mercoledì 29 settembre 2010

Luisa Trojanis: dall’Italia alla Lapponia

I cervelli in fuga è un tema ricorrente e conosciuto dagli italiani. Siamo un paese con un tasso di disoccupazione giovanile molto alto ed i giovani capaci quando hanno la possibilità di andare via dall’Italia per costruire il proprio futuro sono disponibili a partire. Luisa Trojanis, laureata in letteratura anglo-americana all’Università di Siena, non trovando spazio per iniziare la carriera universitaria si è impegnata nel settore turistico. Ha iniziato il lavoro come guida turistica nella Val d’Orca e successivamente è partita per la Lapponia.
Per conoscere l’avventura di Luisa le ho posto alcune domande.

Quali difficoltà hai incontrato in Italia?
Difficoltà comuni a molte persone. Il lavoro e la possibilità di fare le cose che piacciono con il giusto merito e riconoscimento. Nel mio caso, il relatore fu chiaro. Fare ricerca non era proprio possibile o comunque auspicabile in una situazione in cui non c’erano fondi a sufficienza per giovani di belle speranze. Forse sarei dovuta rimanere in Inghilterra dopo la borsa di studio all‘interno del progetto Erasmus ma non sempre si è pronti di cogliere il giusto valore delle cose quando ti capitano.

Per quale motivo hai scelto di andare in Lapponia?
Forse è la Lapponia che ha scelto per me. Si, direi così. All’inizio ero terrorizzata. La Lapponia era un posto bellissimo ma molto lontano dalla mia realtà. Cresciuta tra le dolci colline toscane, con un clima mediterraneo fatto di colori e profumi meravigliosi non avrei mai potuto affidarmi totalmente ad una realtà per così dire “monocromatica” di terre ghiacciate per la maggior parte dell’ anno. E invece mi sbagliavo. Ero piena di luoghi comuni, uno tra tutti che il freddo a detta di molti era insopportabile
Devo dire invece che il freddo fu di un attrattiva senza pari e determinante per le mie scelte future.
Il Jack London di letteraria memoria aveva ragione. Senza retorica, queste distese di neve e ghiaccio quasi azzurrine e le foreste di conifera e betulle infinite esercitano un richiamo a cui è impossibile resistere. Per queste terre ho provato subito amore.

Qual’è stato il tuo desiderio o sogno che hai seguito?
Non c’era un progetto ben definito all’inizio. Dopo l’Università avevo continuato a studiare usufruendo di molti corsi del Fondo Sociale Europeo che andavano a riempire il cassetto di carte che alla fine servivano a ben poco. Non dico che non siano validi ci mancherebbe, forse con me non hanno funzionato, non saprei dire. Quello che mi mancava era la pratica, l’esperienza e questa sete mai ancora appagata di curiosità e conoscenza. Quello che mi circondava non mi bastava e sentivo che c’era qualcosa di più che avrei potuto fare.
Così ho passato un periodo in Austria per imparare lo sci di fondo e poi in Palma di Majorca seguendo gruppi trekking. Ed infine sono approdata in Svezia dove c’è stato un vero e proprio rito di passaggio. L’ età della consapevolezza, direi.

Che attività svolgi in Lapponia
Una precisazione. Diciamo che uso il termine Lapponia per entrare facilmente e brevemente nell’immaginario collettivo. Dico Lapponia e tac, scatta un meccanismo per cui più o meno tutti capiscono di cosa stiamo parlando. In realtà mi trovo nella Lapponia svedese , nella contea dell’ Harjedalen a 700km da Kiruna dove inizia il circolo polare artico. La Lapponia è un territorio molto esteso che tocca vari stati tra cui anche Norvegia e Finlandia. Qui, al confine di stato tra la Svezia e la Norvegia abbiamo creato insieme al mio partner di lavoro un‘attività di tour operator che organizza pacchetti vacanza per turisti.
Tra le attività, sci di fondo – lo sport nazionale svedese per eccellenza – safari in motoslitta, slitte con i cani e in estate trekking, biking, canoa e kayak.

Puoi raccontare la tua esperienza di vita e di lavoro e le sensazioni che provi?
Le sensazioni sono molteplici. “ I tempi lapponi sono decisamente diversi da quelli che si vive tutti i giorni nelle città . Un vero è proprio “ battesimo della solitudine” come amo definirlo. Un contatto con e cose vere importanti, di base. Scopri che alla fine per vivere bene ti bastano quelle due o tre cose e che tutto il resto è superfluo e fa solo volume.

Sei presente in Facebook ed hai tanti amici. Quali sono i commenti e gli scambi con i tuoi amici in Facebook?
Facebook è davvero un mondo affascinante per chi ne fa un uso intelligente. Un mezzo sociologico straordinario e di grande potenza, a mio avviso. Ideale per i curiosi del genere umano, in generale. Per me ha costituito una sorta di “richiamo delle sirene” riportandomi a quel mondo da cui mi ero un pò distaccata partendo per la Svezia e perdendomi nei suoi laghi e foreste. Si, in Fb sono molto presente. Ho così tanto materiale da condividere, foto, video ed emozioni di tutti i giorni. Ma non solo, anche in Youtube ho un mio canale, digitando redfoxadventure. Sono video semplici, che giro da sola con la macchina fotografica e poi monto a casa.
Ricevo molte email ogni giorno e parlo molto in chat. L’argomento sono i sogni, inutile dirlo. Chi più o chi meno si ritrova ad un certo punto a fare due conti e vorrebbe cambiare vita. Mi scrivono molti giovani , appena laureati che cercano lavoro. Mi scrivono anche professionisti affermati stanchi di un vivere troppo stressante . Ma incontro anche tanti ragazzi delle scuole curiosi di sapere di Ginger, il nostro husky siberiano compagno di avventure e nostra mascotte. E poi tutto un popolo di sognatori che si riscoprono bambini e sognano le avventure di Jack London nel Klondike o sperano di rivivere le emozioni rincorse in “ into the Wild” nel film di Penn.

Mantieni i tuoi rapporti con l’Italia e come?
Sempre, certo. Mi mancano i profumi dei miei borghi, i colori delle mie colline e il cibo di mia madre. Tre cose a cui difficilmente potrei rinunciare.

La bassa crescita economica dell’Italia accompagnata dall’alto tasso di disoccupazione giovanile e dall’incapacità di valorizzare i talenti non offre prospettive di lavoro e di vita ai giovani, i quali sono costretti ad iniziare la costruzione del loro futuro all’estero.
Irene Tinagli in un articolo, pubblicato il giorno 28 settembre 2010 su La Stampa, analizza alcuni casi di giovani che, integrando alcuni prodotti artigianali made in Italy alle competenze (strategia, organizzazione, finanza, marketing), hanno rivoluzionato con successo il modello tradizionale dell’artigianato (chiuso, non innovativo) per realizzare un processo di industrializzazione di alcuni prodotti.
L'innovazione del prodotto, la creatività in settori tradizionali dell'Italia (esempio l'artigianato) ed altre competenze possono offrire al mercato dei prodotti competitivi vincenti. Questa è una via che può essere intrapresa dai giovani per agire globalmente.

Per conoscere le avventure di Luisa visita:
Sito web http://www.redfoxadventure.com/
Facebook facebook.com/luisatrojanis

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lunedì 27 settembre 2010

Articoli sulla PA in Sistemi @ Impresa

Vi comunico che ho aggiornato la raccolta Il cambiamento nelle PA che comprende i miei articoli, anche quelli più recenti, pubblicati su Sistemi @ Impresa.

La raccolta comprende i seguenti articoli:

- L’Organizzazione sociale al servizio dei cittadini. Il caso I.N.P.S. di Verona;

- Il cambiamento dell’Inps tra integrazione e decentramento. Le proposte dell’Inps di Verona;

- Ripensare il lavoro nei servizi pubblici. I progetti bottom-up dell’INPS di Verona;

- Organizzazione e lavoro nella Pubblica amministrazione;

- Informazioni e conoscenza;

- Il rapporto tra PA e piccole e micro imprese. Intervista a Annalisa Giachi, responsabile ricerche della Fondazione Promo PA.

Gli articoli trattano gli argomenti che sono divenuti oggetto di dibattito tra il Ministro Brunetta, professionisti della PA, i partiti politici, i sindacati e gli operatori pubblici.
Tra gli argomenti si ricordano: dai fannulloni all’assenteismo, dalla produttività al sistema dell’incentivazione, dalle nuove tecnologie dell’informazione al rapporto tra le imprese e la PA.

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sabato 25 settembre 2010

Spoil System a Verona

Dopo tanto tempo finalmente le designazioni nelle società partecipate dal Comune di Verona sono state effettuate con lacerazioni nel centro destra in quanto non tutte le nomine proposte dai partiti della maggioranza sono state confermate dal Sindaco Tosi.
La legislazione vigente in materia di nomine da parte degli enti locali attribuisce al Sindaco il potere di designare i candidati nelle diverse società di gestione dei servizi pubblici locali. Inoltre, nel comune di Verona vige la regola che le candidature ai diversi incarichi devono essere sottoscritte dai consiglieri comunali. Quest’ultima regola impedisce alle persone, alle associazioni ed enti (es. l’Università) di presentare candidature autonome dal sistema dei partiti e nello stesso tempo legittima indirettamente le candidature dei partiti attraverso la sottoscrizione delle candidature da parte dei gruppi consiliari. Dalla sottoscrizione delle candidature si evince chiaramente l’appartenenza dei candidati ad un partito.
Con tale sistema, spoil system e sottoscrizione delle candidature, si perpetua la lottizzazione del potere da parte dei partiti di maggioranza e di opposizione. Quest’ultima però è rappresentata solo nelle società costituite dal Comune e non in quelle costituite indirettamente (Atv, società costituite da Agsm).
Inoltre, il curriculum e la valutazione delle persone designate nei diversi consigli di amministrazione non sono oggetto di trasparenza. La valutazione scritta delle nomine non viene nemmeno effettuata.
Questo sistema di designazione conduce a privilegiare l’appartenenza politica e non la valutazione delle competenze con grave danno nella gestione dei servizi pubblici locali. Per coprire le inefficienze dei servizi si provvede ad aumentare le tariffe, le quali devono consentire il conseguimento di un utile che viene utilizzato dal comune per sopperire alla gestione di altre attività.
Il Segretario Provinciale del PD, Giandomenico Allegri, critica in modo duro lo spoil system praticato dal Sindaco e sottolinea la moltiplicazione delle direzioni generali in Atv e Amia con il relativo aumento di costi.
Occorre andare oltre l’attuale equilibrio ed introdurre una disciplina che preveda criteri oggettivi e verificabili di competenza ed indipendenza nelle designazioni dei membri dei consigli di amministrazione delle società partecipate degli enti locali.
Bisogna intervenire su due fronti:
- a livello nazionale con la modifica della legislazione vigente in materia di nomine al fine di introdurre nel sistema la cultura della trasparenza e della valutazione delle competenze;
- a livello locale con la eliminazione della regola del Comune di Verona che prevede la sottoscrizione delle candidature e con l’introduzione della valutazione scritta e trasparente delle candidature. Questo punto può essere realizzato a prescindere dalla normativa nazionale.
A livello locale il gruppo consiliare del PD deve rendersi promotore di tale iniziativa con una proposta chiara che raggiunga gli elettori veronesi, ponendo fine alla lottizzazione del potere che consente di nominare le persone in base all’appartenenza politica ed alla fedeltà al partito o alla componente di un partito.
Occorre modificare le regole comunali al fine di privilegiare la trasparenza e la valutazione delle competenze. Solo cosi si possono creare nuove prospettive per i servizi pubblici locali che devono essere gestiti unicamente per elevare la qualità della vita dei cittadini veronesi e non per altri interessi non condivisi dai cittadini.

