martedì 30 novembre 2010

Immigrazione in Italia


a cura di http://www.quattrogatti.info/
In Italia tutti parlano di immigrazione, ma la conoscenza generale del fenomeno passa spesso attraverso una serie di idee preconcette e casi di cronaca non rappresentativi, sebbene a forte impatto mediatico.
Ma è vero che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani e ne fanno abbassare i salari?
E' vero che hanno fatto aumentare la criminalità?
Con questo lavoro, basato su una nostra precedente presentazione, vogliamo analizzare l'immigrazione partendo da dati effettivi. Questa volta abbiamo deciso di realizzare un video professionale per essere ancora più chiari e diretti. Speriamo così di contribuire al dibattito in corso e a fare chiarezza sulla questione di fondo: "L'immigrazione in Italia è una risorsa o una minaccia?"

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domenica 28 novembre 2010

La trasparenza ha funzionato e l’indipendenza è saltata

Editoriale di Pietro Ichino, senatore del Partito Democratico, pubblicato nel suo sito web
In queste ore mi giungono molti messaggi, da altrettanti lettori/elettori che su questo sito nei due anni passati hanno seguito passo passo le vicende della riforma delle amministrazioni pubbliche, ora attoniti di fronte al comportamento dei due suoi principali protagonisti denunciato nelle mie interrogazione; e ancor più di fronte alle loro sconcertanti risposte. Tanto il ministro quanto il presidente dell’Autorità indipendente per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza delle amministrazioni pubbliche, hanno mostrato di avere un concetto molto vago dell’indipendenza, della valutazione e dell’integrità; e questo non può non gettare un’ombra molto scura sul futuro della riforma.
Eppure almeno una cosa di quella legge, in questa vicenda, ha in qualche modo funzionato: la trasparenza. In forza di questo principio, sia il ministero sia la Civit hanno dovuto mettere on line le consulenze conferite, i corrispettivi previsti, gli oggetti del tutto incongrui (relazione al ministro, “… digitalizzazione nei Paesi terzi”!), le identità e i curricula dei pretesi consulenti, rendendo così possibile il sindacato ispettivo da parte del parlamentare; ma non soltanto da parte sua: chiunque altro avrebbe potuto rilevare e denunciare le stesse malversazioni. Ancora in forza di questo principio di trasparenza la Civit non ha potuto esimersi dal rispondere almeno in parte all’interrogazione rivoltale, così mettendo a nudo uno dei due gravi episodi di clientelismo di cui essa stessa - per compiacere un ministro - si è resa responsabile (sull’altro, la consulenza assegnata all’avv. Miceli, la Civit ha preferito invece tacere: e qui la violazione della trasparenza costituisce confessione ancor più eloquente della risposta che avrebbe dovuto esser data).
Chiunque sia il ministro o il capo dell’Autorità indipendente, il principio della trasparenza totale ora è legge dello Stato. Ogni cittadino, e per primi gli osservatori qualificati - giornalisti, ricercatori, associazioni dei cittadini e degli utenti -, devono imparare a far valere quel principio e a farne tutto l’uso possibile. Ogni cittadino ha diritto di conoscere ogni atto, ogni documento, ogni dato inerente all’attività di una amministrazione pubblica, sul quale non vi sia un provvedimento di secretazione; e deve imparare a esercitare intransigentemente questo diritto. Anche dove non sarà l’internal audit delle amministrazioni pubbliche a stanare e denunciare le malversazioni, potrà e dovrà essere il civic audit a farlo. Ogni gestore della cosa pubblica deve essere consapevole di operare costantemente sotto gli occhi dell’opinione pubblica. Dobbiamo supplire con un sovrappiù di partecipazione al deficit di civic attitudes del ceto politico e del management pubblico. Solo così possiamo sperare di attivare anticorpi sufficienti per combattere il malaffare dilagante, per guarire il nostro Paese da questa malattia mortale che lo affligge: il difetto di cultura delle regole.

