore.
Questi, in estrema sintesi, sono i motivi per cui un mese fa ho firmato, con Emma Bonino, la lettera aperta al ministro del Welfare che indicava la via di una parificazione dell’età del pensionamento di vecchiaia tra uomini e donne, di una sua flessibilizzazione per tutti (chi sceglie di andare in quiescenza prima percepisce una pensione più bassa, e viceversa), e di una utilizzazione di tutto il risparmio in tal modo realizzato - e anche di più - per le misure di sostegno alle famiglie con persone non autosufficienti a carico, al lavoro delle donne e alla libertà di scelta delle madri tra lavoro domestico e lavoro professionale. P. I.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Concordo sulla necessità di adeguare l'Italia agli altri Paesi Europei e di adeguare le tutele sociali prima di intervenire sull'età pensionabile, anche perchè l'età pensionabile, considerato che difficilmente prima dei trent'anni si trova lavoro in Italia, dovrebbe essere aumentata ai 70 anni. Infatti per avere una pensione dignitosa e non un sussidio occorre lavorare almeno 40 anni e quindi 30 + 40 = 70. Chi ha iniziato a 20 anni direi che quarant'anni di contributi versati, di cartellini timbrati quotidianamente di lavori frustranti e faticosi svolti posson bastare!Non tutti hanno la fortuna di svolgere un hobby come lavoro!
Ci sono poi dei paradossi che andrebbero spiegati, per es. l'art.72 comma 7 della L.133/2008, per i dip.ti pubblici, impedisce di permanere in servizio per un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo, o ancora, si parla di svecchiare (solo a parole evidentemente) il mondo del lavoro, mentre nei fatti i giovani continueranno sempre di più a rimanere fuori.
Ivana Canevarollo

Anonimo ha detto...

può anche pensare a portare l'età delle donne impegnate nella P.A. a 64 anni, però:
1) deve essere una scelta volontaria, cmq con incentivi e promozioni
2) se si dovesse mettere obbligatorio, le donne dovrebbero però fare una giornata lavorativa di almeno 1 ora in meno, dato che poi devono pensare alla casa

Anonimo ha detto...

scusate ma mi sono fermato a leggere quando il "ministro" (anche se non è ministro proprio per nulla) ombra ha detto che le donne sono più istruite degli uomini. Ma è mai stata in università?dalla mia esperienza universitaria (terminata recentemente) ho imparato esattamente il contrario, senza voler con questo insinuare che gli uomini siano più istruiti delle donne. Gli uomini e le donne sono diversi e sfido chi dice il contrario, ma quantomeno dal punto di vista dei diritti ad essi spettanti devono essere equiparati. Capirei chi sostiene la necessità di considerare l'opportunità di inserire una sconto sui 65 anni previsti dal Ministro a seconda no solo dei figli ma anche delle gravidanze che una donna ha affrontato.

Anonimo ha detto...

Considerato che con il matrimonio e l'arrivo dei figli, quando una donna arriva a 60 anni ha già alle spalle perlomeno una trentina di anni di DOPPIO LAVORO e sono piuttosto stanche.....
La parità con gli uomini le donne la vorrebbero per tutta la durata della vita, non solo al momento della pensione !!!!

gabriella.53 ha detto...

Io non sono d'accordo con questa proposta, anzi la trovo assurda.
I motivi principali sono due:
1) le donne possono già lavorare fino a 65 anni ed anche oltre se lo richiedono;
2) noi donne abbiamo sempre fatto due lavori, a casa e fuori; spesso quello a casa è anche il più pesante, per noi non ci sono domeniche e festività.
A 60 non ne possiamo più ( a dire la verità anche prima dei sessanta)
Quindi penso che un anticipo rispetto agli uomini enso che la società ce lo debba.

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con l'analisi di Gabriella.53 e non con le sue conclusioni in quanto l'età pensionabile nel pubblico impiego dopo la sentenza deve essere uguale per uomini e donne. Occorre secondo me renderla flessibile con una età di pensionamento più baassa e con la possibilità di rimanere al lavoro.

gabriella.53 ha detto...

Per Antonino Leone
Siamo sicuri che sia una sentenza?
Io ho letto che l'U.E. ha chiesto all'Italia di abbassare la spesa delle pensioni. Naturalmente il nostro caro brunetta ha pensato bene di offrire in sacrificio le donne, per adesso quelle del pubblico impiego, poi le altre.

Anonimo ha detto...

Si si tratta di una sentenza ..leggi attentamente il post.

gabriella.53@live.it ha detto...

Ora che é diventata legge, le donne, specialmente quelle che hanno sulle spalle parecchi anni di DOPPIO LAVORO, sono alquanto arrabbiate. Su Facebook sono sorti innumerevoli gruppi contrari alla pensione a 65 anni, spero che si espandano fino a far sentire al governo la nostra protesta.