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martedì 21 settembre 2010

Economia e etica, management, povertà

Una delle cause riconosciute da studiosi e scrittori della crisi economica attuale è stata la mancanza di valori etici nell’economia. Da questa crisi nascerà un nuovo equilibrio politico ed economico con nuove regole che dovrebbero comprendere i valori morali.
La massimizzazione del profitto in molti casi è stata la stella polare che ha guidato i manager nella gestione delle imprese sottovalutando la responsabilità sociale dell’impresa. Questo tema mette in discussione la formazione effettuata nelle business schools.
Un altro problema sottovalutato dagli stati e dagli imprenditori è quello della povertà che secondo Muhammad Yunus, l’inventore della banca dei poveri, si può nello stesso tempo conseguire il profitto e creare la ricchezza sociale a favore dei poveri.
Di seguito i libri che propongo alla vostra attenzione.

Cammilleri Rino, Gotti Tedeschi Ettore, Denaro e paradiso. L'economia globale e il mondo cattolico, Piemme, 2010
Il cattolicesimo non è mai stato contro le leggi del mercato, nè contro lo sviluppo. E, se fosse stato applicato nei suoi princìpi, oggi rappresenterebbe un valore indispensabile nella responsabilizzazione personale delle azioni economiche. È questa la tesi sviluppata dai due autori che attraverso argomentazioni semplici ed esempi concreti persuadono i cattolici che non ne fossero convinti - e i non cattolici - che la morale cristiana rappresenta in economia un potenziale vantaggio competitivo da esaltare e non da reprimere. Un manuale per uscire dagli schemi, che celebra la riconciliazione fra etica e mercato.

Noiville Florence, Ho studiato economia e me ne pento, Bollati Boringhieri, 2010
Diplomata nel 1984 in una delle più prestigiose business schools francesi, Florence Noiville pone in questo libro due domande fondamentali: le scuole economiche d'eccellenza hanno la loro parte di responsabilità nella crisi che sta devastando società e mercati? Sono state almeno in grado di preparare le élite di domani ad affrontare l'emergenza? Le risposte sono tutt'altro che rassicuranti: sì, le business schools sono colpevoli perché orientano esclusivamente al profitto, mettendo ai posti di comando manager nutriti di elitismo e cultura della prestazione; no, non hanno preparato ad affrontare il disastro perché si sono limitate a sopravvalutare il successo economico. Tra ricordi autobiografici e casi concreti, Florence Noiville traccia così una panoramica demistificatoria su alcuni disastri dell'economia attuale. Con la sua lucida analisi del fallimentare rampantismo di una generazione, la Noiville consegna al lettore una critica tagliente e ironica della legge del "profitto prima di tutto". Eppure, alla fine, un sogno rimane: quello di un insegnamento che prepari i nuovi dirigenti a evitare le trappole dell'euforia speculativa, che scardini i privilegi delle élite manageriali, in nome della responsabilità, e apra la strada a un capitalismo eticamente sostenibile.

Yunus Muhammad, Si può fare! Come il business sociale può creare un capitalismo più umano, Feltrinelli, 2010
La nuova scommessa di Muhammad Yunus sta nel pensare un capitalismo diverso, basato su imprese che abbiano per scopo non solo il raggiungimento del profitto ma anche la ricchezza sociale: il business sociale. Yunus entra nel merito degli esperimenti di business sociale avviati in questi ultimi anni, spiegando cosa ha funzionato e cosa invece è da cambiare, grazie alla sua capacità di sminuzzare i problemi in modo non convenzionale, parlando costantemente con i protagonisti, per ripensare di continuo convinzioni e procedure. Oltre al racconto dei primi passi dell'esperienza Danone in Bangladesh, si susseguono il delizioso racconto della vicenda della Mirakle Couriers di Mumbai, un'impresa con finalità sociali di consegna a domicilio gestita da sordomuti poveri, organizzati da un giovanotto che studia a Oxford. Oppure l'incredibile vicenda dei medici dell'Ospedale dei bambini di Firenze, che dopo aver messo a punto l'unica cura contro la talassemia a livello mondiale, dal 2007 stanno cercando di esportarne le pratiche anche negli angoli più poveri dell'Asia. O ancora la collaborazione fra la multinazionale francese Veolia e il mondo Grameen per distribuire acqua potabile depurata nel bacino dell'Himalaya dove l'acqua è sì abbondante, ma contaminata da tracce di arsenico di origine naturale. I primi passi concreti che realizzano il sogno di un capitalismo dal volto umano, etico e finalizzato al benessere sociale.

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sabato 18 settembre 2010

Economia Italia: Crescita lenta, Governo fermo

Finalmente da Confindustria nella persona del Presidente, Emma Marcegaglia, arriva un messaggio chiaro sull’economia dell’Italia e sul Governo: “La capacita di crescita dell’economia resta bassa, l’esecutivo deve concentrarsi su economia, crescita e occupazione”.
Emma Marcegaglia continua affermando che occorrono riforme strutturali per accelerare la crescita economica dell’Italia.
Il rapporto del Centro Studi di Confindustria evidenzia i seguenti dati reali e presunti della performance italiana:
- Pil 2010: 1,2%;
- Pil 2011: 1,3%;
- Posti di lavoro persi 450.000;
- Tasso di disoccupazione a fine 2011 9,3%
- Consumi fermi +0,4% nel 2010 e +0,7% nel 2011;
- Sommerso che rappresenta il 20% del Pil;
- Evasione fiscale che supera i 125 miliardi.
Inoltre, occorre considerare che:
- Il fatturato e gli ordinativi dell’industria italiana sono scesi nel mese di luglio: fatturato –2,9%, ordinativi -3%. Il confronto con il mese di luglio 2009 registra per il fatturato un aumento dell’8,9% e per gli ordinativi un aumento dello 0,7%;
- Il debito pubblico in Italia nel mese di luglio ha toccato il record di 1838,296 miliardi (17 miliardi in più rispetto a giugno) e le entrate tributarie sono calate del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2009 (dati della Banca d’Italia);
- Le prospettive occupazionali registrate da una inchiesta di Manpower posizionano l’Italia al penultimo posto con un -8%, avanti solo alla Grecia. In Europa si posiziona al primo post la Germania e nel mondo la Cina con un 51%;
- La produttività in Italia crolla di circa tre punti percentuali nel periodo tra il 2007 ed il 2009 (dati Istat);
- L’Ocse sottolinea che la disoccupazione giovanile in Italia è arrivata alla soglia del 25,4% (un giovane su 4 è disoccupato) con un aumento di 5 punti rispetto al 2007. Il 50% dei giovani che lavorano sono precari. Il tasso di disoccupazione è salito all’8,7% con un aumento rispetto al 2007 del 2,2%;
- Due milioni di giovani nullafacenti che non studiano e non lavorano senza una prospettiva certa del loro futuro;
- L'alto tasso di opacità (bassa trasparenza) e l'alto livello di corruzione in Italia non aiuta ad attrarre gli investimenti esteri ed aiutare la competitività del sistema Italia. Inoltre la riforma Brunetta della PA è passata in secondo piano e la spesa pubblica aumenta senza controllo.
Fin qui la fotografia della situazione economica dell’Italia. Le motivazioni che ci posizionano in una situazione difficile anche rispetto ad altri paesi che presentano un sistema bancario meno solido dell’Italia ed una incidenza della crisi finanziaria maggiore sono diversi.
A differenza della Germania e della Francia, che hanno approvato una manovra molto ampia di risanamento dei conti pubblici e sostegno alla crescita, l’Italia è intervenuta soltanto per porre sotto controllo il debito pubblico senza interventi e riforme strutturali finalizzate a sostenere la crescita economica e a razionalizzare la spesa pubblica.
La manovra economica dell’Italia si è caratterizzata per i tagli indiscriminati  tout court che, per quanto tali, non hanno distinto gli sprechi dalle spese produttive in settori strategici come il sapere (conoscenza, ricerca, scuola e università).
Senza riforme strutturali la spesa pubblica non è sotto controllo ed ha ripreso a crescere.
Per un lungo periodo si è sottovalutata la crisi della nostra economia per giustificare le misure economiche intraprese dal Governo: l’emergenza è finita, siamo fuori dalla crisi, occorre ottimismo. Adesso in queste condizioni, rappresentate in modo chiaro dai dati economici, si rischia di invertire la tendenza della lenta e debole ripresa dell’economia italiana.
La crisi del governo di centro destra e la mancata nomina del ministro allo sviluppo economico lascia l’Italia, ormai da diversi mesi, senza una guida per affrontare il problema prioritario: la crescita economica.
La convinzione del Ministro Sacconi, a differenza di tanti studiosi ed economisti illustri, condivisa nel centro destra che nei periodi di crisi non si debbano varare riforme blocca il sistema Italia. Infatti molte delle riforme annunciate dal Governo sono ferme nelle commissioni del Senato e della Camera dei Deputati. Si ricorda ad esempio: il disegno di legge sulla corruzione, sulla partecipazione dei lavoratori e sugli ammortizzatori sociali e tanti altri.
Spesso i rappresentanti del Governo ed il Ministro dell’Economia in particolare dichiarano che la difficoltà è rappresentata dalla mancanza di risorse. Questa è una falsa giustificazione in quanto le risorse per investire e sostenere l’economia si possono trovare attraverso:
- La tassazione delle rendite finanziarie al 20% con esclusione dei titoli di stato;
- Il riequilibrio della tassazione tra i ceti più deboli ed le persone più ricche. Con tale misura si aumenta anche la domanda di consumo;
- La tassazione delle transazioni finanziarie, cosi come è stato proposto da Visco e Bersani, almeno a livello europeo.
- La lotta all’evasione fiscale, rendendo trasparenti tutti i redditi cosi come avviene per i lavoratori dipendenti ed introducendo quelle misure introdotte da Prodi e Visco e che irresponsabilmente l’attuale Governo le ha eliminate.
In questa situazione il paese soffre e soffrono soprattutto i ceti più deboli, i disoccupati, i lavoratori precari e coloro che rischiano di perdere il posto di lavoro.
Ritengo che nel caso in cui il Governo si affidasse soltanto alle “libere forze del mercato”, senza introdurre riforme strutturali e cambiamenti, per superare la crisi economica l’equilibrio del sistema produttivo post crisi sarà meno competitivo e con una base occupazionale inferiore al periodo pre-crisi. Inoltre, se la crescita dell'economia in Italia si manterrà a questo ritmo ci vorrà molto tempo per ritornare al livello del periodo pre-crisi.

