sabato 12 giugno 2010

Crisi economica e PA

Articolo di Pietro Micheli, membro della Commissione per la trasparenza, la valutazione e l’integrità delle pubbliche amministrazioni - 10 giugno 2010 http://www.pietroichino.it/?p=8763
In un periodo di crisi economica, la parola chiave per organizzazioni sia pubbliche che private è riduzione della spesa. Questo è considerato il migliore e quasi l’unico modo di garantire la sostenibilità economica. Sebbene questo non sia necessariamente così, si pongono comunque due interrogativi fondamentali: dove si faranno i tagli? E come avverranno?
La prima domanda attiene a quali funzioni saranno ridotte. Chiaramente, se si riducono risorse strutturali e umane, alcune funzioni organizzative saranno colpite, e questo avrà un impatto su prodotti e servizi. Non è immaginabile che tagli sostanziali non abbiano alcun effetto, come se si estirpassero delle erbacce da un prato fiorito (a proposito, se alcuni enti o funzioni sono davvero ‘inutili’, ci si chiede se fosse proprio necessaria una crisi internazionale per la loro eliminazione).
La seconda domanda attiene a quale periodo di tempo e, soprattutto, secondo quali criteri si otterranno i risparmi. In altri termini: dobbiamo rassegnarci all’idea che tagli indiscriminati siano dolorosi ma inevitabili, oppure esiste un metodo migliore per procedere? Un approccio più efficace esiste eccome, ma purtroppo è una rarità in Italia, soprattutto nella pubblica amministrazione. L’approccio è quello di fondare, almeno in parte, le nostre decisioni su dei dati robusti e appropriati che riguardino le performance organizzative. È attraverso questi dati che, finalmente, potremo uscire dalla trappola dei ‘tagli lineari di spesa’ o della riduzione indiscriminata degli stipendi dei lavoratori pubblici.
A ben vedere, sebbene la situazione sia critica, presentare l’azione di governo semplicemente come la richiesta di un sacrificio da parte di tutti – una specie di contributo solidale – non farà altro che nascondere i problemi sotto il tappeto. Il miglioramento della produttività e della qualità dei servizi pubblici rimarrà sempre un tasto dolente che riemergerà ciclicamente fin quando non si deciderà davvero di affrontare il problema nella sua interezza e complessità.
Un modo per fare questo è attraverso la misurazione e gestione delle performance: non secondo una prospettiva di controllo o sanzionatoria, come spesso presentata per terrorizzare i ‘fannulloni’. Bensì, come metodologia basata su evidenza fattuale e attraverso strumenti che sono già utilizzati in altri paesi da decenni. Questi sistemi sono stati usati con successo in organizzazioni private per ri-valutare la loro competitività, e parimenti le loro strategie e proposte di creazione del valore. Nel settore pubblico possono giocare un ruolo fondamentale nella ri-allocazione delle risorse, soprattutto quando c’è il rischio che misure restrittive possano penalizzare eccessivamente i servizi erogati.
Perché questi sistemi di misurazione funzionino è necessaria una vera determinazione da parte dei vertici politici e amministrativi affinché obiettivi strategici, obiettivi operativi e indicatori vengano effettivamente utilizzati per supportare i processi decisionali. Altrimenti, come accade nella maggioranza delle organizzazioni pubbliche italiane, non si andrà al di là di una sterile retorica manageriale, troppo spesso fine a sé stessa. Basta leggere le direttive dei Ministeri (quando disponibili) per rendersene conto!
Oppure possiamo decidere di rimanere placidamente adagiati su un modello di burocrazia ottocentesca con tutti i suoi adempimenti e le sue inefficienze – ma che nessuno si lamenti se in momenti di crisi i buoni e i cattivi saranno trattati allo stesso modo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Credo che non sia più tempo di parole. Occorre un progetto complessivo e al suo interno concrete leggi regionali e deliberazioni di province e comuni capoluoghi di regione e di provincia che affrontino il tema proposto. Se ce ne sono alcune già in atto si confrontino criticamente in un dibattito accessibile alla generalità dei cittadini per costruire eventualmente su questo tema una legge quadro nazionale non in contrasto con le autonomie locali.