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Federico Testa prosegue nella sua testimonianza

Saltano le designazioni per l’Autority dell’Energia. Nel precedente articolo avevo scritto che “vi saranno non poche difficoltà a confermare in Commissione Attività Produttive e Industria di Camera e Senato le designazioni fatte dal Governo”. L’incertezza delle nomine ha indotto il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, a comunicare con una lettera al Presidente del Consiglio la sua decisione a rimanere alla guida dell’Antitrust fino alla scadenza naturale.
Le interpretazioni di diversi quotidiani che hanno imputato il blocco delle nomine al mancato accordo sulla nomina del presidente dell’Antistrust sono vere solo in parte in quanto l’area di dissenso in commissione attività produttive e industria si è allargata sulle nomine per l’Autority per l’Energia e, quindi, Catricalà non voleva rischiare una bocciatura.
“Mi sono dimesso da responsabile per l’energia del PD, spiega Federico Testa, (componente della commissione attività produttive) perché ritengo quelle nomine poco valide. Per di più hanno aperto un pericoloso fronte sull’Antitrust: per questo abbiamo deciso di far mancare il numero legale al momento del voto”.
''La lettera di Catricalà è l'ennesimo esempio dei danni causati al Paese dal conflitto di interesse di Berlusconi e dalla condizione di totale confusione ed ingovernabilità della maggioranza''. Lo afferma Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, sottolineando che ''l'ostinazione del presidente del Consiglio a imporre il suo uomo di fiducia alla presidenza dell'antitrust impedisce scelte istituzionalmente corrette. Ora e' necessario mettere al centro del processo di selezione i principi di indipendenza, autorevolezza e professionalità, innanzitutto, escludendo il passaggio di componenti o presidenti da una authority all'altra. A tal proposito, conclude Fassina, il rientro della candidatura di Catricalà evita l'ulteriore indebolimento delle authorities''.
Le dichiarazioni di Fassina sono condivisibili in linea di principio ma occorre che il Partito Democratico indichi delle nuove persone competenti ed indipendenti altrimenti le accuse che vengono rivolte a Berlusconi si rivoltano automaticamente contro il PD.
Adesso vi sono nuove condizioni per valutare responsabilmente la questione delle nomine, fare autocritica e scegliere dei professionisti indipendenti e competenti.
Ritengo che la posizione di Federico Testa, parlamentare del PD e persona competente del settore, possa rientrare se il PD decide con responsabilità e coerenza secondo le indicazioni dichiarate da Stefano Fassina.
Il PD deve scegliere tra due soluzioni:
- riconfermare la fiducia a Termini e Biancardi in rappresentanza del PD o di una sua componente;
- privilegiare gli interessi del paese con persone che mettano al servizio dell’Autority per l’Energia competenze ed indipendenza.
Ritengo che la seconda soluzione è quella più giusta per risolvere i problemi del paese.
Occorre inoltre intervenire per alzare il livello qualitativo delle nomine da parte della maggioranza.