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giovedì 16 settembre 2010

Quale futuro per la Città di oggi?

Il sociologo polacco Zygmunt BAUMAN, in un libro che pone in discussione la vita quotidiana delle persone nelle Città, sostiene che quest'ultime «sono diventate delle discariche per i problemi causati dalla globalizzazione. I Cittadini e coloro che sono stati eletti come loro rappresentanti, vengono messi di fronte a un compito che non possono neanche sognare di portare a termine: il compito di trovare soluzioni locali alle contraddizioni globali». Il passaggio è tremendamente coinvolgente perché, oggi, la Città ha a disposizione gli strumenti per superare quelle incompatibilità imposte dal fenomeno della globalizzazione: sarebbe sufficiente compiere uno sforzo per individuare nuove politiche pubbliche. I bisogni della Comunità di riferimento possono, se si vuole, trovare ampia soddisfazione con azioni improntate all’erogazione di servizi di qualità ed efficienti. Comportamenti orientati in questa direzione devono, però, trovare adeguato fertilizzante nelle risorse prodotte da un terreno che abbia la capacità di sostenerli, senza perdere di vista la propria identità. Ad una domanda di servizi generata dal territorio che si governa, occorre rispondere con un’offerta di servizi per il territorio, per impedire che i sacrifici compiuti si disperdano altrove senza produrre gli effetti sperati. Ciò non significa chiudersi a riccio nella difesa estrema del campanile, con il rischio di essere schiacciati al primo rumore di fondo, semmai ampliare il campo visivo per acquisire piena conoscenza delle peculiarità del comprensorio circostante. Lo storico inglese Thomas FULLER asserì che «gli uomini, non le case, fanno la Città», che oggi è sempre più un bivio tra opportunità e frustrazioni, decadenza e sviluppo, benessere e paura, dove fioriscono problemi, ma, allo stesso tempo, può trovare residenza il più grande serbatoio di creatività per «rendere più umana la società degli uomini». In altre parole, prendendo a prestito uno slogan coniato da una multinazionale di successo, quello che dovrebbe fare un Amministratore locale serio, credibile e capace è pensare globale per agire locale”.
Emanuele Costa
John Naisbitt ha scritto che “con il rilancio delle logiche tribali in un mondo sempre più globale , il mantra della Nuova Era “Pensare globalmente, agire localmente” si è invertito”. Adesso prevale “Pensare localmente, agire globalmente” (J. Naisbitt, 1996).
Sullo sviluppo delle città è stato pubblicato un articolo molto interessante di Irene Tinagli.

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mercoledì 15 settembre 2010

Intervista a Pietro Ichino dopo le contestazioni di Milano

a cura di Luisa Ciuni, pubblicata su il Giorno - Quotidiano Nazionale il 15 settembre 2010
Professor Ichino, che cosa pensa di chi ha cercato di impedirle di parlare l’altro ieri sera, alla Festa Democratica di Milano?
Gli episodi come l’aggressione a Raffaele Bonanni a Torino e come il tentativo di ieri sera di non lasciarmi parlare fanno parte di un armamentario politico fallimentare, del quale la vecchia sinistra non si è ancora del tutto liberata.

Quale?
Quello che tende a demonizzare la persona che la pensa diversamente, a creare intorno ad essa un cordone sanitario, per evitare che possa aprirsi con lei una discussione vera, sulle cose. Ma chiudendo in questo modo la discussione ci si preclude di capire le idee altrui, di affrontare per davvero i problemi, di conoscere la realtà circostante. E la realtà va avanti senza attendere chi si comporta in questo modo.

C’è un effettivo problema “precari” nel nostro paese?
C’è un problema di vero e proprio apartheid nel mondo del lavoro tra protetti e non protetti. Sono troppi, ormai, i modi in cui un’impresa può decidere di eludere totalmente il diritto del lavoro: dal ricorso alla partita Iva all’appalto alla “cooperativa di lavoro”, a molte altre forme di simulazione.

C’è una maniera per rendere meno dura la vita dei precari facendo in modo che lavorino il giusto, invece che essere sfruttati?
Occorre un nuovo diritto del lavoro, che sia davvero applicabile a tutti i rapporti di lavoro sostanzialmente dipendente destinati a costituirsi da oggi in avanti, e che sia semplice, leggibile e comprensibile da parte dei molti milioni di persone chiamate ad applicarlo, e anche traducibile in inglese: perché, se vogliamo essere capaci di attirare il meglio dell’imprenditoria straniera nel nostro Paese dobbiamo rendere leggibile il nostro diritto del lavoro anche per loro.

Bellissimo programma. Ma non sembra facile da realizzare.
Ho presentato, con altri 55 senatori dell’opposizione, i due disegni di legge necessari per ridurre l’intero nostro diritto del lavoro a un codice di 70 articoli: sono i d.d.l. 1872 e 1873 dell’11 novembre 2009 (sono disponibili sul sito del Senato e sul mio). Si potrà dissentire su questa o quella soluzione che abbiamo proposto in un articolo o in un altro, e cambiarla. Ma il progetto dimostra che la cosa è non solo tecnicamente, ma anche politicamente possibile.

Una ipotetica strada verso un maggiore equilibrio di giustizia sociale è possibile?
E’ possibile, a patto che l’Italia torni a crescere. E per crescere l’Italia ha la necessità urgente e assoluta di aprirsi agli investimenti stranieri. Altrimenti, continuerà a prendere soltanto la parte cattiva della globalizzazione, cioè le delocalizzazioni e la concorrenza dei lavoratori dei Paesi emergenti nelle fasce professionali più basse, ma non la parte buona, che consiste nella possibilità di attrarre i migliori piani industriali e i relativi investimenti da tutte le parti del mondo.

Il segretario del PD di Milano, Roberto Cornelli sui fatti avvenuti alla Festa Democratica di Milano ha dichiarato: "Condanniamo fermamente quanto avvenuto ieri alla Festa Democratica da parte di una trentina di esponenti dei centri sociali che hanno tentato di impedire a Ichino lo svolgimento del dibattito in corso".
"Provocazioni, fischi e urla rappresentano, conclude Cornelli, una modalità di protesta inaccettabile segnata dall'intolleranza. La festa del Pd di Milano e' aperta, e' uno spazio democratico di incontri e dibattiti in cui opinioni diverse si confrontano liberamente. Il gruppo di antagonisti ha anche compiuto gesti vandalici contro lo stand dell'Aler ospite della festa. Un gesto che condanniamo fermamente".
Ritengo che i fatti di Milano sono da condannare senza alcuna giustificazione perchè non rappresentano un fatto democratico e, quindi, eliminano qualsiasi confronto e si muovono contro gli interessi del mondo del lavoro, il quale non può rimanere fermo ed ha bisogno di cambiamenti per conseguire una migliore giustizia sociale.

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lunedì 13 settembre 2010

Università e contesto in mutamento: la sfida della qualità

di Federico Testa  e Marta Ugolini, Università degli Studi di Verona

1. Introduzione
“Quando si ha a che fare con l’Università – diceva sempre il mio Maestro- ci si deve mettere in fila…”
“L’Università è di per sé il luogo dell’eccellenza, la nostra storia è lì a dimostrarlo..”
“La qualità delle nostre Università è testimoniata dal processo attraverso il quale l’Accademia seleziona i suoi componenti...”
“Sottopormi al giudizio di qualità da parte degli studenti?
I concorsi che ho superato sono di per sé la dimostrazione della mia qualità…”
“Affidare a qualcuno il potere di giudicare il mio operato significa ledere il fondamentale principio della libertà d’insegnamento!
Si comincia così, e poi ci sarà qualcuno che verrà a dirci cosa dobbiamo o possiamo insegnare….”
“Gli studenti, che competenze hanno per giudicare i docenti?
Nessuna, danno le valutazioni più elevate a quelli che fanno i simpatici, a quelli che promuovono tutti!
Ma io sono per il rigore e la qualità….”
“E poi smettiamola con questa storia dei clienti!
Noi non vendiamo panini o vestiti, noi trasmettiamo conoscenze!
E gli studenti sono lì per studiare ed apprendere, altro che clienti….”
Questi sono solo alcuni dei “ragionamenti” che è ancora facile sentire, tra le aule ed i dipartimenti, da parte di qualche docente (non tutti), quando si affronta il tema della qualità in Università. Un atteggiamento tra la lesa maestà e la supponenza, tra la difesa di casta e una sorta di terrorizzato “mettere le mani avanti” quasi a voler prevenire possibili osservazioni e critiche. Il tutto condito da una buona dose di rimpianto per i “bei vecchi tempi andati”, quando niente e nessuno pensava di mettere in discussione il tradizionale modus operandi.
Con questo lavoro ci si ripromette di fornire alcuni stimoli di riflessione in merito alla assoluta improcrastinabilità – per le nostre Istituzioni Universitarie – di un approccio fondato sulla qualità, nonché di illustrare alcuni strumenti che in relazione al servizio di formazione possono efficacemente supportare tale sforzo.

