sabato 30 gennaio 2010

AGSM: intervista a Federico Testa

Un anno fa il Partito Democratico di Verona ha organizzato un incontro sulle prospettive dei servizi pubblici locali alla luce delle modifiche legislative intervenute con la legge n. 133/2008. In quella sede Federico Testa, parlamentare ed attuale responsabile dei servizi pubblici locali e dell’energia del Partito Democratico, ha sottolineato i punti di debolezza delle nuove disposizioni e la necessità per AGSM di procedere ad accordi ed alleanze per rafforzare l’impresa in termini economici e finanziari e superare lo stato di isolamento. Su questa posizione ha concordato Alberto Giorgetti, sottosegretario all’Economia e Finanze.
A distanza di un anno il posizionamento dell’AGSM non è mutato e l’azienda si trova ad affrontare gli stessi problemi espressi nel convegno.
L’AGSM è l’azienda pubblica più rilevante della provincia di Verona per le dimensioni, il volume di affari e l’importanza che riveste il settore dell’energia nel contesto economico e per i cittadini veronesi.
In questi ultimi giorni abbiamo registrato le dichiarazioni del consigliere di amministrazione di AGSM, Fabio Gamba, il quale imputa ai vertici dell’azienda responsabilità di carattere gestionale e strategico:- “Ci sono carenze nella gestione: tanto fatturato, pochissimi utili”; - “Si lavora come se AGSM fosse ancora in una situazione di monopolio, quando invece il mercato è libero”; - “Non c’è una visione chiara degli obiettivi”.
In questo suo intervento Gamba non rileva parametri e dati della performance di AGSM che possano permettere ai politici, ai ricercatori ed agli studiosi di approfondire le condizioni reali dell’azienda ed indicare un percorso significativo per fare uscire dall’impasse l’azienda stessa.
Nel confronto è intervenuto il presidente Sardos Albertini che ha cercato di rispondere ai rilievi mossi. L’intervento del presidente di AGSM non è stato convincente in quanto si limita a segnalare gli interventi particolari effettuati, non chiarisce gli aspetti gestionali e non presuppone la esistenza di una strategia competitiva nell’azienda.
Dalle suddette dichiarazioni emerge chiaramente che i contenuti espressi sono prettamente politici e non manageriali. Si è soltanto fatto cenno alle problematiche dell’AGSM senza entrare nel merito.
Per valutare una azienda industriale occorre avvalersi di parametri ed indici significativi quali:
- Redditività, intesa come la capacità dell’azienda di remunerare tutti i fattori della produzione;
- Liquidità, intesa come la capacità dell’azienda di far fronte tempestivamente ed economicamente ai propri impegni;
- Solidità, intesa come la capacità dell’azienda di perdurare nel tempo, adattandosi alle mutevoli condizioni esterne ed interne;
- Rinnovamento, inteso come la capacità dell’azienda di svilupparsi per effetto della capacità di creare risorse finanziarie al suo interno, cioè di creare risorse grazie alla sua redditività, per effettuare investimenti senza dipendere da fonti esterne;
- Efficienza, intesa come premessa logica alla redditività, poiché tende al razionale utilizzo delle risorse;
- Margini dello stato patrimoniale (fabbisogno finanziario per le attività immobilizzate, liquidità, rapporto attivo corrente con il passivo corrente) e del conto economico (Cash flow operativo).
Per completare la valutazione è necessario dare una risposta alle seguenti problematiche:
- Il Presidente ed il Consiglio di Amministrazione hanno approvato la strategia dell’azienda?
- Se AGSM è in possesso di una strategia quali sono gli obiettivi strategici dell’azienda da perseguire?
- Qual’è il posizionamento dell’AGSM nel contesto competitivo del settore?
- Il Presidente ed i membri del Consiglio di Amministrazione possiedono le capacità, le conoscenze e l’esperienza per gestire in un contesto competitivo un’azienda industriale come AGSM?
- Il management di AGSM è impegnato ad adattare l’azienda in modo continuo e veloce ai cambiamenti che avvengono nell’economia e nel settore specifico?
- Esiste un piano di riorganizzazione dell’AGSM che consenta di migliorare la performance e la qualità dei servizi e di ridurre nello stesso tempo i costi?
- Gli amministratori sono coscienti di assumere delle responsabilità in proprio nella gestione dell’azienda a prescindere dal fatto che il comune di Verona abbia o meno adottato delle decisioni in merito ad AGSM?
- Quali sono stati i criteri adottati per nominare i membri del consiglio di amministrazione?
L’utilizzo dei parametri e la risposta alle problematiche in parte indicate consentono di valutare l’azienda AGSM e di assumere le decisioni più opportune per conseguire una posizione competitiva nel mercato e specificatamente nel settore.
Inoltre, è corretto che AGSM applichi la totale trasparenza dei parametri ed indici finanziari ed economici, della qualità dei servizi e del grado di soddisfazione dei clienti affinché i cittadini e coloro che ne hanno interesse possano partecipare alla vita dell’azienda. Nelle aziende dei servizi private e pubbliche la partecipazione dei clienti e dei dipendenti è fonte di innovazione e di cambiamento continuo per le aziende che la applicano.
Tra i problemi emergono:
- La ridotta marginalità degli utili a fronte di un elevato volume di affari. Non è vero che il rapporto dipende dalla congiuntura economica, la quale può influire solo sul fatturato. Gli utili di AGSM rispetto all’alto fatturato dichiarato dipendono esclusivamente dai costi di produzione ed è su questi che AGSM deve porre attenzione;
- Gli utili utilizzati dal comune. Questo comportamento del socio unico influisce negativamente sul volume degli investimenti, sul fabbisogno della liquidità e sulle tariffe pagate dagli utenti, i quali finanziano indirettamente per scopi diversi le attività del comune. AGSM per mantenersi competitiva ha bisogno di effettuare grandi investimenti, i quali possono essere realizzati in tutto o in parte con la propria liquidità, quindi a costi zero, o ricorrendo al mercato finanziario sostenendo i relativi costi;
- Rapporti Amministrazione comunale e organi dell’AGSM. AGSM non può farsi carico dei tempi troppo lunghi della politica che costano all’azienda in termini di adattamento alle mutevoli condizioni del mercato. Il tempo da utilizzare nelle aziende industriali è una risorsa che non può essere risparmiata e che, pertanto, se utilizzato in modo veloce e continuo accompagnato da capacità decisionale permette di cogliere delle opportunità vantaggiose. Il presidente ed il consiglio di amministrazione non possono bloccare le decisioni strategiche e di gestione di AGSM perché l’Amministrazione del comune di Verona non decide e non offre degli indirizzi. A parte le responsabilità personali dei membri degli organi di AGSM, l’Amministrazione Comunale dovrebbe avvalersi delle capacità e competenze di AGSM altrimenti su quali basi decide ed indirizza la politica dell’azienda.
Da più parti è stato proposto una verifica urgente di maggioranza sugli enti partecipati dal Comune di Verona ed una discussione seria in commissione ed in consiglio comunale su AGSM e sulle altre aziende partecipate (dichiarazione di Giancarlo Montagnoli, consigliere comunale).
Ritengo che qualunque discussione nella maggioranza, nell’opposizione ed in consiglio comunale sia utile solo nel caso in cui ci si confronta non in modo astratto ma sui dati reali di AGSM e si adottano le relative decisioni di indirizzo nell’unico interesse di AGSM e dei clienti.
“Non basta che si mettano d’accordo tra di loro, dichiara Giancarlo Montagnoli, in quanto le aziende di servizio pubblico sono un patrimonio di tutti”.
Occorre coinvolgere i cittadini clienti nel dibattito, i quali hanno diritto di conoscere di AGSM la performance, gli obiettivi stabiliti nei piani, il grado di conseguimento dei risultati e la situazione finanziaria e patrimoniale dell’azienda.
Sulla problematica che si è sviluppata in questi giorni sull’azienda pubblica AGSM ho pensato di rivolgermi all’on.le Federico Testa, responsabile del Partito Democratico dei servizi pubblici locali ed energia, per conoscere la sua posizione rispetto alle problematiche dell’azienda emerse in questi ultimi giorni.

Quale ritieni siano le priorità di AGSM?
AGSM, se vuole essere competitiva nel segmento business e dare un buon servizio ai cittadini veronesi, ha bisogno di individuare le forme attraverso cui riuscire ad avere un accesso meno intermediato possibile alle materie prime energetiche. Personalmente non credo che questo sia ottenibile attraverso consorzi di acquisto o joint venture occasionali: chi possiede questo fattore competitivo non ha interesse a condividerlo con partner occasionali. Quindi ritorna con forza il tema delle alleanze, delle aggregazioni: Tema rispetto al quale AGSM non ha fatto passi in avanti. Da questo punto di vista, credo che sarebbe essenziale procedere almeno per quanto riguarda le società di vendita/commerciali: aggregare imprese diverse è certamente difficile, specie se entrano in gioco i “gioielli di famiglia”, cioè gli asset patrimoniali, più difficili da valutare e che portano con sé aspetti problematici e non sempre quantificabili

Spiegati meglio
Credo sarebbe un passo importante, nei business energetici, procedere ad un’aggregazione tra la società di vendita di AGSM ed analoga società di un primario operatore europeo (eni, eon, edf) che, in cambio di una partecipazione anche di minoranza, potrebbe impegnarsi a garantire la fornitura di materia prima a condizioni vantaggiose, oltre a recuperare efficienza in alcune attività che godono particolarmente delle economie di scala. E per AGSM questo significherebbe poter garantire ai cittadini veronesi condizioni di acquisto migliori

Ma il loro interesse quale sarebbe?
Quello di allungare la loro catena del valore fino al cliente finale.

Ma se è così, perché negli ultimi due anni non è stato fatto nulla?
Credo che la responsabilità sia essenzialmente della politica. L’atteggiamento di questa amministrazione comunale è quello di chi è attentissimo specialmente agli aspetti di potere, alla “presa” sulle Aziende, anche se questo finisce per mortificarne le possibilità di sviluppo. Quindi non si è andati avanti sulle alleanze perché questo significherebbe perdere la possibilità di controllo sugli assetti gestionali: pensi ad esempio alla moltiplicazione di posti (e di costi a carico dei cittadini) ottenuta moltiplicando i Consigli di Amministrazione e capovolgendo la buona pratica introdotta dall’Amministrazione precedente che prevedeva che nei consigli delle controllate da AGSM sedessero i consiglieri di AGSM, senza compenso.

E quindi?
Quindi i cittadini pagano queste scelte due volte. Perché le aziende sostengono maggiori costi per spese di amministrazione e perché la priorità assegnata a questo interesse fa sì che non si facciano le scelte strategiche che potrebbero portare ad una maggiore economicità nella gestione dell’impresa.

Intanto il gruppo consiliare del Partito Democratico in una conferenza stampa chiede con forza una commissione d’indagine ed il capo gruppo consiliare del PD, Stefania Sartori, dichiara che “la città non si accontenta di una semplice verifica all’interno del centro-destra”.
Ritengo che questa soluzione sia la più appropriata affinché i cittadini possano conoscere lo stato reale di AGSM e la più corretta per valutare in modo completo i problemi e prospettare le soluzioni più idonee nell’interesse dei clienti e non certamente nell’interesse dei politici che gestiscono il potere per il potere.