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sabato 27 novembre 2010

Brunetta e Martone piegano l’indipendenza della CiVIT

Pietro Ichino, Luigi Zanda ed Enrico Morando, senatori del Partito Democratico, hanno presentato una interrogazione al ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta su un contratto di consulenza affidato a Michel Martone, figlio di Antonio Martone, presidente della commissione per la valutazione, l’integrità e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche (CiVIT). Tale contratto rende evanescente il principio dell’indipendenza della Civit dal Governo.
Questa interrogazione associata alle altre presentate in precedenza (lettera dei senatori PD, richiesta di dimissioni,  interrogazione sulle consulenze della Civit) crea seri problemi alla permanenza di Antonio Martone alla presidenza della CiVIT in quanto è coinvolto in notizie ed eventi che portano discredito alla commissione ed alla sua garanzia ed indipendenza.
Si riporta l’interrogazione presentata al ministro per la Funzione pubblica.
Premesso che:- a quanto risulta dai dati pubblicati dallo stesso Ministero della Funzione pubblica, esso ha stipulato un contratto di consulenza con il prof. Michel Martone, avente per oggetto “la valutazione degli aspetti giuridici inerenti alla fattibilità degli interventi in materia di digitalizzazione ed informatizzazione del settore pubblico nei Paesi terzi”, contratto che prevede un corrispettivo pari a euro 40.000 per il 2010;
- è peraltro fatto notorio che il prof. Michel Martone è figlio del dott. Antonio Martone, presidente della Commissione per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza delle Amministrazioni pubbliche (Civit), ovvero dell’Autorità indipendente preposta anche a funzioni di garanzia del corretto funzionamento dell’intera Funzione pubblica;
si chiede
- preliminarmente, se il ministro non ritenga gravemente inopportuna la stipulazione da parte del suo Dicastero di un contratto di questo genere con un parente stretto del presidente di un organismo il quale dovrebbe caratterizzarsi per l’assoluta indipendenza rispetto al Governo;
- nel merito, se il ministro non ritenga gravemente inopportuno lo stanziamento di 40.000 euro per una consulenza su di un tema di nessuna urgenza e di poco apprezzabile rilievo, quale quello dei problemi giuridici della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche di Paesi terzi, nello stesso periodo in cui la stretta finanziaria imposta dal ministro dell’Economia costringe il Governo a tagliare i finanziamenti per la sanità pubblica, la scuola, la ricerca, l’assistenza alle persone non autosufficienti, la conservazione del patrimonio artistico del Paese, e molti altri servizi essenziali;
- in quali documenti si sia concretata fino a oggi la consulenza in questione.
La risposta del portavoce del portavoce del Ministro
Alle interrogazioni parlamentari siamo soliti rispondere nella sede istituzionale idonea, e non tramite comunicati stampa. Non vogliamo però lasciare insoddisfatta la smania di conoscenza del senatore Ichino, che chiede conto al ministro Brunetta di un incarico di consulenza al professor Michel Martone, professore ordinario di Diritto del lavoro presso l’Università degli Studi di Teramo. Un rapporto di collaborazione iniziato nel luglio dell’anno scorso e poi formalizzato a decorrere dal 1° settembre 2009. All’integerrimo Ichino non interessa però conoscere né il suo curriculum né, tantomeno, la natura e qualità del lavoro che svolge per Brunetta. Gli è sufficiente rivelare al mondo intero come egli sia soprattutto il figlio del professor Antonio Martone, presidente della Civit. Saremmo quindi di fronte al deprecabile episodio di un padre che, forte delle sue amicizie influenti, è riuscito a ’sistemare’ il proprio pargolo adorato nientemeno che nel gabinetto del ministro Brunetta… Ben scavato, vecchia talpa! O forse no, se solo si riflette che la nomina di Antonio Martone e degli altri componenti di Civit è successiva di diversi mesi alla consulenza del figlio… Sorge allora un dubbio: che sia stato allora quest’ultimo a raccomandare suo padre?
La replica del senatore Pietro Ichino
Il portavoce del ministro non risponde ad alcuna delle domande contenute nella mia interrogazione. In particolare: - nulla dice circa la grave inopportunità di questo rapporto di consulenza, stante l’indipendenza (formale e sostanziale, apparente ed effettiva, istituzionale e personale) che dovrebbe caratterizzare la figura del presidente della Civit rispetto al ministero della Funzione pubblica; - nulla dice circa la gravissima incongruenza tra il costo di questa consulenza, la scarsissima urgenza e rilevanza del suo oggetto (la digitalizzazione amministrativa nei Paesi terzi!) e la stretta finanziaria imposta all’intero Paese dalle misure adottate dal Governo; - nulla dice, infine, circa il risultato pratico della consulenza (la quale si protrae dal settembre 2009, essendo stata rinnovata con identico oggetto nel gennaio 2010): la legge Brunetta impone che sia reso immediatamente e integralmente accessibile ogni documento - if any - in cui il lavoro del consulente si sia concretato. Ci attendiamo che il ministro Brunetta rispetti rigorosamente la legge Brunetta.