2. L’Università ed i mutamenti del contesto ambientale
Molteplici sono i fattori e le circostanze che, nell’ultimo quarto di secolo, hanno contribuito a modificare drasticamente le condizioni ambientali nelle quali si trova ad operare l’istituzione universitaria nel nostro Paese. Tra questi, alcuni vanno senz’altro ricordati, sia pure per sommi capi.
- La crescita demografica successiva al boom economico degli anni ’60 che, insieme al miglioramento della qualità della vita della popolazione, ha favorito l’enorme crescita della scolarità a tutti i gradi, Università compresa, ponendo a quest’ultima la necessità di trasformarsi da istituzione concepita per la formazione “di pochi” ad “Università di massa”. Questa tendenza, in coerenza alla quale sono stati concepiti e predisposti negli anni addietro piani di sviluppo volti ad adeguare le capacità di offerta alla crescente domanda, è stata consistentemente messa in discussione negli ultimi tempi dalla netta inversione subita dal trend di crescita della natalità. La ridotta natalità, pur accompagnandosi ancora ad un aumento del tasso di prosecuzione scolastica dalla scuola secondaria all’Università (peraltro legato, in specie in alcune aree, alle difficoltà del mercato del lavoro), rende non più verosimili, per gli anni a venire, buona parte dei progetti di sviluppo pensati – e spesso anche realizzati – nella fase precedente. D’altra parte, proprio sulla base della contrazione demografica attesa nella popolazione che si affaccerà all’Università negli anni futuri, per mantenere il numero delle immatricolazioni costante sui livelli raggiunti negli anni ‘90, l’indice di scolarizzazione universitaria dovrebbe arrivare nei prossimi anni, nel nostro Paese, ben oltre il 63%, con un aumento di quasi il 50%: prospettiva, questa, abbastanza irrealistica, e rispetto alla quale comunque più di un interrogativo sarebbe legittimo, se non altro in termini di scelte complessive rispetto alle dinamiche di scolarizzazione ed ai correlativi costi-benefici a livello di sistema-Paese.
- Il progressivo mutamento in atto nei meccanismi di finanziamento degli Atenei, a partire dalla legge 537/93, che ri-disegna in profondità la materia, capovolgendo il principio dei posti in quello del budget e del merito. Sostanzialmente ogni Ateneo sarà sempre più libero di decidere come ripartire le proprie spese, e responsabilizzato rispetto ai risultati raggiunti. Si comprende come le singole Università debbano “imparare” a governare condizioni di risorse scarse e, quindi, a porsi anche nell’ottica, per molti versi del tutto nuova, di “reperire sul mercato” eventuali risorse aggiuntive. Risorse addizionali possono essere generate da possibili risparmi o da maggiori entrate, vuoi per il corrispettivo dell'attività formativa, vuoi per il contributo di sostenitori esterni all'Università, vuoi per il conseguimento di performance migliori. In ogni caso è evidente che si introducono prepotentemente nel processo decisionale dell'Università i criteri di economicità, di produttività e di efficacia dei processi produttivi realizzati, siano essi quelli della didattica, della ricerca o dei servizi tecnico-amministrativi.
- Il mutamento sociale e culturale della popolazione che, anche grazie all’elevarsi delle condizioni di vita, comporta l’affermazione di stili e consuetudini che fanno della mobilità sul territorio una pratica consolidata che non incontra più le remore del passato, tipiche di società più “chiuse”. Ciò determina una profonda messa in discussione della situazione di sostanziale monopolio territoriale nel quale gli Atenei hanno sinora vissuto. “E’ la presenza stessa degli studenti a non essere più un fatto scontato – quasi che essi fossero dati in dotazione all'Università – ma piuttosto un obiettivo da raggiungere in competizione con altre sedi” . D’altra parte, caduta o se non altro di certo affievolita la remora alla mobilità territoriale per gli studenti, entrano in campo altre considerazioni che fanno diretto riferimento alla più attenta valutazione dell’investimento correlato alla decisione dell’iscrizione all’Università. Negli ultimi anni, infatti, ed in relazione al mutamento intervenuto nel meccanismo di finanziamento “centrale” delle Università cui si è sopra fatto cenno, il costo dell’iscrizione universitaria (le così dette tasse universitarie) ha subito un aumento considerevole, che già ora e comunque sempre più in prospettiva indurrà le famiglie e gli studenti a considerare con maggiore attenzione rispetto al passato i benefici connessi alla scelta di un corso di studi rispetto ad un altro, di un Ateneo rispetto ad un altro, in termini sia di “valore di mercato” del titolo conseguito, sia di concreta organizzazione del processo formativo (didattica e servizi di supporto) . Ciò in prospettiva contribuirà significativamente a rendere superato il concetto di bacino territoriale, cui in una logica monopolistica le Università hanno da tempo fatto riferimento nei propri piani di sviluppo.
Tutto questo, in sostanza, ha come immediata ed inevitabile conseguenza quella di portare in primo piano una delle componenti tradizionali dell’ambiente dell’Università: la domanda, nelle sue dimensioni quantitative e qualitative, come espressione delle esigenze dei vari “pubblici di riferimento” rispetto alle attività didattiche universitarie. Così, una considerazione del tutto nuova sono destinate ad assumere le aspettative rivolte ai singoli Atenei da parte degli studenti stessi e delle loro famiglie, degli studenti potenziali, di imprese, enti pubblici e privati, datori di lavoro diversi, istituti di credito, mass media, organizzazioni sindacali, comunità scientifica nazionale ed internazionale, cittadinanza nel suo complesso.
Rinviando ad altro lavoro la puntuale descrizione della natura delle relazioni tra ciascun singolo pubblico e l’Università, giova in questa sede sottolineare come, rispetto al dinamismo che caratterizza la domanda di alta formazione espressa dall'ambiente, l'Università si trovi nella condizione di dover esprimere una correlativa capacità di adeguamento .
Tale necessità deriva non tanto dall'obbedienza ad una astratta legge sistemica, che postula il mantenimento di un equilibrio tra dinamismo ambientale e azienda, quanto dalla concreta e reale esigenza di assolvere la funzione assegnatale dalla collettività, ovvero la preparazione delle classi dirigenti – intermedie ed elevate – del Paese, assicurando eque possibilità di accesso a tutti i cittadini.
L’Università, in quanto attore non esclusivamente tecnico-scientifico, ma anche sociale ha dunque bisogno di riscuotere il consenso da parte dei “pubblici” in relazione alla funzione ad essa assegnata dalla società. Tale consenso, la legittimazione sociale, costituisce il presupposto per l’esistenza dell’Università nella società, ma non è una risorsa illimitata ed indipendente dai comportamenti assunti : quindi anche l'Università deve mostrare di meritare nel tempo il consenso medesimo.
Sin qui le considerazioni che spingono verso un approccio che ponga al centro la domanda, componente dell’ambiente dell’Università che non sempre ha ricevuto, nel passato ed in ragione dell’affermarsi di una certa tendenza dell’istituzione all’auto-referenzialità, tutte le attenzioni che meritava.
Ma cosa significa concretamente mettere al centro la domanda, in attività come la didattica universitaria, che può considerarsi un servizio altamente complesso e peculiare, non assimilabile alle attività manifatturiere e nemmeno a servizi di natura commerciale?
È su questo che si proverà a fornire degli spunti nelle pagine successive.

3. Le peculiarità del servizio di formazione universitaria
Oltre alle complesse trasformazioni prima ricordate, altri fenomeni più puntuali stanno a testimoniare un progressivo venir meno del consenso all’Università come unica istituzione cui è deputata l’alta formazione: si ricorda, ad esempio, la comparsa anche nel nostro Paese delle cosiddette Corporate University; si pensi pure al periodico riaffiorare nel dibattito politico della proposta di abolizione del valore legale dei titoli di studio.
In sostanza le condizioni sono mature perché si inizi ad affrontare in modo laico e non più dogmatico la questione . Ciò significa che la legittimazione ad agire dell’Università nell’alta formazione dovrà derivare dalle capacità della stessa di elevare il livello qualitativo delle proprie prestazioni, mantenendosi in sintonia con le esigenze della domanda.
È possibile fare questo? E come?
L’approccio alla qualità dei servizi, sviluppato dai filoni di studi del Total Quality Management e del Service Management , costituisce un framework concettuale e metodologico adeguato.
Esso infatti si pone espressamente l’obiettivo del miglioramento della qualità attraverso l’adozione di strumenti specifici e allo stesso tempo può venire adattato per tener conto delle peculiarità della didattica universitaria, ovvero:
- l’essere un servizio altamente immateriale,
- l’essere un servizio professionale,
- l'essere un servizio connotato da asimmetria informativa.
La formazione universitaria è in effetti un servizio, ovvero un’attività che risolve un problema di un cliente ponendo quest’ultimo in contatto con qualcuno o qualcosa dotato di risorse e competenze utili per la soluzione o la gestione del problema. Ciò premesso, si tratta di un servizio ad alto grado di immaterialità, che necessita di elevate competenze professionali da parte degli erogatori, nella fattispecie docenti e personale di supporto.
L’elevata immaterialità del servizio di formazione universitaria comporta alcune conseguenze:
- questa non può essere valutata dallo studente prima della sua effettiva fruizione;
- il processo decisionale di scelta rischia di finire bloccato da ansie e paure;
- la garanzia fornita dal nome e dalla reputazione dell’Ateneo erogatore diventa una condizione essenziale per operare sul mercato.
D’altra parte la formazione universitaria è un servizio ad elevato contenuto professionale, il che significa che la sua produzione si basa proprio sulle competenze dell’erogatore e non su lavoro scarsamente qualificato o su tecnologie come avviene nei servizi “commerciali” (ad esempio pulizia, sorveglianza o noleggi).
Le competenze professionali necessarie per insegnare in Università poggiano le loro basi nel sistema di istruzione più avanzato (Dottorato), si costruiscono attraverso percorsi di mentoring pluriennali – si pensi all'avvio alla carriera dei giovani accademici – e devono essere alimentate continuamente tramite la pratica consapevole, le attività di ricerca scientifica ed il confronto tra colleghi.
Tutto questo implica anche che la formazione universitaria presenti una naturale asimmetria informativa che separa erogatori e fruitori: effettivamente gli studenti sono in grado di valutare solo in modo parziale la formazione ottenuta dai loro professori. I risultati del servizio di alta formazione andrebbero valutati non tanto nell’immediato ma anche a distanza di anni, da parte dei laureati e dei loro datori di lavoro, nonché delle comunità professionali e scientifiche nazionali ed internazionali.
La questione è quanto mai complessa, le considerazioni fatte suggeriscono che la preparazione, la capacità di ricerca, il rigore dei docenti universitari siano componenti di un profilo di qualità didattica complessiva che deve comprendere, accanto a queste variabili, la capacità di far apprezzare il lavoro svolto, di ispirare fiducia, di ascoltare gli interlocutori, studenti anzitutto ma pure soggetti esterni, di coinvolgere i docenti stessi in ruoli da protagonista. Questo profilo di qualità didattica complessiva può trovare opportuna collocazione all'interno dell'approccio che verrà illustrato nelle pagine seguenti.
In assenza di un approccio sistematico, la qualità rimane un attributo valutato internamente e in modo autoreferenziale in seno alla comunità dei professori universitari, con i problemi di legittimazione cui si faceva cenno sopra.