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venerdì 29 gennaio 2010

Questa volta sto con Brunetta!

Una discussione sui giovani in Facebook
di Giacomo Galletti
E' difficile avere a che fare con persone come Brunetta. Soprattutto perché non si capisce mai dove finisca lo spot e dove inizi la riflessione politica o sociale.
Lo stile comunicativo del Ministro, inoltre, impone prese di posizione nette: o con me o contro di me. Il gioco paga, e il sondaggiato "gradimento" del ministro è alto laddove i risultati del suo operato rimangono ancora lontani da svolte epocali nel bene o nel male. Almeno per ora.
Non so quanto convenga per gli oppositori stare al gioco di Brunetta, e tuttavia mi chiedo in quale modo sia utile e costruttivo rapportarsi alle sue "provocazioni", presunte (in quanto a suo modo di vedere travisate dai media), o effettive.
Vorrei quindi affrontare il caso del "patto generazionale da 500 euro", secondo cui van tolti soldi alle pensioni per sostenere i giovani che, per legge, se ne devono andare di casa a 18 anni. Questa affermazione ha portato malumori all'interno del Governo, tra i sindacati , presumibilmente tra coloro che sognano un'emancipazione dal sostegno familiare, ma non hanno prospettive di lavoro o di reddito sufficienti per realizzarla (tra questi segnalerei anche i precari della PA).
Eppure questa volta sto con Brunetta, con i se e i ma del caso, ma sto con lui. Lo sostengo senza però prestarmi al suo gioco. Lo sostengo motivando l'opportunità della sua indicazione rovesciando però le argomentazioni sue e di altri. Lo sostengo perché ha sollevato un tema che altri hanno deciso da tempo di ignorare.
Ipotesi:
1. il mercato del lavoro offre ai giovani scarse garanzie di impiego o reddito stabile
2. la spesa pensionistica in Italia è superiore alla media europea, mentre la spesa per l'avviamento dei giovani al lavoro è pressoché nulla
3. un trentenne su due in Italia vive ancora con i genitori
4. i giovani, pur di fronte all'assenza di prospettive stabili di lavoro, di vita, non protestano, non cercano di cambiare le cose (si veda al proposito l'interessante libro di Elisabetta Ambrosi, Alessandro Rosina "Non è un paese per giovani". Marsilio, 2009).
Tesi:
Ci sono impedimenti di natura sia economica che culturale che, evidentemente, impediscono ai giovani volenti o nolenti di uscire di casa.
Concordo con Brunetta sulla necessità di incentivarli a farlo, ma non solo al fine di cercarsi un lavoro. Ma per un motivo completamente diverso.
Per avere occasioni di confronto e socializzazione:
- per percepire la realtà delle cose senza il filtro ovattato delle mura domestiche;
- per acquisire consapevolezza, attraverso la socializzazione, delle prospettive utili e di quelle negate;
- per condividere la rabbia e il disappunto, per organizzarsi e far sentire la propria voce, per manifestare e protestare, ed eventualmente sostenere;
- per assumersi delle responsabilità circa il proprio futuro.
Ebbene, sto con Brunetta, perché sta anche nel mio interesse esserlo, anche se, a questo modo, non so se rientri propriamente nel suo.
A questo punto però torno all'incipit: è difficile avere a che fare con persone come Brunetta. Perché è uno che divide.
Voglio però vedere fino a che punto.
E lo faccio pubblicando quello che ormai è diventato un "outing" sulle pagine di facebook: il post "stavolta sto con Brunetta"
Aspettando le reazioni.
La discussione
Alla faccia di chi considera Facebook poco più che una modalità di "cazzeggio", io sono fiero di poter vantare amici virtuali che riescono a portare avanti discussioni anche spinose con competenza, equilibrio, e acume.
Così le reazioni arrivano, puntuali, precise, argomentate e utili nel fare un quadro di una vicenda che risulta infine complessa e articolata.
La discussione che ne è scaturita, a mio parere, è interessante.
Proverò a fare una sintesi per temi, che, come era lecito pensare, filtrano il problema "bamboccioni" tra aspetti economico-finanziari e aspetti culturali.
Nel sintetizzare la discussione, opererò una selezione dei temi, ricostruendo e interpretando un dialogo in modo arbitrario, sperando di non travisare o equivocare qualcuno. Nell'eventualità spero che le imprecisioni mi vengano segnalate in modo da apportare le opportune correzioni.
Citerò solo i nomi di chi è intervenuto commentando l'iniziativa di Brunetta e la posizione adottata dal moderatore (cioè da me).
Inizio col notare il sentimento diffuso circa l'ispirazione propagandistica dell'intervento di Brunetta, dalla "uscita mediatica" di Filippo, allo "slogan pubblicitario" pro candidatura veneziana di PD Calenzano (comune dell'area metropolitana fiorentina), al "colpo di teatro" e "cabaret" di Grazia fino alla più generica "demagogia" di Andrea.
Nessuno, tuttavia, limita il commento esclusivamente a queste considerazioni.
Filippo introduce quindi il collegamento tra "spot" e sostenibilità :
"un politico serio non fa una proposta se non ci sono le risorse per attuarla.
(…) è anche solo immaginabile che i soldi per quella iniziativa siano presi dalle tasche dei pensionati?"
Sull'eccessiva spesa pensionistica interviene con precisione Stefano, che ribadisce le premesse di partenza:
"grosso modo il nostro paese spende rispetto ad altre economie avanzate il 2% in più del PIL per le pensioni ed il 2% in meno per l'avviamento al lavoro (praticamente non spende nulla per i giovani, salvo scuola e università)".
In realtà, sempre Stefano non sembra dissentire da Filippo sul tema etico del sottrarre i soldi ai pensionati, specie se dovuti, quando precisa l'opportunità di ridurre la spesa pensionistica "passando ad un sistema a capitalizzazione completo nei tempi più brevi possibili. Non esistono "diritti acquisiti" se non quelli commisurati al versato".
Ma la pensione commisurata al versato è, ancora una volta, un boomerang per i giovani, che come scrive l'economista Tito Boeri verrebbero doppiamente discriminati, sia sul welfare che propriamente sul lavoro, tendenzialmente precario. Ricorda infatti Cristiana "la difficoltà con cui questa nuova generazione di precari riesca a raggiungere la possibilità di una pensione accettabile domani".
In questo scenario, secondo PD Calenzano "con 500 euro non si risolve nulla... soprattutto se queste 500€ in realtà manco ci sono. Se effettivamente l'intento del ministro Brunetta fosse quello di aiutare coloro che non hanno i mezzi per abbandonare la casa-madre, allora farebbe in modo che l'occupazione fosse un po' più sicura... quindi si accerterebbe che l'apprendistato (ed altri contratti di inserimento, progetto, etc) serva a fare l'apprendistato e non per frodare l'INPS"
Secondo Antonino, la proposta per affrontare il tema dei "bamboccioni" quindi non può che disporsi in modo organico:
"il problema non si risolve con le battutacce di Brunetta alle quali siamo abituati, ma occorre intervenire con riforme: lavoro, fine del precariato, flexsecurity, sostegno alle famiglie in difficoltà, abbassamento delle tasse alle famiglie con bassi redditi e figli ed una politica economica non attendista ma diretta ad accelerare la crescita della ricchezza. L'argomento è troppo vasto per essere liquidato con le battute di Brunetta".
Il tema proposto da Antonino, dovrebbe essere uno dei primi punti dell'agenda di Governo, o quantomeno dell'opposizione. Di seguito Tommaso commenta:
"purtroppo l'altra priorità di questi ultimi giorni è il programma del PD che va perfezionato e condiviso da tutti gli esponenti, tra cui anche questo problema, in cui ruotano tema per tema: giovani-istruzione-ricerca-sviluppo imprese-risanamento economico-egemonia del mercato italo-europeo. Purtroppo da prima delle primarie troppo tempo è stato sprecato dedicandoci ai pronostici, ai sondaggi, agli incarichi elettorali, agli "inciuci", alla nomenklatura, e, mi dispiace proferire, alla senilità d'iniziativa di Bersani".
Purtroppo.
Esauriti in qualche modo le argomentazioni a carattere economico-finanziario, buttiamoci a capofitto negli aspetti più sociologici e culturali della questione "bamboccionismo".
È davvero un male? Costituisce un impedimento alla presa di consapevolezza di una realtà che offre ai giovani scarse possibilità di realizzarsi nel lavoro e nella vita?
Una prima risposta viene da Grazia, della quale invito a leggere per intero il quadretto che disegna nel suo "thread" e che qui non riporto:
"il bamboccione è sempre esistito. Le famiglie patriarcali che altro erano se non l'espressione del più puro bamboccionismo? (…) Ora si sta meglio? Non mi sembra una grande evoluzione sociale la famiglia monocellulare! Comunque le famiglie si modellano anche in base alle esigenze collettive. Perchè i ragazzi non devono restare a casa? Perchè non si devono condividere beni e servizi? Non si diventa adulti e maturi solo se si va via da casa".
In effetti, la famiglia è (ed è sempre stato) a tutti gli effetti un potente "motore virtuale" dell'economia italiana, e il consiglio di Antonino in merito è di leggere "L'Italia fatta in casa. Indagine sulla vera ricchezza degli italiani. Alesina Alberto, Ichino Andrea, 2009, Mondadori. Questo libro che descrive la situazione della famiglia italiana è molto interessante per capire il fenomeno dei bamboccioni".
In ogni caso, dentro o fuori di casa, Andrea distingue i casi secondo cui "uno decide di studiare senza andare fuori corso, o proviene da famiglia benestante e può permettersi il monolocale figo in centro, o DEVE restare in casa, con buona pace dei grandi bamboccioni Padoa Schioppa e Brunetta. Inoltre, da liberale, ritengo che la scelta di andare fuori casa debba essere assolutamente libera e priva di condizionamenti; mi parrebbe quanto meno una forzatura pagare un ragazzo per andarsene dalla famiglia! False illusioni e utopiche indipendenze economiche sono in grado di generare mostri".
Gli fa eco Cristiana, introducendo anche un confronto internazionale:
"mi piacerebbe ricordare anche il diverso atteggiamento e supporto che altri paesi offrono agli studenti che effettuano l'Erasmus ed anche questo è uscire di casa, guardarsi intorno e vedere altre opportunità. Ma per i nostri studenti se lo possono permettere solo quelli hanno i genitori che li foraggiano. (…) Sia la Francia che la Spagna danno supporto agli studenti stranieri in Erasmus di circa 200€ mensili per aiutarli con l'affitto degli alloggi, questo significa anche attrazione e le nostre Università ne avrebbero bisogno".
Alessandro, invece, affronta direttamente l'utilità dell'incentivo alla socializzazione:
"che siano venute meno ai cosiddetti giovani opportunità di confrontarsi con realtà diverse dalle proprie (anche a seguito di esperienze negative e inutili come il servizio di leva) è indiscutibile. Quello che mi chiedo è se in passato queste esperienze abbiano contribuito alla propria crescita e di conseguenza a quella di intere generazioni. Vedendo le condizioni in cui versa il nostro paese ho forti dubbi".
Le conclusioni
Ho premesso di voler appoggiare Brunetta senza prestarmi al suo gioco. E questo è il risultato.
Il concetto di "bamboccionismo" è stato, seppur brevemente, declinato e contestualizzato. Sono stati differenziati gli ordini dei problemi e sono state impostate proposte di azione. Sono state manifestate diversità di opinione che tuttavia si sono opposte tra loro in un rapporto di complementarietà piuttosto che di scontro.
I punti di vista dai quali affrontare il tema sono stati diversi, e nessuno di essi scontato. D'altronde, la complessità dell'argomento non è sfuggita a nessuno.
Nessuno, infine, si è prestato al gioco di Brunetta. E questo è il risultato più importante della seppur breve discussione.
Provo quindi a sintetizzare in una frase il risultato:
"la famiglia è una risorsa cui i giovani devono poter ricorrere per libera scelta. Lo Stato deve rimuovere gli ostacoli che impediscano alle nuove generazioni di poter scegliere responsabilmente in piena libertà il loro progetto di vita; di conseguenza, il sistema di Welfare deve farsi carico delle scelte di autonomia dei giovani per il presente e per il futuro, organizzando in modo organico, sostenibile e non sperequato le risorse da investire per questi progetti, risorse fatte di educazione, di conoscenza, di percorsi di inserimento lavorativo, di sostegno al reddito individuale o familiare se necessario.
Se tutto ciò non dovesse avvenire, è legittimo che i giovani, che vivano o meno con i genitori, si incazzino.
Il problema è: si incazzeranno?

