sabato 6 marzo 2010

Arbitrato: Attacco all’art 18 dello Statuto dei lavoratori

Intervista a Pietro Ichino di Stefano Feltri, pubblicata da il Fatto Quotidiano il 6 marzo 2010
“Un marginale allentamento dei bulloni della macchina del diritto del lavoro”. Il senatore del Partito democratico Pietro Ichino, giuslavorista, professore alla Statale di Milano, riassume così il disegno di legge appena approvato in via definitiva al Senato che modifica le tutele per i nuovi assunti e, secondo quanto denuncia il sindacato della Cgil, si rivelerà un modo per aggirare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sul licenziamento e l’eventuale reintegro del lavoratore nelle aziende con più di 15 dipendenti.

Professor Ichino, perché e come questa legge indebolisce le tutele dei lavoratori?
La norma che consente di inserire la clausola arbitrale nel contratto individuale, nei settori non coperti da contratto collettivo, si presta effettivamente ad abusi. Ma non mi sembra questo il peggio della legge.

La Cgil, però, sostiene che in questo modo è a rischio l’articolo 18 e ha proclamato uno sciopero per il 12 marzo.
In linea teorica è vero. In pratica, però, questo rischio riguarda situazioni marginali di piccole imprese, dove non si applica il contratto collettivo, nelle quali già oggi il diritto del lavoro correttamente applicato è un’eccezione. E già oggi ci sono modi molto più facili e meno costosi di eludere l’articolo 18 e le altre protezioni.

Per esempio quali?
Oggi l’imprenditore spregiudicato che vuole eludere il diritto del lavoro può farlo semplicemente facendo “aprire la partita Iva” al lavoratore e simulando un rapporto di collaborazione autonoma. Questo è il vero attacco all’articolo 18, la vera destrutturazione del diritto del lavoro. Altro che la clausola arbitrale, costosa ed esposta a mille trappole. Sono pronto a scommettere che saranno pochissimi i casi di clausola arbitrale individuale attivati da questa nuova norma. Mentre le false partite Iva sono centinaia di migliaia o milioni.

Cosa cambia, per un lavoratore, nel portare le proprie controversie davanti a un arbitro invece che davanti al giudice del lavoro?
Innanzitutto il costo: il ricorso al giudice non costa nulla. Inoltre l’arbitro ha minori poteri istruttori del giudice.

Questa legge riguarda soltanto chi si prepara a entrare nel mercato del lavoro o i suoi effetti sono anche retroattivi?
Questa legge è un minestrone: 50 articoli, che trattano di tutto, dai lavori usuranti ai gruppi sportivi delle Forze Armate, dai permessi per i portatori di handicap alle aspettative per i Vigili del Fuoco, dai concorsi universitari alla dirigenza degli istituti di ricovero e cura. Alcune norme riguardano tutti, vecchi e nuovi. Quella sulla clausola arbitrale individuale riguarda soltanto i nuovi assunti.

Quali sono gli aspetti più negativi del provvedimento?
Il più grave è che la legge introduce l’arbitrato nelle controversie del pubblico impiego: questo rischia di consentire le peggiori malversazioni in materia di immissioni in ruolo e di promozioni.

E c’è qualche elemento positivo?
Francamente, in questa legge non ne vedo molti, né rilevanti. E anche quel poco di buono che ci si può trovare è vanificato dalla farraginosità e disorganicità del testo legislativo. Quando una legge è illeggibile, come lo è questa, non può fecondare la società civile a cui è destinata.

Quando si introducono norme che aumentano la flessibilità, si dice sempre che la contropartita sarà un aumento dell’occupazione. E’ così anche in questo caso?
Qui non vedo nessuna flessibilità. C’è solo un marginale allentamento dei bulloni della macchina del diritto del lavoro, una riduzione della sua effettività al margine. Ma noi non abbiamo bisogno di ridurre l’effettività del nostre leggi in questa materia: abbiamo bisogno semmai di un nuovo diritto del lavoro più adatto ai tempi e più effettivamente capace di applicarsi a tutti.

Il Partito democratico sembra essersi accorto di questa norma soltanto negli ultimi giorni. L’opposizione ha sottovalutato la portata del disegno di legge?
Non è vero: guardi nel mio sito tutto il dibattito su questa legge, nell’autunno scorso, quando è passata dal Senato in seconda lettura. Io, poi, ne ho scritto ben due volte sulla prima pagina del Corriere della Sera.

Qual è l’idea del mercato del lavoro che ha il governo, alla luce di questo provvedimento?
Il governo non ha un disegno organico di riforma del mercato e del diritto del lavoro; ed è proprio con questa legge-minestrone che lo ha dimostrato. Il governo continua a intervenire con ritocchi della disciplina “al margine”, riducendo o indebolendo le protezioni nella parte già oggi meno protetta della forza-lavoro. Così il regime di apartheid fra protetti e poco o per nulla protetti si aggrava. E il Paese continua a relegare le nuove generazioni nei bad jobs e a non investire sul capitale umano di metà dei suoi lavoratori.
Interviste a Pietro Ichino: Stampa 5 marzo, Secolo XIX 6 marzo Interventi di Pietro Ichino, Tiziano Treu e Enrico Morando
Documento dei giovani del PD di Verona

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