4. Un possibile approccio alla qualità dei servizi di formazione universitaria
L’approccio alla qualità dei servizi di formazione universitaria qui proposto si fonda su alcuni postulati:
a) Management by facts,
b) centralità dello studente,
c) partnership con soggetti esterni,
d) centralità del personale,
e) orientamento al medio - lungo periodo.

a) Management by facts
La tendenza all’autoreferenzialità che si manifesta fisiologicamente all’interno di comunità ad alto livello di professionalità come quella accademica può avere effetti negativi sulla razionalità dei processi decisionali. Al limite si può arrivare al predominio di criteri di scelta del tutto sganciati dai risultati effettivi, dalle performance e dall’analisi dei bisogni, in favore di logiche di potere e di perpetuazione dell’esistente, alimentate anche dalla intrinseca complessità organizzativa degli Atenei.
Pertanto il principio del Management by facts, presente nel Total Quality Management, impone di basare le decisioni non tanto su sensazioni o intuizioni o petizioni di principio, quanto su dati oggettivi e riscontrabili, per lo più quantitativi , interpretati alla luce del problema decisionale. Tali dati possono chiarire meglio il quadro della situazione e/o fornire elementi di controllo dopo che la decisione sarà stata messa in atto.
Basare le decisioni su dati e fatti sembra necessario sia a livello di governance centrale di Ateneo (Senato Accademico, Commissioni di Ateneo) sia a livello periferico (Facoltà e Corsi di Studi). Non sempre infatti chi vive quotidianamente una realtà didattica o di ricerca riesce a coglierne la sintesi con l’efficacia, talora brutale, dei numeri e delle cifre.
Cimentarsi con la dimensione anche quantitativa dei fenomeni può contribuire a lenire alcuni effetti dell’autoreferenzialità dei processi decisionali. In aggiunta, il Management by facts costituisce un’utile premessa all’introduzione della cultura della valutazione nel sistema universitario o quanto meno può far sì che la struttura didattica non resti completamente “spiazzata” di fronte a valutazioni esterne, come quelle dei Nuclei di Valutazione di Ateneo o di progetti nazionali ed internazionali.
b) Centralità dello studente
La tendenza all’autoreferenzialità nei processi decisionali si esprime, tra l’altro nella marginalizzazione dello studente universitario, naturale destinatario del servizio di formazione erogato dagli Atenei. A parte i richiami alla centralità dello studente presenti nei documenti istituzionali (Statuti e Regolamenti), la partecipazione degli studenti ai processi decisionali delle Università si esprime quasi esclusivamente attraverso il meccanismo della rappresentanza, che però non sempre riesce a mediare e tradurre efficacemente tutte le istanze e le esigenze degli studenti nelle loro molteplici “categorie” (studenti full-time e part-time, lavoratori, genitori, diversamente abili, stranieri ….).
Sono necessari allora strumenti che consentano di “ascoltare la voce” dello studente, in modo sistematico e non estemporaneo, per offrire servizi didattici e di supporto più utili, più essere vicini a chi li utilizza, per semplificare e rendere più trasparenti i processi amministrativi.
Questo non significa certo che le attività didattiche universitarie debbano modellare i propri contenuti sulle esigenze dello studente o perdere di rigore; si tratta piuttosto di prendere atto che nella società contemporanea tutto il complesso rapporto tra cittadinanza e pubblici servizi è interessato da un evidente e auspicabile mutamento nella direzione dell'ascolto, della trasparenza, della snellezza delle procedure .
c) Partnership con soggetti esterni
L’autoreferenzialità dei processi decisionali si manifesta infine con una chiusura rispetto alle esigenze di soggetti esterni, che guardano all’Università come al luogo dove si producono e si diffondono conoscenze ma poi sono obbligati a rivolgersi altrove, a società di consulenza e formazione, a centri di ricerca, ad esempio per vedere riconosciute le proprie istanze.
La situazione, potenzialmente pericolosa, può essere affrontata tramite forme di collaborazione (partnership) tra Università e soggetti esterni interessati (datori di lavoro, enti pubblici, istituti di credito e loro fondazioni, organizzazioni sindacali, sistema della Pubblica Amministrazione).
Nella didattica si tratta di attuare un coinvolgimento di detti soggetti nella progettualità dei corsi di studi, per la definizione delle esigenze formative e per la verifica delle condizioni di occupabilità dei laureati nel contesto socio-economico.
Ciò dovrebbe evitare o quanto meno ridurre il rischio di istituire corsi di studi del tutto avulsi dal mercato del lavoro, con pesanti conseguenze per i laureati, per le loro famiglie e per la collettività in generale.
La partnership con soggetti esterni implica anche il loro coinvolgimento attivo per l’organizzazione di attività propedeutiche all’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro, come stage e tirocini, presentazione di ruoli professionali e sbocchi occupazionali, attività pratico-lavorative organizzate in Università con docenti esponenti del mondo professionale.
d) Centralità del personale
L’importanza del ruolo del docente per la qualità della didattica è talmente evidente da risultare scontata. Tuttavia non sempre il docente universitario viene messo in grado di svolgere in modo incisivo tale ruolo, così da aumentare l’efficacia del suo lavoro didattico.
Le difficoltà con cui si confrontano i docenti nelle Università vanno dalle carenze strutturali (mancanza di aule o di attrezzature adeguate), all’affollamento eccessivo, alla spersonalizzazione delle relazioni con gli studenti, all’inadeguato supporto amministrativo che costringe i docenti al “fai da te” su tutti i fronti, anche per le attività più banali. Le energie e l’entusiasmo rischiano dunque di disperdersi di fronte a tali ostacoli.
Viceversa, il principio di centralità del personale richiederebbe che i docenti, ma anche gli impiegati tecnici-amministrativi, fossero messi in condizione di “prendere decisioni, costruire relazioni e intraprendere azioni per aumentare i livelli di soddisfazione della clientela” . In sostanza la responsabilizzazione delle persone dovrebbe far sì che vengano a galla le infinite capacità dell'uomo nel risolvere problemi, contribuendo così a migliorare la qualità anche in condizioni di risorse non abbondanti.
e) Orientamento al medio-lungo periodo
La visione di lungo periodo impone di anteporre la qualità ai risultati immediati , magari espressi in termini di finanziamenti ministeriali o di incremento di organico dell'Ateneo o della Facoltà. La convinzione di fondo dovrebbe essere che la qualità, alla fine, paga sempre.
Certo questo orientamento richiede che chi governa l'Ateneo o la Facoltà abbia una capacità di visione oltre l’immediato o oltre l’orizzonte del mandato elettorale ricevuto, per saper identificare una missione chiara, distintiva e motivante per il personale.
Evidentemente non è semplice motivare persone intellettualmente raffinate come gli accademici, tuttavia non dovrebbe essere impossibile, se si considera che una certa dose di idealismo fa parte del profilo caratteriale ideale del professore universitario.