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mercoledì 27 gennaio 2010

Giuseppe Bortolussi per il Veneto


Lettera aperta di Rosanna Filippin e dichiarazioni di Mariapia Garavaglia e Massimo Cacciari
Dopo la decisione del centro sinistra di candidare Giuseppe Bortolussi alla Presidenza della Regione Veneto i suoi sostenitori si sono mobilitati ed hanno organizzato incontri, convegni e creato in Facebook il gruppo Giuseppe Bortolussi per il Veneto che ha raccolto in poco tempo circa 550 membri.
La segretaria del Partito Democratico del Veneto, Rosanna Filippin, ha pubblicato una lettera aperta agli elettori per sostenere la candidatura di Bortolussi, spiegando le motivazioni e gli obiettivi. Si riporta la lettera di Rosanna Filippin.
"Le prossime elezioni regionali rappresentano una sfida decisiva. Decisiva perché si chiude un ciclo politico, quello che per quindici anni è stato segnato da Giancarlo Galan. E decisiva perché, per la prima volta, la Lega si candida alla guida della nostra regione.
Il Veneto è di fronte a un bivio radicale. Da cui dipende il suo futuro. La scelta è tra un Veneto chiuso, egoista e impaurito, come quello della Lega Nord, e un Veneto aperto, unito e coraggioso, come quello che proponiamo noi. L’identità del Veneto si basa da sempre su alcuni valori chiari: il lavoro, l’autonomia, la solidarietà, l’amore per la concretezza e l’innovazione. Il Partito Democratico, per costruire un’alternativa forte e chiara alla Lega Nord, deve imparare dalla storia della nostra terra. E avere lo stesso coraggio e la stessa determinazione che i veneti hanno dimostrato in passato di fronte alle sfide.
All’indomani delle primarie del 25 ottobre, il Partito Democratico si è dato due obiettivi. Confermare l’alleanza con i partiti che in questi anni hanno condiviso con noi l’opposizione al centrodestra. Ma allo stesso tempo allargare i confini di questo campo, per coinvolgere nella sfida alla Lega tutte le forze che non ne condividono il progetto. Con l’Udc ho avviato, su indicazione dell’assemblea regionale, un dialogo aperto, che però non ha dato frutti. Nella scelta dell’Udc, alla fine, hanno prevalso i calcoli delle convenienze individuali. La scelta della corsa solitaria condanna l’Udc all’irrilevanza. Perché di fronte al pericolo di un Veneto a trazione leghista, non ci sono terze vie da percorrere. O si sta con la Lega, o si costruisce un’alternativa al suo progetto.
Da oggi un’alternativa c’è. È quella che il Partito Democratico, insieme ai suoi alleati, ha scelto di mettere in campo, candidando Giuseppe Bortolussi: il rappresentante di un Veneto autentico, quello del lavoro e dell’impresa. Un Veneto che parla il linguaggio dei fatti, non quello delle promesse e dei falsi allarmi. Un Veneto che guarda al futuro con coraggio, senza paura. Il Partito Democratico ha scelto tra due candidature di grande valore: quella di Laura Puppato, donna e amministratrice di valore, che resta una risorsa preziosa per la nostra battaglia contro la Lega Nord. E quella di Giuseppe Bortolussi, un grande conoscitore dell’economia veneta, Assessore nel Comune di Venezia accanto al sindaco Cacciari. Giuseppe Bortolussi è una figura indipendente, ma da sempre vicino al centrosinistra. La sua concretezza e la sua autonomia ne fanno un candidato autorevole, battagliero, preparato e profondamente in sintonia con il Veneto e i veneti.
Il centrodestra veneto ha subito il baratto romano tra Bossi e Berlusconi. La nostra scelta, invece, è stata affidata al voto. È stato giusto che fosse così.
Adesso tocca a noi. Questo è il momento di parlare ai veneti, questo è il momento di spiegare la posta in gioco, questo, soprattutto, è il momento di coinvolgere le donne e gli uomini di questa nostra terra nella sfida che abbiamo di fronte.
C’è il Veneto in ballo. E questo è il momento di fare, tutti insieme, la nostra parte”.
“Bortolussi è un candidato, ha affermato la senatrice Mariapia Garavaglia, che rende credibile il PD in Veneto, che è stato scelto democraticamente e che, proprio per questo, deve unire e non dividere i democratici. Inoltre, è rappresentativo di un modo di far politica congeniale a questa Regione, attenta al localismo e alla realtà produttiva di cui Bortolussi è appunto espressione. Con un candidato che presenta queste caratteristiche stupisce che l’UDC abbia deciso di non sostenerlo. Questo rifiuto la dice lunga sulla vera natura dell’antileghismo di questo partito, che, alla prova dei fatti, si tira indietro. Non basta essere contro il Carroccio in Piemonte, dove la vittoria è più facile, e poi in realtà dove la Lega è molto forte, come in Veneto, attuare una strategia che di fatto la favorisce”.
La candidatura di Bortolussi è stata proposta e sostenuta dal sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, con grande impegno e determinazione. Massimo Cacciari ha dichiarato che “la candidatura di Giuseppe Bortolussi sia davvero rappresentativa della società veneta nelle sue componenti essenziali della piccola e media industria, del commercio, dell'artigianato. Una candidatura, cioè, davvero popolare, che si fa preferire inoltre per la profonda competenza in materia amministrativa e fiscale. Lo sfidante ideale nei confronti del ministro Zaia".
Ritengo che la vittoria di Bortolussi alle prossime elezioni regionali sia importante per il Veneto per non offrire la gestione del regione alla Lega con tutte le sue contraddizioni e discriminazioni che si rovesceranno sulla Regione e per realizzare una svolta qualitativa utilizzando le capacità e competenze di Giuseppe Bortolussi.

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Franco Bonfante: Economia e Welfare

