venerdì 4 dicembre 2009

Federico Testa sui servizi pubblici locali


Pubblicato da L'Arena venerdì 04 Dicembre 2009
Quando si parla di servizi pubblici locali (per l’acqua, in questo caso) si parla di servizi che vanno a soddisfare bisogni fondamentali della collettività, pertanto è importante, da un lato, lavorare per un approccio organico - e certamente l'articolo inserito in un decreto-legge che parla d'altro non rappresenta un approccio organico - ma è anche importante capire cosa si mette al centro.
Io credo che, se si vuole affrontare correttamente questo tema, al centro bisogna mettere il cittadino e il suo diritto ad avere servizi di buona qualità ad un prezzo corretto, il minimo possibile. Da questo punto di vista, quando si ragiona di questo tema, il dilemma è sempre quello: privatizzazione-liberalizzazione, perché la teoria ci dice che bisogna prima liberalizzare e poi privatizzare, altrimenti si corre il rischio o di trasferire una rendita di monopolio dal pubblico al privato, oppure sostanzialmente di far fallire il mercato.
Da questo punto di vista, quello che a me pare manchi nel recente decreto legge su cui il Governo ha posto la fiducia, sono interventi seri proprio sul fronte delle liberalizzazioni. Cosa non ha funzionato nelle liberalizzazioni in Italia? Non ha funzionato, ad esempio, tutto il tema delle gare: molto spesso abbiamo a che fare con gare che sono assolutamente non vere e ciò dipende anche dal fatto che i soggetti che sono chiamati a bandire le gare, da un lato, non hanno le competenze per poterlo fare, dall'altro, molto spesso sono in palese conflitto di interessi rispetto a chi si aggiudicherà la gara stessa.
Inoltre, vi è la questione dell'autorità di regolazione, nel senso che la concorrenza perfetta non è uno stato naturale del mercato; le imprese vanno alla ricerca di un vantaggio competitivo nei confronti delle altre, e quindi là dove lo si ritenga opportuno, bisogna realizzare interventi affinché la concorrenza venga mantenuta.
Il Governo, con il recente provvedimento, ragiona al contrario, ossia pone vincoli molto rigidi in tema di privatizzazione, e quindi l'effetto che si ottiene pare essere prevalentemente quello, diciamo così, di spartire la rendita di monopolio del pubblico con qualche privato, il tutto senza alcun vantaggio certo e chiaro per i cittadini e per i consumatori. Questo è reso evidente dal fatto che le concessioni date in house vanno a scadenza purché nel soggetto pubblico che ne è titolare entri il privato almeno per il 40 per cento. Quindi, in questo modo, invece di stabilire di bandire una gara, visto che si tratta di una concessione in house e che magari chi ha vinto la gara poteva non essere il soggetto che dava la migliore qualità e il miglior prezzo ai cittadini, si prevede di fare entrare un privato e questo, di per sé, sana la questione.
L'approccio al tema, invece, dovrebbe essere profondamente diverso: occorre mettere al centro i consumatori sapendo che dobbiamo affrontare una questione delicatissima, che è quella degli investimenti che bisogna effettuare nel nostro Paese, in quanto il dato di oltre il 35 per cento di perdite degli acquedotti in Italia è realistico.
Occorre, dunque, fare investimenti e che questi siano finanziati: sia che li faccia il pubblico, sia che li faccia il privato, gli investimenti devono avere dietro un finanziamento. Se il finanziamento è a carico della fiscalità generale, dobbiamo avere il coraggio di andare a dire che la fiscalità generale probabilmente deve crescere o diventare più efficiente per finanziare gli investimenti nell'acqua; se gli investimenti devono essere finanziati dal settore stesso, dobbiamo sapere che probabilmente le tariffe sono destinate a crescere perché si dovrà investire parecchio. Quindi, l'autorità indipendente di garanzia -che il provvedimento del governo non prevede- è importante proprio perché, nel momento in cui si vanno a chiedere maggiori risorse ai cittadini per finanziare gli investimenti, è fondamentale che tali maggiori risorse vadano alla destinazione richiesta e non vadano, invece, a costituire profitto o sprechi. Da questo punto di vista, forse, la scelta migliore era quella di non perseguire un approccio ideologico, a mio modo di vedere, qual'è quello che si è voluto assumere, ma, invece, di mettere correttamente in competizione pubblico e privato allo scopo di garantire la qualità e il servizio migliore ai cittadini.
In questo senso credo che, un'altra volta, si sia persa un'occasione importante per intervenire in un settore che, proprio perché riguarda i bisogni fondamentali dei cittadini, è assolutamente importante e rilevante per tutti noi.
Federico Testa
parlamentare PD e docente di Economia e gestione delle imprese

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