5. Alcuni strumenti
Perché le considerazioni appena esposte non rimangano su un piano di principio, ma esprimano la loro valenza pratica, si illustreranno senza pretesa di esaustività alcuni strumenti manageriali applicabili per il miglioramento della didattica universitaria.
Nello specifico, al Management by facts corrisponde lo svolgimento sistematico di attività di intelligence (analisi dell'ambiente e del mercato) volta a comprendere il divenire della domanda di formazione universitaria, le scelte della concorrenza (altri Atenei e istituti di alta formazione), la normativa, l'ambiente economico e la tecnologia.
Tale attività prevede una funzione di ricerca e diffusione delle informazioni tra i vari livelli decisionali interessati, centrali e periferici, anche tramite la creazione di piattaforme informative e informatiche condivise, ad accesso più o meno riservato.
Maggiori dosi di dati e fatti nel sistema decisionale, come prescrive il Management by facts, richiedono che chi è chiamato a prendere decisioni si doti di una “alfabetizzazione” statistico-matematica, se non altro per non mettersi in completa balia di esperti o sedicenti tali che diventano in grado di pilotare le scelte attraverso la manipolazione dei dati.
Il postulato della centralità dello studente richiede che l’Ateneo impieghi strumenti di ascolto organizzativo, al di là dell’ascolto empatico che si può verificare nei contatti personali, vis-à-vis, tra personale universitario e studente. Tali strumenti comprendono l’analisi e la risposta ai reclami formalizzati, le indagini sulla soddisfazione degli studenti (student satisfaction) e le indagini sui bisogni ed aspettative di studenti attuali e potenziali.
Al primo posto, in ordine di importanza tra gli strumenti di ascolto organizzativo si collocano le indagini di student satisfaction. Queste infatti consentono di esprimersi a tutti gli studenti, in genere frequentanti le attività didattiche e completano il quadro, generalmente piuttosto fosco, delineato dai contenuti dei reclami o di eventuali contenziosi legali.
I risultati delle indagini di student satisfaction, laddove positivi, dovrebbero essere utili sia per fluidificare le relazioni con i soggetti esterni, sia per motivare e valorizzare il personale docente e amministrativo.
Laddove vi fossero risultati negativi, si otterrà una visione nitida delle aree critiche su cui è opportuno intervenire, eventualmente anche con una comunicazione che spieghi agli studenti le ragioni di eventuali ritardi, disservizi o carenze strutturali.
I reclami formalizzati possono invece essere letti alla stregua di «eventi sentinella», gravi errori che non si sarebbero dovuti verificare, su cui indagare per ricercarne le cause, piuttosto che i colpevoli. Segnalazioni e reclami vanno attentamente considerati perché sono in genere la spia di una più ampia diffusione del problema. La gran parte degli studenti cerca infatti in genere soluzioni “in proprio”, magari assediando alcuni professori o impiegati particolarmente disponibili. Per presentare un reclamo occorre che lo studente nutra una buona dose di fiducia nell'Università, nella correttezza degli interlocutori e nella possibilità di risolvere effettivamente il problema, per sé e per altri studenti.
Un ulteriore modo per incoraggiare gli studenti ad esprimere apertamente le proprie opinioni è la predisposizione di schede di segnalazione e di una cassetta per i suggerimenti, nei locali delle Facoltà.
Oltre all'ascolto degli studenti, altre attività andrebbero attuate per tenere sotto controllo dei comportamenti che sono sintomo di insoddisfazione e disaffezione. Ci si riferisce qui alla necessità di monitorare i trasferimenti di studenti ad altri Atenei, con la realizzazione di periodiche ricerche sui motivi delle defezioni. E’ probabile che in questo modo che i soggetti responsabili dell’Università abbandonata facciano interessanti scoperte sui veri problemi della propria organizzazione.
In aggiunta, andrebbero tenute sotto controllo le situazioni di studenti a rischio di abbandono, come quelli “dormienti” ovvero che non sostengono esami da un certo periodo di tempo.
Come è stato evidenziato , la decisione di abbandonare raramente deriva da una posizione chiara ed irrevocabile; la maggioranza degli studenti sperimenta una interruzione temporanea, senza esplicitamente rinunciare agli studi. Esiste spesso un periodo, durante il quale un’appropriata azione svolta dall’istituzione universitaria potrebbe produrre dei risultati. Si ritiene anche che un contatto individuale con ciascun studente – ad esempio, una lettera che invita ad un incontro personalizzato – potrebbe aiutare a ricostruire la relazione interrotta.
La necessità di attivare partnership con soggetti esterni, in relazione alla progettualità dei corsi di studi, può trovare una soluzione organizzativa nell'istituzione di Comitati di Indirizzo che possano interagire con i soggetti decisionali accademici sia in fase istitutiva sia nella gestione a regime del corso di studi, sia in occasione di importanti modifiche all’assetto didattico. Ovviamente si porrà il problema della composizione di tali Comitati di Indirizzo, bilanciando le contrapposte esigenze di rappresentare il maggior numero possibile di soggetti esterni interessati e di assicurare una ragionevole snellezza ai comitati stessi. E’ quasi superfluo sottolineare che ai Comitati devono prendere parte i soggetti dotati di poteri e responsabilità in merito ai corsi di studi, altrimenti i suggerimenti e le indicazioni dati dagli interlocutori esterni rischiano di restare lettera morta.
Con un ruolo diverso,di tipo relazionale-sociale, potrebbero essere coinvolte e attivate le associazioni degli Alumni, i laureati o comunque ex studenti della Facoltà o del Corso di Studi. Queste associazioni forniscono servizi, ad esempio organizzano incontri o diffondono newsletter per mantenere i collegamenti tra l’Università e i suoi laureati. Inoltre spesso supportano i neo-laureati e costituiscono un ambito nel quale si formano nuove amicizie e relazioni di business tra persone che hanno un background di istruzione superiore comune. Il collegamento con le associazioni dei laureati può essere un importante veicolo per la raccolta di fondi da parte degli Atenei o meglio ancora delle singole Facoltà.
Gli strumenti per responsabilizzare il personale, soprattutto docente, sul miglioramento della qualità della didattica dovrebbero contemplare, quanto meno, una revisione critica dei criteri di valutazione su cui si costruiscono, attraverso i concorsi, le carriere degli accademici. Le capacità didattiche, i risultati, l’impegno nella docenza dovrebbero infatti essere valutati, se non alla pari dei meriti scientifici, comunque con un peso maggiore rispetto alla situazione attuale. Questo esige che la Facoltà, quando esprime il proprio giudizio sull’operato dei docenti, ad esempio in occasione delle conferme in ruolo, non rinunci alle valutazioni nascondendosi dietro le “formule di rito” dei verbali dei Consigli.
Sembrerebbe anche utile cercare, all’interno delle comunità scientifiche, di valorizzarle come luogo per la crescita di competenze didattiche, per la condivisione di esperienze tra colleghi dello stesso ambito disciplinare e per scambi di materiali e metodi. Sicuramente la funzione delle comunità scientifiche uscirebbe arricchita da questa contaminazione tra ricerca e didattica.
Infine l’adozione di un orientamento al medio lungo periodo nelle scelte dovrebbe pragmaticamente passare attraverso la definizione per l'Ateneo di un posizionamento competitivo sostenibile nel tempo, distintivo e sensato rispetto alle Università “rivali”.
Posto che non tutti gli Atenei italiani possono mirare a collocarsi ai vertici delle classifiche di eccellenza nella ricerca, probabilmente vi sono ancora buoni spazi per chi punta ad una didattica di qualità, in grado di avere indubbie ricadute sul territorio.
In definitiva, il miglioramento della didattica universitaria costituisce un problema cui si può cercare di dare una risposta attraverso principi e strumenti del Total quality Management e del Service Management.
Le azioni da intraprendere sono parecchie, tengono conto delle peculiarità della didattica universitaria come servizio e nessuna di esse sembra preludere ad un abbassamento degli standard qualitativi di preparazione e impegno. Gli sforzi fatti in questa direzione veicolano anzi a tutti i membri della comunità accademica il valore della centralità degli studenti. Lo studente viene per primo, come la ragione d’essere dell’istituzione universitaria; l'approccio alla qualità è lì per ricordarlo.

Il problema delle buone idee
è che degenerano velocemente
in duro lavoro
P. Drucker

1 Pur essendo il lavoro frutto di riflessioni comuni, in sede di stesura finale i paragrafi 1 e 2 sono da attribuirsi a Federico Testa, i paragrafi 3, 4 e 5 a Marta Ugolini.
2 In questo caso, la situazione che si potrebbe creare è quella di uno squilibrio tra offerta e domanda, con conseguenze negative sul livello di efficienza del sistema, conseguenze che saranno peraltro tanto più gravi quanto più difficile, rigido, si presenterà il processo di ri-allocazione delle risorse coinvolte.
3 Ottenuto rapportando gli iscritti al 1° anno nell’istruzione universitaria alla popolazione di 19 anni.
4 Cfr. M. MARIGO, Sulla via del cambiamento, «Notizie per dialogare. Informazioni per il personale dell'Università di Verona» n. 1, 1996, p. 3 che prosegue ricordando che "come forse è noto solo in apparenza, senza studenti non c'è Università, in quanto sono i ragazzi i veri destinatari di tutto quello che viene fatto in qualsiasi unità organizzativa dell'ateneo, ovvero, in definitiva, la ragione di esistere della struttura accademica. Una volta conquistata la preferenza degli studenti, è essenziale saperne conservare la fiducia attraverso l'offerta di servizi, didattici e di supporto, all'altezza delle esigenze sempre crescenti sia in termini quantitativi che qualitativi. Non sembra più accettabile, in sostanza, un modello di Università-istituzione chiuso al suo interno, incapace di dialogare con i suoi interlocutori, gli studenti in primis, di rinnovarsi dinamicamente".
5 “Dal punto di vista dell’efficienza, il fatto che gli studenti siano chiamati a contribuire, per quanto in misura parziale, al loro finanziamento stimolerà le Università alla ricerca sistematica della soddisfazione dei propri utenti e questi ultimi a esercitare un maggior controllo sociale sulla quantità e qualità dei servizi ricevuti, che impareranno ad apprezzare per il loro valore oltre che ad utilizzare in modo responsabile”. P. COSTA, Tasse, contributi e diritto allo studio, in «La sfida dell'autonomia universitaria», Atti della Conferenza nazionale CRUI, Cleup Editrice, Padova, 1995, pp. 91-102.
6 Sul concetto di “pubblico di riferimento” cfr. P. KOTLER, Al servizio del pubblico, Etas Libri, Milano, 1978, p. 24 e s.s.
7 F. TESTA, La carta dei servizi: uno strumento per la qualità nell’Università, Cedam, Padova, 1996, p. 83 e s.s.
8 Cfr. in questo senso P. DAUMARD, Valutazioni e management pubblico: il caso delle Università, «Problemi di Amministrazione Pubblica», n. 3, settembre 1991, p. 537. L’Autore sottolinea, nell'ambito di un più generale riferimento al settore pubblico, che l'Università non può "restare indifferente alle evoluzioni ed alle pressioni esterne, e che il cambiamento deve pur raggiungerla. Ben più che una moda, si tratta di una tendenza di fondo che imposta in modo nuovo la riflessione sul settore pubblico ed il suo management".
9 Inoltre, va sottolineato come la legittimazione sociale sia una risorsa delicata, la cui evoluzione è particolare, nel senso che essa sembra permanere fino al momento in cui, apparentemente all'improvviso, viene a mancare. Essa è infatti soggetta a movimenti di lungo periodo, quasi impercettibili, che nel tempo si accumulano fino ad un punto di rottura in cui gli effetti negativi si manifestano in maniera dirompente, lasciando ridotti margini per il ristabilimento di condizioni di "normalità". E' quindi molto importante rilevare e tenere conto dei segnali deboli che fanno percepire le variazioni nel livello di questa risorsa.
10 Cfr. con riferimento al mondo delle imprese municipalizzate C. BACCARANI, Controllo di mercato e legittimazione sociale dell'impresa, «Quaderni di Sinergie», n. 8, 1992, pp. 40-41.
11 E.W. DEMING, L’impresa di qualità, Isedi, Torino, 1989; J.M. JURAN,. La perfezione possibile; IPSOA, Milano, 1989; C. GRÖNROOS, Service management and marketing. A customer relationship management approach, Wiley, Chichester, 2000; R. NORMANN, La gestione strategica dei servizi, Etas Libri, Milano, 1992.
12 J. RAANAN, T.Q.M. for Universities: Can We Practice What We Preach?, paper presented at «Toulon-Verona Conference, University Management By Total Quality,» Toulon University, 3-4 september 1998.
13 J.J. DAHLGAARD, S.M. PARK DAHLGAARD, From defect reduction to reduction of waste and customer/stakeholder satisfaction (understanding the new TQM metrology), «Total Quality Management », vol. 13, n. 8, 2002, pp. 1069 – 1085.
14 Si ricorda al riguardo l’emanazione dell’ormai storica Legge sulla trasparenza amministrativa (L. 7 agosto 1990 n. 241) che consente al cittadino l’accesso agli atti amministrativi. Particolare significato assume la Direttiva del 27 gennaio 1994 che introduce la Carta dei Servizi nei principali servizi pubblici.
15 B. SPENCER, Modelli organizzativi e gestione della Qualità Totale, «Sviluppo & Organizzazione», n. 149, maggio-giugno 1995, p. 63.
16 K. ISHIKAWA, Guida al controllo qualità, Franco Angeli, Milano, 1991.
17 In linea di principio nulla vieta che tali indagini vengano estese anche agli studenti non frequentanti, tramite interviste a distanza, questionari on line, ecc.
18 G. MONACI, Gli abbandoni degli studi universitari in Lombardia, Franco Angeli, Milano, 1992.