Intervento di Franco Bonfante al convegno “Economia e Welfare", Verona 22 gennaio 2009.
Il prodotto interno lordo del Veneto nel 2009 è diminuito, in termini reali, del 4,4%.
La produzione industriale manifatturiera è diminuita nel terzo trimestre 2009 del 15% per le imprese con più di 10 addetti e del 22% per le microimprese.
Nei primi nove mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008, le esportazioni del Veneto sono diminuite del 21%, il numero delle imprese manifatturiere è calato di 1.426 e – 938 quello delle costruzioni.
Il tasso di occupazione è passato dal 66,6% al 63,9%, tornando ad un valore ante 2003. Il tasso di disoccupazione è del 4,8% rispetto al 2,9%. Ma è meglio parlare non solo di numeri ma di persone in carne ed ossa consideriamo che gli effetti occupazionali negativi della crisi emergono ormai nettamente assumendo dimensioni rilevanti: la caduta complessiva è di circa 90.000 unità in un anno, di cui 60.000 dipendenti e 30.000 indipendenti. Le persone in cerca di occupazione sono aumentate da 64.000 a 105.000.
Sono peraltro ben noti i numeri della cassa integrazione e delle liste di mobilità.
I fenomeni sopraindicati non sembrano ridursi, semmai si attenua la dinamica progressiva.
La Regione Veneto, fra le ultime regioni in Italia, ha approvato nella primavera scorsa la legge sul mercato del lavoro, fortemente voluta e votata anche dal centrosinistra e che, grazie alle proposte e all’azione del Partito Democratico, ha previsto importanti possibilità d’interventi, quali ad esempio, il fondo per i lavoratori parasubordinati ed il fondo per permettere di poter anticipare l’indennità di cassa integrazione in caso di ritardi burocratici degli organismi nazionali.
Tante altre proposte sono state presentate dal nostro partito, con progetti di legge appositi e, in questi giorni di discussione della Legge finanziaria regionale e del Bilancio 2010, con emendamenti responsabili e non ostruzionistici, che indicano le risorse necessarie e dove reperirle per:
- il sostegno al reddito delle categorie in difficoltà: disoccupati, cassintegrati, lavoratori precari, dipendenti ma anche artigiani e commercianti;
- il sostegno all’occupazione, ad esempio con un premio per le aziende che ritengano ed abbiano il coraggio, in questo periodo, di trasformare in lavoro a tempo indeterminato i propri lavoratori precari ;
- le azioni per aiutare la ripresa come il microcredito regionale tramite la società finanziaria partecipata, il fondo di rotazione, i fidi di garanzia, i fondi per la ricerca, l’innovazione, l’imprenditoria giovanile e femminile, l’internazionalizzazione delle imprese.
Progetti semplici, concreti, immediatamente attuabili e finanziabili, di cui andiamo orgogliosi, così come altre che vedono il Veneto all’avanguardia per le nostre proposte approvate all’unanimità dal Consiglio Regionale in materia economica (la legge, prima e unica in Italia, sulla promozione della partecipazione dei lavoratori alla proprietà ed agli utili d’impresa), in materia sanitaria (la legge sulla gratuità del parto indolore e quella sulle cure palliative), in materia sociale (la legge sulla non autosufficienza di cui parleremo dopo). Altre proposte, non approvate, disegnano un progetto alternativo di welfare, che rafforzi la Sanità Veneta, sempre tra le migliori in Italia ma con segnali non irrilevanti di graduale declino, anche attraverso la risoluzione di problemi annosi come quello delle liste d’attesa, della revisione dei metodi di nomina dei Direttori Generali, di una nuova governance più legata alle esigenze del territorio, di un aumento dei posti per la riabilitazione e la lungodegenza, con meno Ospedali di campanile e più Case della Salute, e Centri Ospedalieri di eccellenza efficienti
La Giunta Regionale ha sì utilizzato le risorse statali ed i fondi europei per alcune misure, che condividiamo, ma che riteniamo insufficienti nella quantità e nella qualità. Sono esclusivamente forme di difesa, in attesa che passi la nottata, mentre servono misure di effettivo rilancio, che diano una spinta ai redditi, al consumo interno, alla creazione di posti di lavoro, che guardino avanti: dobbiamo decidere se vogliamo essere più vicini al sistema economico della Finlandia, ad esempio o a quello della Grecia.
Qui stanno le scelte di fondo per una Regione ed una società che voglia coniugare un’economia avanzata alla coesione sociale, la competizione positiva e la solidarietà.
Solidarietà, una parola abbandonata, occultata, superata e che oggi torna alla ribalta come architrave di un Veneto che intenda rimanere, essere Regione d’avanguardia, per un welfare più equo, che sappia rispondere alle nuove domande di una società in continua evoluzione, che crea nuovi bisogni, nuove attese, nuovi diritti ed anche nuovi doveri.
Per questo abbiamo voluto approvare prima della fine della legislatura, grazie anche alla fondamentale azioni delle Organizzazioni sindacali, la nuova legge sulla non autosufficienza, che riconosce come diritto all’assistenza ciò che prima era una concessione, una benevolenza. Eppure non possiamo non sottolineare come le sciagurate scelte fiscali della Giunta Regionale di centrodestra abbiano lasciato senza risorse una legge appena approvata, ridotto fortemente la possibilità di intervenire in materia di assistenza ai disabili, agli anziani non autosufficienti, in materia di lavoro: l’aver voluto cancellare l’addizionale IRPEF regionale anche per i redditi più alti, che nemmeno si accorgeranno della maggiore disponibilità economica, costa alla nostra Regione 130.000.000 all’anno.
Per tutte le misure che ho elencato prima ne sarebbero stati sufficienti 100.
E tuttavia la nostra azione sarà attenta alla riduzione degli sprechi, rigorosa, riformista, combattiva, moderna: non crediamo ai veneti come a gente che pensa veramente di risolvere i problemi occupazionali cacciando o costringendo ad andarsene i lavoratori stranieri, o creando differenze, xenofobia, razzismo: la Lega dice che non è razzista e che gli stranieri che si comportano bene, lavorano e pagano le tasse sono i benvenuti … e che c’entra questo con lo slogan di Zaia “Prima i nostri?” Non è questo forse distinguere le persone umane secondo un criterio che nulla ha a che vedere con il diritto all’eguaglianza? Non noi ma Galan ha detto che la Regione Veneto alla Lega sarebbe una sciagura per il Veneto e per l’Italia.
Le difficoltà economiche creano già di per sè nuovi egoismi e sentimenti di chiusura: chi ne approfitta per aizzare gli uni contro gli altri, per alzare barriere, non solo realizza un atto ingiusto e deprecabile, ma compie anche un’azione sbagliata sotto il profilo economico, perché mina la coesione sociale, rinuncia ad un apporto che si è dimostrato significativo sotto il profilo del reddito, arretra di fronte alla sfida del confronto e della competizione dei mercati… e dalle brutte figure non si salva nemmeno il Made in Italy e il buy Veneto.
Chi ha pensato in passato (e pensa tuttora) di risolvere i problemi del Paese riducendo i diritti dei lavoratori, delineando un welfare della compassione e non dei diritti, compie lo stesso errore che ha compiuto pensando ad uno sviluppo privo di regole, ad un arricchimento individuale che prima o dopo avrebbe portato benefici a tutti: abbiamo visto che così non è stato. Abbiamo il dovere, nel Veneto di batterci con tutte le nostre forze per una Regione aperta, di cittadini uguali, rispettosa delle regole, della legalità, dei diritti di tutti non solo di alcuni.
E’ accaduto in passato, ed accadrà ancora, che le facili previsioni sono state smentite, i sondaggi ribaltati: noi dobbiamo essere pronti e non è detto che quel momento sia lontano.

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lunedì 25 gennaio 2010

Vendita delle case popolari: un flop

In occasione della presentazione del disegno di legge, approvato dalla giunta regionale, su Misure straordinarie per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico Franco Bonfante aveva a suo tempo espresso dubbi sulla sua approvazione. “Il disegno ha una serie di contraddizioni, aveva dichiarato a novembre 2009 Franco Bonfante, che fanno sospettare che si tratti di pura e semplice propaganda pre-elettorale.
Si riportano la dichiarazione di Franco Bonfante pubblicata da L’Arena del 19 novembre 2009
«Lo scopo è informare cittadini e inquilini sul piano regionale che prevede la messa in vendita a prezzi allettanti degli alloggi popolari ma che si traduce in una illusione elettorale nei loro confronti», spiega Franco Bonfante consigliere regionale del Pd. «Così com’è, infatti, non sarà mai approvato, almeno a giudicare dalle voci che si rincorrono a Venezia. Quindi è solo una presa in giro, criticabile ancor di più perché rivolta a fasce deboli della popolazione: il 30% di chi abita nelle case popolari ha più di 65 anni, gli altri sono portatori di handicap, immigrati e persone a basso reddito».
A novembre è stata organizzata dal Partito Democratico una assemblea pubblica dalla quale sono emersi penalizzazioni nei confronti dei ceti più deboli che attualmente abitano nelle case popolari, problemi legati all’eventuale mancato acquisto della casa da parte degli inquilini.
Le previsioni di Franco Bonfante si sono verificate ed il disegno di legge non è stato approvato dal Consiglio Regionale.
Adesso sono intervenuti sulla problematica delle case popolari i consiglieri provinciali Vincenzo D’Arienzo, Franca Rizzi e Alice Leso del Partito Democratico Verona con il seguente intervento.
“La Regione Veneto aveva promesso che entro ottobre scorso avrebbe venduto gli alloggi popolari di proprietà dell’ATER costruiti prima del 31 dicembre 1989. La promessa comprendeva:
- l’offerta in proprietà degli alloggi principalmente agli attuali assegnatari;
- la cessione della proprietà a soggetti terzi, con mantenimento del contratto di locazione da parte degli inquilini, in caso di mancato acquisto da parte degli attuali assegnatari. Dopo 8 anni il contratto di affitto può essere rescisso;
- la revisione degli attuali affitti con aumenti mensili anche del 40%.
Con la legislatura in scadenza, quella promessa era solo una sgradevole manovra elettorale giocata sulla pelle dei tanti veronesi che hanno creduto di poter acquistare la casa in cui vivono da decenni. Insomma, una vergognosa bugia!
L’auspicata vendita degli alloggi coinvolge migliaia di famiglie veronesi. Quindi, occorre che la Provincia assuma un ruolo di partecipazione a tutela degli interessi degli inquilini.
Il Gruppo Consiliare PD chiede che la Provincia avvii subito ogni utile iniziativa verso la Regione Veneto, anche insieme alle altre Province venete, per coordinare le legittime esigenze delle famiglie che risiedono negli alloggi interessati dalla vendita e propone:
- che la vendita degli alloggi sia fatta con giusti sconti a favore degli inquilini perché è doveroso consentire alle famiglie che ci abitano di avere il possesso di un patrimonio immobiliare;
- di favorire le forme più favorevoli di rateizzazione a lunga scadenza per chi non può pagare tutto subito (tipo “a riscatto”), senza ricorrere per forza alle banche;
- di valutare la possibile alienazione di appartamenti anche più recenti rispetto a quelli realizzati entro il 1989;
- che le manutenzioni devono essere proseguite fino a quando gli alloggi non saranno completamente venduti e nessun pretesto, come la mancata vendita, deve essere utilizzato per rimandare all’infinito i dovuti interventi;
- che i fondi ricavati devono essere destinati tutti alla costruzione di nuovi alloggi sulla base di un piano previsionale che l'ATER deve redigere prima dell'avvio della vendita di massa;
- che gli attuali inquilini e le loro associazioni devono essere coinvolti nell'operazione;
- che gli alloggi in questione, in caso di mancato acquisto da parte degli attuali inquilini, non devono essere ceduti a soggetti terzi, come società immobiliari e fondi di investimento, perché questo comporta l’aumento dell’affitto e dopo 8 anni lo sfratto dei medesimi;
- che gli eventuali aumenti degli affitti devono essere fortemente ancorati al costo della vita”.
Il centro destra sul problema delle case popolari ha giocato sui problemi degli inquilini senza alcuna sensibilità sociale.