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giovedì 9 settembre 2010

Federico Benini, Festa Democratica di Borgo Nuovo

La Prima Festa Democratica del Circolo Enzo Biagi è riuscita da ogni punto di vista, grazie alla partecipazione dei cittadini, alle persone che si sono impegnate, alla collaborazione ricevuta dagli altri circoli ed alla presenza degli ospiti.
Ho posto alcune domande a Federico affinchè possiamo conoscere il pensiero di chi ha voluto con tenacia la Festa.
Come è nata l’idea della festa democratica ed eravate coscienti dell’immenso impegno che occorreva per la buona riuscita della festa?
Quando ho presentato il programma per la candidatura a coordinatore di circolo la festa era uno dei punti del programma. Su quel programma sono stato votato e mi sono impegnato per rispettarlo. Non sarebbe però stato possibile fare nulla se il circolo non fosse stato così unito.

Quali sono stati i problemi burocratici che si sono presentati e che avete risolto?
Non ci sono stati particolari problemi, anche se la parte burocratica è sempre molto lunga e ostica.

Avete ricevuto collaborazione dagli altri circoli della città e vi siete avvalsi della loro esperienza?
Colgo l’occasione per ringraziare personalmente gli amici del secondo circolo, in particolare Fausto Speri, Enzo Righetti, Stefano Manfrini, Paolo Pertegato, Giuseppe Zangrandi e Lorenzo Serpelloni. Senza di loro nulla sarebbe stato possibile. Non avremmo nemmeno iniziato. Ringrazio anche per l’aiuto Gianni Corsini e Ivano Cocchio che hanno aiutato con il montaggio.

Racconta alcuni episodi allegri che si sono verificati durante la festa?
Nonostante lo stress, è innegabile che un po’ tutto il circolo si sia divertito. La serata di Rosy Bindi, dove siamo stati messi a dura prova dal punto di vista organizzativo, in cucina ne sono successe delle belle. Per descrivere certi momenti bisogna solo viverli.

Ritengo che i rapporti umani tra le persone del circolo che hanno collaborato alla festa siano migliorati e per quale motivo ed in che modo?
Stando insieme ci si conosce. Stare insieme per un obiettivo comune è molto di più. E solo questo è sufficiente per stare bene insieme.

Quali sono gli avvenimenti politici che ti hanno colpito di più e che hanno coinvolto i partecipanti?
Ovviamente la serata con Rosy Bindi è stata spettacolare dal punto di vista politico. Purtroppo non ho potuto seguire con attenzione tutti i dibattiti politici, ma da cittadino e da residente della terza circoscrizione credo che la serata con gli amministratori del terzo circolo sia stata quella più significativa.

Un bilancio della festa in termini politici?
Per una settimana intera il nostro circolo era presente sui giornali locali. E’ stata una festa molto politica (nel bene e nel male), quindi sotto questo punto di vista il bilancio non può che essere positivo. Inutile negare che siamo stati molto fortunati: sono arrivati tutti gli ospiti che abbiamo invitato e le serate sono state organizzate bene. Ritengo sia un dato importante che per due sere su cinque abbiano partecipato al confronto politico gli amministratori del centro-destra.

E per il prossimo anno farete il bis della festa considerata l’esperienza che avete maturato?
Non si deve mai tornare indietro.

Si riportano alcuni commenti relativi alla Festa Democratica di Borgo Nuovo.
Arturo Cioffi. Sono stato "cliente" assiduo della Festa (ci vogliono anche quelli, se no...) e ringrazio vivamente tutti quelli che hanno progettato, organizzato, lavorato (ci vogliono soprattutto loro, se no...).
Belle le iniziative politiche.
Mancava il popolo del Villaggio, però. Era migrato al Saval a ballare.
Vedete, da sempre ho detestato i "parassiti del liscio" perché da decenni vengo alle feste per incontrare amici e compagni, parlare e cenare con loro, ed ora ho potuto farlo senza farmi assordare da mazurke ed altre lisciate.
Per inciso, bravissimi i tre ragazzi che hanno suonato.
Riconosco però che una festa su misura per chi la pensa come me alla fine non risulta gremita. Bisognerà ingoiare il rospo e dare un contentino anche a chi ha gusti diversi dai miei e che non è stato ancora privato del diritto di voto.
Bravi tutti
Andrea Guadagni. Un ringraziamento particolare va a Federico , il nostro coordinatore che ci ha creduto fino in fondo. E’ vero che tutti eravamo preoccupati per la riuscita , ma dobbiamo riconoscere che Federico ci ha messo anima e corpo , anche nei momenti di difficoltà non ha esitato ad andare avanti. Credo che la “pazzia” di un ragazzo giovane ha insegnato qualcosa ad ognuno di noi.
Grazie e ancora grazie Fede
Giorgio Di Filippo. La felicità per una festa. Mi permetto di portare alla vs. attenzione alcune mie riflessioni che sono state mie compagne durante le sere in cui ho frequentato la " 1^Festa Democratica Circolo Enzo Biagi"
In questo periodo siamo bombardati da mille parole: tutti ci dicono cosa sia il giusto e dove si trovi il male, quale sia il nemico da combattere e le soluzioni per una vita più serena.
Parole.. parole…... ma nessun contatto personale, nessun pensiero personale, nessuna chiamata veramente personale: quel contatto che ci fa sentire accolti, noi con la nostra vita e i nostri dubbi, con le nostre incertezze e i nostri limiti Poi può accadere un fatto, un episodio, che ci fa scoprire, o meglio riscoprire, il gusto della condivisione, il gusto di vivere insieme con altre persone una festa.
Episodio che mi ha reso felice: giovani adulti insieme che testimoniano come esiste ancora la gratuità del servizio- Anch’io ho vissuto i momenti in cui speravo in un futuro migliore, in cui aspettavo un futuro migliore.
Tutti i volontari che nelle varie forme e capacità e possibilità hanno contribuito alla realizzazione della nostra “1^ Festa Democratica Circolo Enzo Biagi” hanno dato testimonianza che la speranza per un futuro diverso inizia OGGI con l’impegno nel costruirlo, non solo con le …..parole parole……., ma con fatti concreti, fatti sì di piccoli gesti (cassa, bar, essere camerieri, montatori e smontatori, fonici, etc), ma sono gesti che possono riempire il cuore di una persona, perché scopre che i suoi valori le sue idee non sono “sole”. L’andare ad una festa è anche questo: scoprire di non essere soli a credere che una società diversa e più giusta sia possibile.
Questa è stata la mia felicità durante la nostra festa.
Concludo ringraziando di cuore tutti nessuno escluso, ma lasciatemi poter esternare un ringraziamento particolare: sono estremamente orgoglioso di essere in questo circolo ed avere un segretario come Federico.
Suvarna Palleschi. Grande Fede. Sei stato molto molto in gamba ad organizzare questa bella Festa Democratica. Complimenti ancora
Ciro Pinna. mi hai ricordato quando da ragazzo collaboravo con le mitiche feste dell' unita' di quartiere...che tempi..
Massimiliano Veronesi. Sottoscrivo pienamente. Aver ricordato Enzo Biagi è un grandissimo gesto. Bravissimi. Con la bimba piccola non riesco a venire fino alla festa ma magari il prossimo anno,ci vengo a fare un giro.
Carla Agnoli. Complimenti a tutto il Circolo Enzo Biagi. Bravissimi!
Adina Agugiaro. Siete magnifici , un abbraccio dai padovani.
Vi sono tanti altri commenti positivi che non posso pubblicare altrimenti non finisco più. Comunque grazie degli incoraggiamenti ed al prossimo anno.

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mercoledì 8 settembre 2010

Motorcity senza deroghe alla programmazione regionale

Ieri mattina si è svolta la conferenza stampa su Motorcity organizzata da Franco Bonfante, vice presidente del consiglio regionale Veneto, che ha presentato una proposta di legge regionale al fine di riportare il progetto Motorcity nei limiti dimensionali della grande distribuzione e non in deroga a tutte le norme in materia di programmazione commerciale regionale.
All’incontro hanno partecipato anche Laura Puppato, capo gruppo consiliare del PD in regione e responsabile del forum ambiente del PD, Giuseppe Civati, consigliere regionale Lombardia, Maurizio Fontanili, Presidente della Provincia di Mantova.
“Abbiamo presentato una proposta di legge molto breve, ha dichiarato Franco Bonfante, per ripristinare la legalità nel campo del commercio. Nel 2005 con l’inganno, per fortuna io non c’ero, è stata approvata una legge regionale inaudita nella quale si dà l’autorizzazione ad un centro commerciale il più grande in Europa alle porte di Verona di 190 mila mq di superficie, ciò vuol dire che tutti gli 11 centri commerciali della provincia di Verona messi assieme non raggiungono tale superficie ma arrivano 150 mila mq”. “Tutto questo in deroga alla normativa programmatoria regionale, continua Bonfante, è una cosa folle che metterà in ginocchio il piccolo commercio di Verona città e provincia e distruggerà 4 milioni di metri quadrati di aree coltivabili e di risorgive, creerà una cattedrale nel deserto che dopo poco fallirà. Non creerà assolutamente posti ma ne porterà via ad altri. Quindi, siamo assolutamente contrari e la proposta di legge è una sfida a Zaia che ha dichiarato recentemente in una intervista al Corriere della Sera che lui è contro i grandi centri commerciali e contro gli outlet perché questi portano ormai solo povertà, falliscono e non hanno futuro. Bene lo dimostri approvando la nostra proposta di legge.
Subito dopo è intervenuto il Presidente della Provincia di Mantova, Maurizio Fontanili che illustrato l’impatto ambientale in tutto il nord est ed i problemi di viabilità e trasporti che si creeranno in quanto Motorcity richiamerà 60 milioni di persone su strutture inadeguate. Da informazioni indirette Fontanili ha dichiarato che Coopsette vorrebbe uscire dal progetto.
Giuseppe Civati nel suo intervento ha dichiarato che “Motorcity rischia di diventare il simbolo della devastazione del territorio per futili motivi diremmo noi, cioè motivi evidentemente molto fondati dal punto speculativo ma molto poveri dal punto di vista ambientale e della sostenibilità della qualità della vita dei nostri territori più belli. La cosa fondamentale della politica contemporanea è la trasparenza e la possibilità di controllare le decisioni o almeno di conoscerle e nel caso di Motorcity non si capisce bene quali siano state”. Si fatica, ha concluso Cibati, a risalire ai momenti decisionali, a chi ha finanziato una serie di progetti e a chi li sostiene in modo particolare. Anzi in questo caso Zaia, visto che fa rivoluzioni, una piccola rivoluzione la faccia a Vigasio e a Trevenzuolo”.
Laura Puppato, responsabile del forum Ambiente del Partito Democratico ha sottolineato che “stiamo chiarendo una volta per tutte come il PD sia attentissimo a questioni che hanno a che vedere con il territorio nel senso più vero del termine perché se ne parla troppo a sproposito. Per territorio è bene considerare quella parte di territorio, ormai poca o pochissima, che rimane scoperta dal punto di vista dell’urbanizzazione selvaggia e incontrollata che c’è nel nostro veneto. Sentiamo la necessità di garantire anche per le future generazioni un’area salubre e pulita. La possibilità ulteriormente mai considerata nelle politiche urbanistiche di questo Veneto di valutare opportunamente le conseguenze in termini di viabilità e di salute alle scelte che vengono perpetuate oggi”. Da questo punto di vista il PD, ha continuato Puppato, si sta con tutto il gruppo regionale posizionando in maniera chiara per un adeguato controllo del territorio e per una attivazione dal punto di vista artigianale, industriale e commerciale che veda il rispetto del limite che il pianeta ci chiede in termini di attenzione alla mobilità ed in termini energetici. Quindi, abbiamo dato il via sostanzialmente ad una stagione diversa che ci veda finalmente più vicini ad un modello europeo, ad un modello internazionale evoluto che vede oggi proprio questi temi al centro degli incontri internazionali ed una attenzione da parte della politica più lungimirante, più capace di visione, di guardare avanti con una logica che non è quella dello sviluppo fine a se stesso ma con una logica di sviluppo associato al principio del benessere”.
L’incontro è stato molto importante e segna un momento decisivo per ripensare Motorcity è sottoporlo alle regole della programmazione regionale senza privilegi e scorciatoie che farebbero pagare un prezzo molto alto in termini di vivibilità, salute e sviluppo sostenibile al territorio interessato (Verona e Mantova) ed alla regione Veneto.
Sono intervenuti il portavoce di Lega Ambiente e Vincenzo D'Arienzo, capo gruppo consiliare del PD in Provincia Verona, che si è distinto per le sue battaglie in Consiglio Provinciale contro Motorcity.
Corriere della Sera 30 aprile 2010 Dichiarazione di Luca Zaia

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lunedì 6 settembre 2010

Incontro sul progetto Motorcity

Il Partito Democratico ha organizzato un incontro sul progetto Motorcity al quale parteciperanno:

- Franco Bonfante, consigliere regionale Veneto e vice-presidente del consiglio;

- Laura Puppato, consigliere regionale Veneto e capo gruppo consiliare del PD;

- Giuseppe Civati, consigliere regionale Lombardia;

- Maurizio Fontanili, Presidente della Provincia di Mantova.

L’incontro si terrà martedì 7 settembre alle ore 11,30 a Verona presso il Liston 12 di Piazza Bra.
Qui il resto del post Franco Bonfante, vice-presidente del Consiglio Regionale del Veneto, ha presentato una proposta di legge per ricondurre il progetto Motorcity nei limiti dimensionali della grande distribuzione e non in deroga a tutte le norme in materia di programmazione commerciale regionale. La proposta di legge è stata firmata anche da Laura Puppato, capo gruppo del consiglieri regionali del PD, Diego Bottacin, Giuseppe Berlato Sella, Bruno Pigozzo e Roberto Fasoli.

L’incontro è importante per conoscere le reali possibilità di ripensare l’intervento Motorcity che se attuato avrà effetti devastanti nel territorio della provincia di Verona e Mantova.

Dopo l’incontro seguirà l’aperitivo.

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domenica 5 settembre 2010

Nomine a Verona

Oggi nei giornali locali sono stati pubblicati alcuni articoli che riguardano la gestione delle società partecipate dal Comune di Verona. Uno di questi riguarda Gianluigi Soardi che si è dimesso da Presidente dell’Atv in quanto indagato dalla Procura della Repubblica per rimborsi e spese di rappresentanza e l'altro riguarda Aldo Brancher, il quale ha riunito gli esponenti politici a lui vicini per accelerare sulle nomine nelle società partecipate dal Comune di Verona. Nonostante le ben note vicende giudiziarie di Aldo Brancher sembra che a Verona non si dia importanza a tali avvenimenti.
Le due notizie sono correlate in quanto la prima avrebbe dovuto far riflettere il centro destra, Aldo Brancher e le persone a lui vicine che la probità, la trasparenza e la competenza sono fattori essenziali per procedere alle nomine nelle società partecipate dal Comune di Verona nell’interesse dei cittadini. Al contrario gli avvenimenti per il centro destra sono indipendenti e prosegue nella lottizzazione del potere tra i partiti e le componenti dei partiti di maggioranza.
Abbiamo assistito quest’estate ad un dibattito politico prolungato, stucchevole e di basso profilo sulle nomine nelle società partecipate del Comune di Verona in quanto è stato caratterizzato dall’occupazione del potere ed in questo contesto nessuna voce si è alzata ad invocare le competenze professionali delle persone che andranno a ricoprire le cariche nei consigli di amministrazione.
I criteri seguiti nelle nomine sono la fedeltà, l’appartenenza, lo scambio di favori e altro.
Lo spoils system introdotto assegna al Sindaco il potere di nomina nelle società partecipate e, quindi, la responsabilità di scegliere persone capaci professionalmente. Il Sindaco Tosi nonostante i poteri che gli sono stati attribuiti dalla legge aspetta che i partiti del centro destra si mettano d’accordo e gli consegnino l’elenco dei designati senza alcuna valutazione nel merito delle candature.
Un altro problema non meno grave è rappresentato dal fatto che gli esponenti nominati dal centro destra ricoprono una pluralità di incarichi e spesso tutti retribuiti. Il cumulo delle cariche per il centro destra non rappresenta un problema etico. La regola che vale è quella della fedeltà ai potentati di turno al fine di fare carriera politica magari in molti casi retribuita.
- Giovanni Miozzi: Presidente della Provincia, Sindaco di Isola della Scala e consigliere di amministrazione della società Acque Veronesi;
- Fabio Venturi: vice-presidente della Giunta Provinciale e Presidente della 5^ Circoscrizione;
- Gianluigi Soardi: Sindaco del Comune di Sommacampagna e Presidente dimissionario di Atv;
- Loris Marini: vice-presidente della 6^ circoscrizione e amministratore unico di Agsm distribuzione Srl;
- Luca Zanotto: Presidente della 3^ circoscrizione e vice-presidente della società Auto-brennero.
- Simone Falco: sindaco di Nogara e consigliere della Provincia di Verona;
- Gualtiero Mazzi: sindaco di Sona e assessore provinciale.
Questi sono solo alcuni casi ma ve ne sono tanti altri.
E’ possibile che la Lega nonostante il vasto consenso ricevuto gestisce il potere attraverso il cumulo delle cariche?
Forse vi sono poche persone competenti oppure ci si affida alle persone più fedeli che eseguono gli ordini del Sindaco Tosi senza riflettere o discutere.
Da indiscrezioni giornalistiche si è appreso che i presidenti delle società partecipate dal Comune non verranno riconfermati. Qual’è il motivo?
Sono stati tutti capaci e, quindi, verranno promossi o hanno gestito male l’incarico che gli è stato conferito.
Nonostante che le nomine nei consigli di amministrazione siano scadute ed il caso Soardi si continua come prima senza alcun cambiamento.

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