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I limiti della valutazione



di Mita Marra 22.01.2010 pubblicato da Lavoce.info
Mita Marra ha pubblicato recentemente insieme a Antonino Leone Frantumi da ricomporre
Elemento cardine del decreto Brunetta è la valutazione dell'operato della pubblica amministrazione e dei suoi dipendenti. Ma le esperienze avviate a livello locale sono la testimonianza che i pur esigui processi virtuosi di valutazione emergono nel nostro paese nell'agire concreto delle organizzazioni e non come adempimento a un obbligo di legge. Integrare il sapere decentrato delle amministrazioni territoriali con la visione strategica del centro è un passaggio cruciale ai fini della programmazione delle politiche di investimento di uno Stato federale democratico.
Un principio cardine delle misure introdotte per l’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e per l’efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni ruota intorno al ruolo della valutazione delle prestazioni dei dipendenti, del rendimento delle istituzioni e degli esiti dei programmi pubblici. Il decreto legislativo 150 del 2009 sancisce al suo articolo 1 che la misurazione e la valutazione della performance sono volte al miglioramento della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche, nonché alla crescita delle competenze professionali, attraverso la valorizzazione del merito e l’erogazione dei premi per i risultati perseguiti dai singoli e dalle unità organizzative.
Chi sono i valutatori
La funzione di valutazione è svolta da organismi indipendenti, cui compete la misurazione della prestazione di ciascuna struttura amministrativa nel suo complesso e la proposta di valutazione annuale dei dirigenti. Mentre a una commissione indipendente, i cui sei membri sono stati scelti tra eminenti personalità del mondo accademico italiano, è assegnato il compito di predisporre una graduatoria di performance delle amministrazioni statali, in base alla quale la contrattazione collettiva nazionale ripartirà le risorse, premiando le migliori strutture e alimentando una sana competizione.
Le nuove disposizioni legislative creano un nesso esplicito e cogente tra contrattazione decentrata, valutazione e premi di produttività. Come nel settore privato, contrattazione decentrata e retribuzione sono condizionate all’effettivo conseguimento di risultati programmati e di risparmi di gestione. Fino a che punto, però, una simile previsione trova terreno fertile nelle pratiche di valutazione che già esistono nelle pubbliche amministrazioni italiane? In altri termini, quali possibili fattori di ordine organizzativo e psicologico favoriscono od ostacolano una tale disposizione nel concreto operare delle amministrazioni statali, regionali e locali?
Esempi da imitare
Benché il decreto sancisca, all’articolo 2, che ogni amministrazione pubblica sia tenuta a valutare la performance dell’amministrazione nel suo complesso e dei singoli dipendenti, il sistema è vincolante solo per le amministrazioni statali. Gli enti territoriali hanno relativi margini di adeguamento che aprono la strada, da un lato, a deroghe difficilmente controllabili, dall’altro a inedite soluzioni innovative.
È proprio nelle forme di valutazione condotte a livello locale che emergono le esperienze più promettenti, in grado di innescare effetti imitativi su più larga scala. Ad esempio, nei processi di valutazione condotti nei comuni di Reggio Emilia, Forlì e Bolzano, che sono segnalati tra i più innovativi, la definizione degli obiettivi si lega a concreti esperimenti di valutazione degli esiti dei programmi e della qualità dei servizi pubblici resi. Anche l’esperienza decennale maturata da un’azienda pubblica come l’Inps merita di essere approfondita in riferimento agli indicatori elaborati per la misurazione del lavoro.
Queste esperienze sono la testimonianza che gli ancora esigui processi “virtuosi” di valutazione esistenti in Italia emergono nel concreto operare delle organizzazioni e non come adempimento a un obbligo di legge. L’istituzione della valutazione con decreto ha finora mostrato evidenti limiti alla diffusione della cultura del risultato e della qualità. Le pratiche valutative diffuse nelle regioni, nei ministeri e nelle Asl sono forme ibride di valutazione ex-ante, procedure di ottimizzazione per la selezione dei progetti da finanziare, sistemi di monitoraggio dell’avanzamento finanziario e fisico dei programmi, controllo di gestione, accreditamento e certificazione. La verifica delle prestazioni dirigenziali è condotta secondo le modalità che ciascuna regione si è scelta senza alcuna garanzia contro comportamenti opportunistici e collusivi.
Le nuove impalcature istituzionali con esplicita missione valutativa rischiano di sovrapporsi a un contesto che, fatta eccezione per alcune realtà in regioni tradizionalmente più dinamiche, rimane ancorato a formule poco incisive, prive di indipendenza sostanziale più che formale.
Istituzionalizzare la valutazione non assicura una migliore gestione, né un cambiamento immediato delle politiche e delle pratiche di lavoro. La complessità dei processi decisionali non permette di isolare il contributo del monitoraggio, del controllo finanziario o dell’analisi di impatto alle scelte operative e strategiche.
Il problema è culturale: le valutazioni sono espressione di valori che influenzano il disegno dei programmi, le scelte metodologiche degli studi intrapresi e gli stessi giudizi valutativi. Ciò non è una minaccia all’indipendenza purché tali valori siano resi espliciti, dando testimonianza dell’evoluzione delle idee e delle conoscenze che sottendono le politiche pubbliche.
Il problema dell’indipendenza non si risolve con l’introduzione di meccanismi istituzionali in grado di superare le disfunzioni generate dai rapporti principale-agente. Occorre rivoluzionare le relazioni gerarchiche per sviluppare forme di collaborazione tra valutatori e manager utili a facilitare l’accettazione dei giudizi di valutazione, favorire l’apprendimento organizzativo e l’esercizio della responsabilità. Per aprire i processi decisionali all’apporto dei dipendenti nei vari livelli delle amministrazioni e ai cittadini, il coinvolgimento degli attori nella valutazione delle performance deve essere inclusivo sin dall’inizio, nella formulazione dei criteri e degli indicatori, nel processo di raccolta e analisi dei dati e non limitato al solo momento della diffusione dei risultati finali. Integrare il sapere decentrato delle amministrazioni territoriali con la visione strategica del centro è un passaggio cruciale per convogliare le informazioni rilevanti ai fini della programmazione delle politiche di investimento di uno Stato federale democratico.
Lavoceinfo



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sabato 23 gennaio 2010

Pierluigi Bersani a Verona per Economia e Welfare


La crisi economica e sociale dell’Italia si presenta in tutta la sua gravità per le imprese, particolarmente le piccole e micro imprese, per le classe sociali meno protette (lavoratori dipendenti, precari, lavoratori autonomi) e per coloro che versano in stato di povertà o che rischiano di essere classificati poveri in breve tempo. In tale momento il Partito Democratico a Verona si apre alla società ed alle forze emergenti della Provincia per riflettere e valutare insieme la crisi economica e creare delle prospettive per affrontare in modo efficace la crisi stessa con interventi concreti che aiutano la crescita economica e proteggano i ceti più deboli.
Aspettare passivamente che la ripresa internazionale incida favorevolmente sulla crescita dell’Italia è un grande errore per i seguenti motivi:
- i tempi di attesa sono molto lunghi e le forze produttive del paese non possono aspettare cosi a lungo pena l’uscita dal mercato;
- gli ammortizzatori sociali hanno delle scadenze e non possono proteggere per lunghi periodi coloro che sono stati espulsi dal lavoro;
- i ceti più deboli non sono attualmente protetti in maniera da non subire gli effetti della crisi e, quindi, il procrastinarsi di questo stato rende evanescente lo stato sociale che ha bisogno di essere riformato subito.
Gli impegni con Pierluigi Bersani iniziano a Castelnuovo del Garda dove è stato organizzato un pranzo con gli iscritti ed elettori del PD. In tale occasione Bersani si è dimostrato disponibile ad ascoltare i partecipanti e si è intrattenuto con loro per un breve scambio di opinioni. In tale occasione gli iscritti hanno manifestato entusiasmo e senso di appartenenza al PD ed a Pierluigi Bersani.
L’evento è iniziato bene con una grande partecipazione che si è ampliata successivamente alla Gran Guardia dove centinaia di persone hanno aspettato Bersani per il convegno ed al suo arrivo è stato salutato con grande affetto ed applausi.
Il convegno è iniziato con gli interventi di Giandomenico Allegri, segretario Provinciale del PD di Verona, e Rosanna Filippin, segretaria regionale del PD Veneto.
Subito dopo sono intervenuti Franco Bonfante, consigliere regionale, Maria Pia Garavaglia, senatrice del PD, e Gianni Del Moro, deputato del PD.
Franco Bonfante ha trattato della situazione economica e sociale della regione e delle proposte del PD Veneto per affrontare i problemi delle piccole imprese, dei lavoratori dipendenti e precari, dei lavoratori autonomi e dei ceti più deboli ed ha illustrato l’impegno del PD nella legislatura che si è appena conclusa con proposte di legge, interrogazioni e altro.
Maria Pia Garavaglia ha espresso dissenso nei confronti degli interventi effettuati dal Governo per la scuola e l'università, incluso la riduzione dell’età dell’obbligo scolastico, ed ha affermato che il sapere è la risorsa più importante per elevare le competenze delle persone e per conseguire il successo economico e sociale. Svilire il sistema scolastico significa creare delle condizioni di non sviluppo del paese.
Gianni Del Moro è intervenuto sul ruolo che gli enti pubblici economici dovrebbero svolgere nella provincia di Verona per favorire lo sviluppo e sullo stato di povertà del territorio veronese.
Federico Testa, deputato del PD, ha coordinato la tavola rotonda delle forze economiche e sociali della provincia alla quale hanno preso parte:
- Michele Bauli, vicepresidente di Confindustria Verona;
- Ferdinando Albini, Presidente dell’Unione Provinciale Artigiani di Verona;
- Damiano Berzacola, Presidente della Coldiretti di Verona;
- Silvano Stellini, Presidente della Quadrante Servizi;
- Alberto Tosi, il Presidente della ConfApi Veneto;
- Nicola Baldo, vicepresidente di Confcommercio Verona;
- Carla Pellegatta, Segretaria generale provinciale CGIL Verona;
- Massimo Castellani, Segretario generale della CISL Verona;
- Lucia Perina, Segretario generale provinciale UIL Verona.
Ciascuno degli intervenuti ha illustrato lo stato di crisi e le difficoltà del proprio settore (artigiano, commercio, manifatturiero ed agricolo) e Michele Bauli, vicepresidente della Confindustria ha sottolineato l’esigenza di avere una PA efficace al fine di rendere veloci i servizi alle imprese poiché la lentezza ed i costi della burocrazia pesano tanto sui costi di produzione e rendono le imprese meno competitive.
Dagli interventi si è appreso che le imprese artigiane che hanno cessato l’attività sono 600 nel 2009 e 500 nel 2010 e che sono circa diecimila i disoccupati nella provincia di Verona.
Dai sindacati dei lavoratori è emersa la proposta della partecipazione e della concertazione. Carla Pellegatta, segretaria generale della Cgil, ha sottolineato che i giovani precari ai quali non sono stati rinnovati i contratti e per i quali non esistono forme di protezione sociale non rientrano nelle statistiche dei disoccupati.
Nel Veneto i problemi sociali ed economici sono meno gravi rispetto alle altre regioni ma esiste il rischio che la regione non possa più fare da locomotore per la ripresa dell’Italia in quanto gli interventi governativi di sostegno sono insufficienti ed inefficaci.
Occorre considerare che nel caso in cui l’equilibrio del dopo crisi verrà realizzato dalla congiuntura internazionale si rischia di realizzare un sistema di imprese presente nel mercato più ristretto rispetto al periodo pre-crisi e con una base occupazionale meno ampia rispetto al passato. Per tale motivo occorre intervenire subito con riforme e provvedimenti che diano respiro alle imprese e che si muovano in direzione della crescita economica del paese.
L’aumento della spesa pubblica non finalizzata allo sviluppo e dell’inflazione e l’abbassamento del Pil rispetto agli altri paesi non ci pone in condizioni ottimali.
Dopo la tavola rotonda è intervenuto Pierluigi Bersani, il quale ha seguito i lavori con molto interesse ed attenzione e nel suo intervento ha fatto riferimento ad essi.
Bersani non accetta i tempi lunghi per uscire dalla crisi ed è favorevole ad interventi immediati che sostengano la crescita economica ed aiutino le piccole e medie imprese a superare lo stato di crisi e ritiene fondamentale affrontare il tema del lavoro e sostenere i ceti più deboli con l’abbassamento della tassazione.
Per Bersani occorre incidere sui tempi della ripresa che non devono essere molto lunghi. In precedenza Michele Bauli, vicepresidente di Confindustria Verona, nel suo intervento ha dichiarato che alcuni studi prevedono che permanendo le condizioni attuali il livello di crescita dell’Italia ritornerà al periodo pre-crisi solo nel 2017.
L'iniziativa del Partito Democratico è riuscita ed è stata molto interessante per comprendere ed approfondire la situazione economica del paese ed in particolar modo del Veneto e di Verona e per prendere coscienza della qualità degli interventi da effettuare per rispondere alle esigenze delle imprese e dei cittadini.
Video del discorso di Bersani a Folgaria
Interventi: Giandomenico Allegri, Franco Bonfante, Gianni Del Moro


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giovedì 21 gennaio 2010

Politica e sanità

Ieri il Corriere della sera ha pubblicato un articolo relativo alle intercettazioni di due medici del Policlinico Sant’Orsola, riguardanti il mancato perfezionamento dei contratti che avrebbero consentito al senatore Ignazio Marino di operare a Bologna.
Questo avvenimento che si somma ad altri fa comprendere che la politica è presente nella sanità in modo da determinare scelte e nomine che non rientrano o non dovrebbero rientrare nella sfera delle loro competenze.
Il sistema delle nomine nella sanità è sbagliato e consente ai politici di premiare le persone secondo la fedeltà politica e non il merito.
Proseguendo così e garantendo ai politici questi poteri ed interferenze la sanità diventa sempre meno efficiente, i cittadini ricevono servizi di scarsa qualità e la spesa pubblica diventa incontrollabile. Occorre che questo tipo di nomine venga effettuato o controllato da autorità indipendenti e non dai politici. Questi ultimi devono stare lontano e al di fuori dalla gestione della sanità ed interessarsi di programmi ed obiettivi da conseguire cosa che risulta molto difficile.
Al momento esiste un connubio tra il management pubblico, interessato alla propria sopravvivenza e al mantenimento dello status quo, che ha abdicato alle proprie responsabilità e la politica che interviene a tutto campo per mantenere o creare consensi con la complicità dei dirigenti.
Occorre far saltare questo equilibrio e cambiare metodo. La separazione tra la responsabilità politica (piani, indirizzi, obiettivi) e la responsabilità di gestione del management pubblico nella sanità va realizzata così come prevede la normativa nazionale vigente. Le leggi che legittimano l'intervento della politica nella gestione della sanità vanno riformate ed adeguate.
La classe politica deve stabilire gli obiettivi da conseguire, controllare il grado di conseguimento dei risultati ed intervenire nel caso in cui gli obiettivi non vengono conseguiti e garantire discrezionalità e responsabilità al management pubblico nel conseguimento dei risultati stabiliti nei piani.
Il federalismo se gestito in questo modo provoca scempio, inefficienza e spesa pubblica gonfiata. Occorre realizzare nelle regioni per quanto riguarda la sanità ciò che è prescritto dalla normativa nazionale (riforma Cassese, Bassanini e Brunetta).
Non è possibile accettare che ogni regione non rispetti le regole della separazione delle responsabilità. Purtroppo tale situazione produce benefici per i politici ed inefficienze per i cittadini sui quali grava il costo della spesa pubblica effettuata senza alcun criterio di economicità di gestione.
E’ urgente e necessario realizzare una logica di autonomia del management responsabilizzato sul raggiungimento dei risultati finali ed abbandonare il clientelismo nella sanità. La situazione attuale ha prodotto il risultato di avere un livello manageriale insoddisfacente.
Purtroppo gli enti e gli organi delle PA a livello locale sono state tenute fuori dalla legge Brunetta e, quindi, occorre intervenire affinché alcune regole vengano rispettate ed applicate a livello nazionale e locale.
Dichiarazione di Ignazio Marino

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mercoledì 13 gennaio 2010

Franco Bonfante: la partecipazione dei lavoratori


Dopo un anno dalla presentazione della proposta di legge n. 293 per favorire la partecipazione dei dipendenti alla proprietà dell’impresa, il Consiglio regionale ha approvato con 40 voti a favore ed un astenuto la relativa proposta di legge, che vede come primo firmatario il consigliere del PD Franco Bonfante.
E’ passato un anno da quando in una conferenza stampa tenutasi a Verona Franco Bonfante con la partecipazione di Marina Salamon ha presentato alla stampa la proposta di legge.
“Dopo l’approvazione all’unanimità della commissione lavoro, finalmente, afferma Franco Bonfante, è stato fatto il passo decisivo per avviare nel Veneto, prima Regione in Italia, un modello d’impresa che già da anni è presente in altri Paesi europei come la Francia, l’Inghilterra e la Germania”.
La partecipazione dei lavoratori alla proprietà ed agli utili dell’impresa, afferma Bonfante, “contribuirà sicuramente ad aumentare la produttività e la coesione sociale”.
Ad avvalersi di questa innovazione non saranno soltanto i dipendenti stabilizzati, ma anche quelli con contratto a tempo determinato, quelli somministrati e gli atipici, oltre che i lavoratori a riposo e quelli delle società collegate.
“La partecipazione diretta dei dipendenti nelle piccole e medie imprese venete, afferma Bonfante, sarà un elemento di enorme stimolo. I benefici previsti per i lavoratori sono rappresentati dall’accesso a prestiti agevolati, da esenzioni e riduzioni tributarie oltre che da una garanzia assicurativa o bancaria per proteggerli dal possibile rischio di insolvenza o fallimento dell’impresa”.
Le imprese, afferma Franco Bonfante, potranno fruire di capitali freschi in un momento di scarsa liquidità dovuta alla crisi economica ed alle ristrettezze creditizie e di agevolazioni creditizie, esenzioni e vantaggi fiscali.
“Mentre la norma nazionale - conclude Bonfante - è tornata nel cassetto malgrado i proclami dei ministri Tremonti e Sacconi, il Veneto con questa decisione si pone all’avanguardia nel campo della partecipazione dei dipendenti nelle imprese in cui lavorano”.
Il sostegno finanziario previsto per avviare una prima sperimentazione pratica della legge è di 700 mila euro per il 2010 e di 1 milione di euro per il 2011.
A livello nazionale in questa legislatura sono stati presentati al Senato due disegni di legge in questa materia: uno recante la prima firma del sen. Maurizio Castro (PDL), n. 803/2008, e uno recante la prima firma del sen. Tiziano Treu (PD), n. 964/2008. Su incarico congiunto di maggioranza ed opposizione il senatore Pietro Ichino ha proceduto a redigere una bozza di testo legislativo unificato, come contributo a una possibile soluzione bi-partisan. Disegno di legge unificato e Relazione del senatore Pietro Ichino
Purtroppo tale provvedimento rimane fermo in quanto la maggioranza di centro destra ed il Governo non sono inclini ad avviare riforme che mutino gli equilibri nel mondo del lavoro e dell’impresa. Dobbiamo prendere atto che il riformismo espresso nel loro impegno politico da Pietro Ichino a livello nazionale e da Franco Bonfante a livello regionale è molto utile al paese per risolvere i gravi problemi che la crisi economica ha accentuato.
Documentazione

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Invalidità civile 2010 in crisi per i medici


I medici mettono in crisi l’invio telematico delle richieste di invalidità civile e della relativa certificazione di malattia, la quale si dovrebbe agganciare automaticamente con la domanda.
Il nuovo sistema organizzativo, messo in atto dall’Inps e disciplinato dalla legge n. 102/2009 e finalizzato a ridurre drasticamente i tempi di liquidazione delle domande di invalidità civile, rischia di saltare in quanto i medici nella quasi totalità non hanno ancora richiesto il Pin all’Inps per collegarsi con la procedura informatica che permette loro la trasmissione in via telematica della certificazione di malattia.
I medici richiedono sei mesi di tempo per attuare gli adempimenti richiesti dall’Inps e la possibilità durante questo periodo di trasmettere la certificazione di malattia in via telematica ed in via cartacea.
Il comportamento dei medici non desta alcuna sorpresa perché da diversi anni, nonostante le prescrizioni normative, si sono sempre rifiutati di trasmettere in via telematica la generalità della certificazione di malattia.
L’intervento del Governo in questi anni è stato molto timido e non ha conseguito i risultati sperati.
I medici di base rappresentano una lobby molto potente e sono contrari a qualunque cambiamento che consenta alle istituzioni sanitarie di realizzare un sistema di controlli adeguato ed un processo delle malattie e delle prescrizioni mediche trasparente ed efficace.
Si ricorda che a diversi medici vengono corrisposti emolumenti per gli assistiti deceduti in quanto il sistema attuale non consente di eliminare tale fenomeno, il quale viene scoperto dai controlli effettuati dalla Guardia di Finanza. Anche per tale motivo occorre realizzare un sistema efficace ed autonomo attraverso la trasmissione in via telematica della certificazione di malattia e della prescrizione medica.
Secondo la mia modesta opinione occorre far scadere le convenzioni attuali con i medici di base e stabilire un periodo di sei mesi per la stipula di nuove convenzioni che prescrivano ai medici l’invio telematico della certificazione di malattia e delle prescrizioni mediche al sistema che gestisce tali adempimenti (Inps, Asl, Farmacie). Superata tale scadenza ai medici che non hanno sottoscritto la nuova convenzione non dovranno essere corrisposti gli emolumenti per gli assistiti che hanno avuto in carico in quanto non titolari della nuova convenzione.
Il problema dei medici è quello che non ci guadagnano nulla dai cambiamenti intervenuti e non si pongono il problema che questa operazione migliora  il processo dell'invalidità civile.


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domenica 10 gennaio 2010

Frantumi da ricomporre ritorna a Verona


Continua il tour di presentazione del libro Frantumi da ricomporre. Dopo Verona, Roma e Napoli è stato organizzato dal Circolo PD Enzo Biagi un incontro a Verona per discutere insieme del cambiamento delle PA con la presentazione del libro.
L’incontro è coordinato da Federico Benini, coordinatore del Circolo PD Enzo Biagi.
All’incontro interverranno:
Antonino Leone, coautore del libro
Donata Gottardi, docente di Diritto del lavoro – Università di Verona
Franco Bonfante, consigliere regionale del PD
Antonio De Pasquale, segreteria funzione pubblica Cgil
L’incontro si terrà il 15 gennaio alle ore 20,45 presso la sala civica di via Brunelleschi a Verona. 
L’incontro rappresenta un’occasione importante da non perdere per un confronto sui principali argomenti che interessano le PA ed i cittadini:
- Assenteismo;
- Fannulloni;
- Qualità dei servizi;
- Rapporto tra i cittadini clienti e gli erogatori dei servizi;
- Trasparenza totale;
- Valutazione indipendente ed autonoma delle PA.
Nel precedente incontro che si è tenuto a Verona il 13 novembre presso il Liston 12 numerosi amici sono stati impossibilitati a parteciparvi e adesso avranno l’occasione di essere presenti in modo attivo.
Si comunica inoltre che sono stati organizzati altri incontri a Nogara e a Legnago.
Nogara
L’incontro si terrà il giorno 11 gennaio alle ore 20,45 presso il Palazzo Maggi (Biblioteca Comunale) via Ferrarini 1 – Nogara.
Coordina:
Laura Roveri, circolo PD Nogara
Intervengono:
Antonino Leone, coautore del libro
Federico Testa, parlamentare PD e docente di Economia e gestione delle imprese – Università di Verona
Vincenzo D’Arienzo, consigliere della Provincia di Verona
Legnago
L’incontro si terrà il giorno 11 gennaio alle ore 20,45 presso la sede del Circolo PD di via Minghetti – Legnago
Intervengono:
Antonino Leone, coautore del libro
Federico Testa, parlamentare PD e docente di Economia e gestione delle imprese – Università di Verona
Franco Bonfante, consigliere regionale del Veneto

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Comunicare per crescere, tacere per nascondere


di Emanuele Costa
“Questa è una storia che fa paura. Una di quelle storie in cui ci si ritrova al centro di un intero universo sconosciuto, nero e misterioso, popolato di ombre minacciose, di occhi che ti guardano. Tu sei lì al centro di tutto questo e non sai cosa succede di là, che cosa accade in quel mondo, quali siano le sue regole ed i suoi segreti”.
Con queste parole Carlo Lucarelli catturava l’attenzione dello spettatore per introdurre una puntata di “Blu Notte - Misteri Italiani”, trasmissione mediatica di successo nella quale, attraverso una minuziosa ricostruzione dei fatti ed il susseguirsi di colpi di scena, cercava di fare chiarezza su alcuni episodi che hanno caratterizzato gli anni bui della recente storia italiana. 
Eventi tristi, ancora oggi caratterizzati da profili oscuri, che hanno avuto come interpreti vite umane, sottratte al loro naturale destino, in quanto pedine involontarie di una partita a scacchi manovrata da forze invisibili, ma tangibili.
Questo, invece, non è un racconto che fa paura, è una realtà, che a raccontarla potrebbe indurre ad uno stiramento del viso per far scorgere un sorriso, ma che, al contrario, rischia di provocare una paralisi facciale da far rabbrividire.
Uno scenario circondato non da ombre minacciose, ma da persone vere, dotate sia di minuscoli occhi a lente di ingrandimento, con mansioni di preziosi osservatori su ciò che interessa, sia di orecchie a ventosa, capaci di percepire il più leggero alito di manifestazione della libertà di pensiero ed, al tempo stesso, sorde agli stimoli provenienti dagli attori principali che animano l’universo circostante.
Per questa ragione si è scelto un titolo inquietante ed una premessa a forte impatto emozionale.
L’obiettivo era quello, e si spera lo sia stato, di catturare l’attenzione oculare del lettore per spingerlo a trovare, in queste poche righe, sia un interesse particolare in grado di farlo riflettere in completa autonomia, sia lo stimolo a ricercare soluzioni condivise su uno degli argomenti attualmente di moda: la gestione della Pubblica Amministrazione.
Un’Organizzazione che la dottrina aziendale classificherebbe tra le imprese labour intensive, mantenuta in vita con risorse finanziarie sottratte ai Cittadini, che anno dopo anno sono sempre in attesa di ricevere servizi efficienti e, soprattutto, risposte ai loro problemi.
E’ paradossale che una struttura nella quale migliaia di persone prestano la loro attività sia incapace di relazionarsi con l’ambiente esterno e di costruire una tavola rotonda permanente, per comunicare a 360° i risultati raggiunti, frutto di deliberazioni di pochi intimi, dimostrando i benefici che il senso delle decisioni ha prodotto per la collettività.
Gli strumenti a disposizione esistono, ma forse se ne ignorano volutamente le potenzialità, perché, altrimenti, sarebbe difficile accettare che la non conoscenza delle fattispecie possa aver partorito effetti che vanno ad incidere sulla sfera giuridica dei singoli individui.
L’Amministrazione Pubblica esiste, è ben lontana da essere quell’universo sconosciuto cui si accennava sopra, non si può ignorarne la presenza per vivere come fantasmi, ma occorre sforzarsi per farne emergere il pensiero, fatto di regole e segreti, per essere protagonisti del suo sviluppo.
In questa direzione, la comunicazione pubblica può essere di sostegno, in quanto facilita la comprensione delle politiche adottate dagli Amministratori, rendendo consapevoli che ogni scelta abbia la giusta finalità e non una secondaria che cammina da sola nel nulla, accompagnando il sorgere dei soliti sospetti.
La continua alimentazione di un flusso informativo bidirezionale dall’interno all’esterno, potrà far germogliare quel senso di fiducia tra quelle persone che quotidianamente affrontano, senza conoscere le finalità per le quali agiscono, problematiche complesse, perché le norme sulla “trasparenza amministrativa” sono applicate solo dove e quando conviene.
La comunicazione aiuta a crescere, perché solo dal confronto continuo si possono sviluppare nuove idee per migliorare i procedimenti amministrativi e, conseguentemente, i benefici sociali dell’azione pubblica: è necessario riconoscere che i dipendenti sono attori e gestori del cambiamento.
I risultati raggiunti, purtroppo, non sono visibili, perché si tace per non soccombere, evitando che la meritocrazia imbocchi il giusto sentiero di valutazione delle prestazioni, lasciando che si manifesti in distribuzione di risorse premianti con criteri inversamente proporzionali alle effettive capacità e competenze professionali.
Il processo di miglioramento richiede tempo e, sebbene riflesso nell’animo di coloro che hanno a cuore il progresso della Pubblica Amministrazione, le barriere da abbattere, in fondo, non sono poi così elevate.
Occorre eliminare alla radice le ragioni che spingono a seminare trappole per impedire che obiettivi e risultati siano comprensibili a tutti, investendo in risorse intellettualmente oneste affinché l’Utente finale riconosca che i sacrifici compiuti non sono stati vani.
La soluzione è alla portata di tutti e anche se la si vuole consapevolmente ignorare per ragioni personali, che esulano dal perseguimento dell’interesse pubblico, un piccolo passo in avanti si può sicuramente fare.
Ecco ... noi, per esempio, possiamo dar voce ai diritti dei Cittadini!

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Rosarno: testimonianza di Jean-Léonard Touadi

“Vorrei ringraziare di cuore tutti voi che mi avete incoraggiato mentre andavo a Rosarno. Venerdì 8 mi ero svegliato senza minimamente pensare che sarei andato in Calabria. Non era in calendario. Solo che, arrivando in ufficio, vedendo su Sky le immagini agghiaccianti che provenivano da Rosarno ho deciso di andare giù. Era la prima intuizione. Sentivo che il mio posto era lì, accanto a questi giovani ragazzi africani nuovi schiavi africani nell'Italia del 2010; accanto a questa città sconvolta dalla violenza e dai saccheggi. Ho sentito dentro di me che dovevo stare lì senza nemmeno focalizzare per bene lo scopo. Ma la prima intuizione non poteva da sola bastare. Devo sempre ricordare a me stesso che non sono più solo ed esclusivamente me stesso, con i miei pensieri, i miei slanci, le mie pazzie. Non sono più il giornalista di una volta che usava partire d'improvviso verso terre di fuoco dove i conflitti mietevano vittime e la testimonianza giornalistica era nello stesso tempo un dovere e una missione. Devo sempre ricordare che ho una personalità pubblica, sono deputato della repubblica, sono parte di un movimento politico (Il Pd) e dunque ogni mia mossa ha una valenza e una lettura pubblica. Ho, quindi, responsabilmente preso tutti i contatti istituzionali, parlamentari, di partito e con le autorità locali calabresi. In realtà, tutti sconsigliavano per validissimi motivi che condivido la mia visita a Rosarno. Ma ho deciso lo stesso di andare perchè sentivo più forte il mio imperativo categorico personale, al contempo etico e politico. Ho deciso che il mio posto era lì. Fortunatamente l'Alitalia ha fatto la brava. Ho trovato subito posto e ho prenotato una macchina per andare da Lamezia a Rosarno accompagnato da Mattia Stella, mio bravissimo assistente e coadiuvati da Roma dalla mia fidatissima segretaria Giulia.
Sono arrivato a Rosarno alla guida di una punto grigia. Ad aspettarci al Casello un sacerdote, Don Pino, referente locale dell'associazione Libera di Don Ciotti, una vera manna grazie al quale ho potuto trovare la strada per incontrare le persone che m'interessava incontrare, i giovani immigrati.
Mi sono trovato in mezzo a due realtà infuocate, a due vittime arrabbiate e sotto shock: da un lato gli abitanti di Rosarno quasi tutti fuori nelle piazze con la rabbia dentro il cuore e sui volti. Mi sono fatto strada preceduto da Don Pino e, passando, ho provato a stabilire un contatto con un sorriso, una stretta di mano, un'occhiata. Sentivo dall'altra parte solo indifferenza, fastidio oppure sfida. In fondo ero un nero, ben vestito certo, sorridente certo ma un nero e non capivano cosa stessi facendo lì nella loro Rosarno accompagnato da quel prete amico dei "nivuri". A pochi metri loro, il gruppo dei ragazzi stranieri che mi hanno accolto come si accoglie in Africa una persona più grande, un amico, ma anche con diffidenza. Dentro di loro potevo leggere: "cosa ci fa qui un nero circondato dal rispetto di tutti, compreso quello degli ufficiali dei carabinieri che davanti a lui dimostrano rispetto". Sentivano che ero diverso non solo per l'età e i cappelli grigi, ma qualcosa diceva anche che ero uno di loro. Che si potevano fidare. I dubbi si sono sciolti quando ho salutato in modo per loro inequivocabile, in francese e in inglese, ma con gesti e una retorica per loro familiare. Ho sentito la tensione allentarsi e il silenzio calare su quei volti impauriti e diffidenti di fronte all'autorità italiana. Ho detto loro due cose: la prima e la più importante per me era la solidarietà e la vicinanza per le loro condizioni di vita, di lavoro e per il naufragio dei loro sogni. Ho detto loro che mi vergognavo come africano di vederli in quel posto in condizioni peggiori di quelli dai quali pensavano di sfuggire. Ho detto loro che mi vergognavo per la morte dei loro sogni nel miraggio agognato che si è rivelato più arido del deserto abbandonato in Africa. La seconda cosa che ho detto loro era che dovevano abbandonare la strada della violenza, frutto di una rabbia istintiva di fronte alla sparatoria di cui sono state vittime cinque di loro, ma che era una strada senza uscita, un vicolo cieco che rischiava di seppellire le mille ragioni della loro rabbia e frustrazione di fronte alla condizione di schiavitù dentro la quale si trovavano. Ho ricordato loro che in Sudafrica e soprattutto nella lotta per i diritti umani, le cose migliori che i neri avevano ottenuto li avevano ottenuti con la pratica della non violenza, fatte salve ovviamente le situazioni estreme di legittima difesa di fronte ad una oppressione insopportabile. Loro mi hanno risposto facendomi vedere le loro condizioni di vita. impossibili da descrivere in un testo. Mi hanno raccontato di guadagnare 25 euro dei quali 3 vanno a pagare il pasto quotidiano, 5 per il trasporto e l'intermediario e altri 5 per il pernottamento in quelle condizioni indegne degli esseri umani. Mi hanno detto che loro non potevano accettare di essere considerati delle prede vittime della voglia di sparare degli abitanti del luogo che ogni tanto scaricavano su di loro dei proiettili ordinati e indirizzati dalla malavita organizzata senza la quale nulla si muove in queste contrade. Mi hanno spiegato che loro avevano ormai paura e che volevano lasciare al più presto Rosarno, se possibile nella notte stessa. Avrei voluto portarli tutti a casa mia. Mi sono accontentato di spiegare loro che le autorità stavano pensando ad evacuarli con i tempi lenti delle decisioni politiche ed amministrative. Avevano ragione loro. Dieci minuti dopo la mia partenza da Rosarno ci sono state altre aggressioni.
Mi ero trovato a Rosarno in una situazione alquanto ambigua. Due fazioni l'una di fronte all'altra e io in mezzo. Due fazioni di cui mi sentivo parte: l'Africa delle mie origini; e l'Italia mia terra di scelta, di vita, la mia nuova patria e quella dei miei figli. Ero in mezzo, impotente ma deciso a fare la mia parte perché potesse rimanere un filo aperto tra le due fazioni. Non potevo e non dovevo scegliere. Ero obbligato ad essere un uomo di mediazione, un politico e cioé una persona di pace che ricompone ad armonica ricomposizione gli interessi divergenti presenti nella società. Mi sono sentito impotente ma utile; amareggiato per l'accaduto ma determinato nel proseguire la via della mediazione sociale e culturale.
Voglio, vorrei, offrire all'Italia un cantiere, un laboratorio, un sogno. Quello di una società senza schiavi che vagano da un punto all'altro della penisola, braccianti senza diritti ne dignità, vittime del "cattivismo" della Lega e del Ministro Maroni. Un'Italia talmente sicura di se, delle sue risorse, del suo patrimonio da non temere la novità dell'innesto. Un'Italia che non teme la consapevolezza di un'identità che sia un organismo vivente ad alta complessità e diversità. Un'Italia meticcia dove le persone contano perché sono persone e dove la democrazia si misura nella capacità de restituire umanità alle donne e agli uomini, qualunque siano il colore della pelle, la condizione sociale, la religione, l'orientamento sessuale. Un'Italia che abbandoni le strade della paura per solcare le piste di un futuro plurale, equo e socialmente inclusivo.”

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martedì 5 gennaio 2010

Solidarietà ai tre gemellini senza papà


Stamattina si sono incontrati don Gianluca Colato e Franco Bonfante per concordare le iniziative più idonee per aiutare Antonio, Diodato e Nicola Capaldo i tre gemellini che sono rimasti senza padre. Da informazioni assunte presso la Fondazione Madonna di Lourdes Onlus di Cerea che ha a carico i tre gemellini si possono aiutare Antonio, Diodato e Nicola Capaldo effettuando dei versamenti a
Cerea Banca Sede Centrale di Cerea (VR)
Codice Iban
IT83C0848159400000014010144
a favore di Fondazione Madonna di Lourdes Onlus di Cerea (VR)
causale contributo per i tre gemellini
Si invitano tutte le persone di buona volontà ad intervenire con dei contributi anche piccoli a favore della Fondazione per garantire ai tre gemellini una vita tranquilla.
Si riporta l’interpellanza presentata dal consigliere regionale Franco Bonfante in Regione per dare il proprio contributo a sostegno della famiglia.
CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO
TRE GEMELLI NATI ORFANI DI PADRE. LA REGIONE INTERVENGA IN VIA STRAORDINARIA.
presentata il 5 gennaio 2010 dal consigliere regionale Bonfante
Premesso quanto segue:
- Il 24 giugno 2009 sono nati tre gemelli: Antonio, Diodato e Nicola Capaldo;
- Il padre Antonio, piccolo imprenditore di Oppeano, purtroppo, è deceduto improvvisamente, all’età di 44 anni, mentre la moglie Mariana Burunsus era in attesa dei bambini;
- Da informazioni assunte dallo scrivente, sembra che il Tribunale dei Minori di Venezia abbia affidato i bambini (affido consensuale, in accordo con la mamma) alla Fondazione Madonna di Lourdes di Cerea, convenzionata con l’ULSS 21 per l’affido di minori;
- La signora Mariana lavora come cameriera presso un ristorante di Verona e la famiglia ha bisogno di sostegno economico;
- La particolarità della situazione venutasi a creare, che non necessita - si ritiene – di ulteriori specificazioni o commenti, induce il sottoscritto consigliere a chiedere a codesta spettabile Giunta regionale:
1) Se sia stata messa a conoscenza del caso illustrato in premessa;
2) Se ritenga di intervenire (in accordo con il Comune di Oppeano al quale copia della presente viene inviata), in applicazione della Legge regionale n.8 dell’11 marzo 1986 che ha introdotto l’art. 15 bis della Legge regionale n. 55 del 1982:“ Contributi ai Comuni per interventi economici straordinari o eccezionali” o nelle altre forme previste dalle vigenti norme ed eventualmente considerate più idonee."
Rivolgo un appello agli amici di Facebook di iscriversi al gruppo "SOS tre gemellini senza papà" per sostenere concretamente Antonio, Diodato e Nicola. 


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Franco Bonfante a favore dei gemelli rimasti senza papà


Articolo di Daniela Andreis pubblicato da L’Arena il 5 gennaio 2010
“Il consigliere Bonfante chiede interventi per una mamma di Oppeano che ha perso il marito prima del parto. Questa è la storia non di uno, ma di tre Bambin Gesù. Per quanto ci si sforzi di schivare la retorica della Natività che ha imperversato in questi giorni, come si può non pensare a questo parlando di Antonio, Diodato e Nicola, tre gemellini di sette mesi che non hanno mai visto il loro papà perché è morto tre mesi prima che nascessero e che ora si trovano, con la loro mamma - che di nome fa proprio Mariana - accuditi e accolti nella casa famiglia «Madonna di Lourdes»? Una casa ce l'avrebbero, la madre e i tre bambini, e si trova ad Oppeano. Ma da agosto hanno dovuto lasciarla e trasferirsi, su disposizione del Tribunale dei minori di Venezia e in accordo con la mamma, in affido alla comunità della Fondazione di don Gianluca Colato a Cerea. La signora Mariana da sola con i tre neonati non ce l'avrebbe mai fatta e soprattutto non avrebbe avuto, e non ha, abbastanza per loro, per le tre gocce d'acqua di un cielo a metà.
Metà del loro cielo, il papà, che si chiamava Antonio Capaldo, un piccolo imprenditore nell'edilizia, 44 anni, è morto improvvisamente ad aprile 2009. Allora la moglie aspettava i tre gemelli e il 24 giugno, sono nati, bellissimi e sanissimi. Se del caso si sono interessati subito i servizi sociali e l'Ulss 21, ora la situazione andrebbe presa in carico anche da altri enti, dal Comune di residenza e dalla Regione per esempio. Per questo il consigliere regionale Franco Bonfante ieri ha depositato un'interpellanza in cui chiede alla Giunta veneziana se si possa ricorrere, per questa famiglia spezzata e in difficoltà, ad una legge che stanzia contributi straordinari ai Comuni. Una copia dell'interpellanza è stata inviata, infatti, anche ad Oppeano.
«Ho conosciuto la storia dei tre bambini», racconta il consigliere Bonfante, «per puro caso. Ho partecipato alla messa di Natale nella chiesa di Palesella, di proprietà della Fondazione Madonna di Lourdes. Il parroco, don Colato, aveva pensato con la signora Mariana che nessun giorno sarebbe stato più giusto della notte in cui nasce Gesù bambino per battezzare i tre gemelli. È stata una cerimonia toccante, come si può immaginare».
Così, nei giorni successi, Bonfante si è informato sui quei piccoli, ha parlato con il parroco e ha scoperto che erano orfani. E che da qualche mese erano ospiti di Gianluca Colato.
«Sono andato a trovarli nella casa famiglia. Sono bellissimi. Ma a parte questo, hanno bisogno di aiuto, di un sostegno, che ci si muova subito per loro. La signora Mariana lavora come cameriera in un ristorante di Verona, ma non basta ovviamente». Evidentemente Mariana non ha potuto permettersi di lasciare il lavoro e di stare con i suoi tre gemellini, come molto probabilmente sarebbe successo se il marito non fosse morto. Però così è andata e la donna si è dovuta rimboccare le maniche e per qualche ora al giorno lasciare i suoi bambini nella casa famiglia. Alcune signore volontarie fanno la spola per occuparsi dei neonati, che ora hanno sette mesi: li cullano, li allattano, li cambiano. Tutto quello che richiedono i bambini, insomma: cibo, amore, attenzione, non oro, incenso e mirra. Doni veri, reali. Il momento è quello giusto, ma che i Magi siano davvero tali.”
Costruiamo una grande solidarietà per aiutare Antonio, Diodato e Nicola. Appena avremo delle informazioni più precise vi indicheremo come aiutare i tre gemellini.

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lunedì 4 gennaio 2010

Quando io ero piccolo: il calendario 2010

di Alberto Giarrizzo
“Raccontare le storie a un bambino, specialmente quando queste trattano della propria infanzia, aiuta a recuperare il calore e il valore dei ricordi, degli affetti e delle emozioni vissute. La nostra vita si dipana lungo un flusso ininterrotto di sensazioni, che ci attraversano e si stratificano nelle pieghe più recondite della nostra personalità. Le amicizie, gli amori, i rancori, i giochi di strada, le lotte, le botte, i pianti, gli eventi... ci plasmano in continuazione e ci ricreano ogni volta, rendendoci unici e per questo non replicabili, soprattutto relativamente a noi stessi. Siamo brani di memoria che diventano coscienza e materia viva, utili a scoprire il mondo. Raccontare se stessi a un bambino ci aiuta a capire ciò che siamo stati e quello che oggi siamo: da dove arriviamo, dove potremmo andare.
E' un esercizio piacevole, che cattura l'attenzione del bambino che ascolta, in quanto rivela 'insospettabile: anche noi siamo stati piccoli; anche noi abbiamo commesso errori; anche noi giocavamo e combinavamo guai; anche noi ci arrabbiavamo per futili motivi e ci divertivamo con le piccole cose. E' un modo per riscoprire il bambino che si agita ancora in noi e che abbiamo dimenticato, nel nome di un addomesticamento emotivo, che ci vuole seri e compassati, dimentichi della nostra svagata innocenza.
Il gruppo "Quando io ero piccolo..." è nato sulla scia di questi pensieri e dalla constatazione che a mia figlia piaceva ascoltare le storie della mia infanzia. Cominciai a raccontarle per farla mangiare. Per far in modo che, come sanno tutti coloro che hanno cresciuto o crescono figli, si distraesse, si concentrasse su qualcosa di diverso, rispetto a ciò che stava facendo in quel preciso momento. Le storie le piacquero a tal punto, che prese a chiedermele nei posti e nelle occasioni più disparate: in viaggio; per andare a dormire; a una festa. Non era per me semplice all'inizio, ma avevo il vantaggio che lei mi chiedeva sempre la stessa storia. E' tipico dei bambini, di fronte a una storia che li appassiona, chiederne la ripetizione in maniera sistematica e guai a sbagliare!
Via via che le storie prendevano vita e forma, dalle nebbie dei miei ricordi sbiaditi, mi resi conto che questo gioco mi piaceva e che sarebbe stato bello condividerlo con gli amici e con quanti avessero voluto avventurarsi nei meandri della propria memoria. Adesso siamo arrivati a quasi 1500 iscritti. Vorremmo essere ancora di più per acquisire credibilità e forza nei riguardi di un possibile editore, al quale affidare la pubblicazione e la vendita delle nostre storie. L'obiettivo comune, che vorremmo condividere con tutti gli iscritti, è di destinare i proventi alla Onlus "Annulliamo la distanza", che si occupa di bambini in Eritrea, un modo per aiutare i bambini più svantaggiati a vivere, con la stessa gioia e intensità, il tempo che hanno a disposizione per sentirsi meravigliosamente piccoli...”
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Il calendario 2010

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