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giovedì 25 novembre 2010

PD: tangenziali a pagamento a Verona

La Lega ha presentano in Provincia un progetto che utilizzando la Mediana eviterebbe il pagamento del pedaggio sulla tangenziale Sud. La posizione ha suscitato polemiche nel Pdl. Adesso occorre aspettare per sapere se la posizione della Lega è propagandistica o rappresenta una chiara posizione responsabile.
Sul problema delle tangenziali a pagamento il Partito Democratico ha organizzato oggi una conferenza stampa alla quale hanno partecipato: Vincenzo D’Arienzo, segretario provinciale del PD Verona, Franco Bonfante, vice presidente del consiglio regionale del Veneto, Roberto Fasoli, consigliere regionale, e Alice Leso, consigliere della provincia di Verona.
Gli intervenuti hanno sottolineato che il Partito Democratico nel novembre del 2008 e successivamente a febbraio del 2009 ha presentato la seguente proposta con allegato il disegno progettuale:
"Per la nuova autostrada va studiato un percorso alternativo a quello proposto. Anziché transitare in città, sulla tangenziale sud, è possibile dare soluzione ad una richiesta territoriale di collegamento tra l’ovest e l’est della provincia. Pertanto, è da valutare l’ipotesi che la nuova autostrada venga deviata da est di Castelnuovo del Garda verso sud e, quindi, aggirare a sud est Valeggio sul Mincio ed a sud ovest Villafranca per innestarsi sulla mediana a nord di Mozzecane e, conseguentemente, sulla nota ipotesi progettuale della Mediana fino a raggiungere la zona est di S. Bonifacio e collegarsi con la linea storica dell’A/4 nell’area a sud della Val D’Alpone. Appare chiaro che nel caso in questione, è da spostare a sud di S. Bonifacio anche il tracciato AV/AC".
La Lega riscopre con molto ritardo la proposta del PD e la propone per evitare il pagamento del pedaggio.
Occorre considerare che la Lega ed il Pdl hanno approvato in tutte le sedi istituzionali e politiche il progetto in vigore.
Si riporta la cronologia degli avvenimenti sono i seguenti:
- la nuova autostrada era nel programma di Galan del 2005;
- per la prima volta è stata presentata in Regione nell'aprile 2007 con voto favorevole della Giunta (compreso l’allora assessore regionale alla Sanità Flavio Tosi);
- da allora, in ogni sede tecnica e politica, comunale, provinciale e regionale, il PDL e la Lega hanno sempre votato a favore.
Per attuare la proposta originaria del Partito Democratico ed oggi anche della Lega occorre ritirare il progetto all’esame della Commissione Nazionale di Valutazione Impatto Ambientale, modificare il progetto ed inviarlo nuovamente per l’esame alla Commissione VIA. Un percorso accidentato che poteva essere risolto facilmente se la Lega avesse espresso a suo tempo la medesima posizione del Partito Democratico.
La Lega è proprio convinta di modificare il progetto e ripresentarlo nuovamente alla Commissione o si tratta soltanto di un’azione propagandistica a danno dei veronesi?
Se i pendolari della Tangenziale sud pagheranno il pedaggio e sul percorso da Sommacampagna a Soave, compresa la città, pioveranno altre polveri sottili, è solo per colpa della Lega! Il rimorso, dimostrato con la nuova proposta, non potrà sanare il grave errore compiuto.
Intanto il consigliere regionale Franco Bonfante ha inviato una richiesta al Presidente della Seconda Commissione Consiliare Andrea Bassi “per fissare al più presto una riunione della Commissione per esaminare la questione.

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Intervista a Pietro Micheli sulle PA

Pietro Micheli è componente della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, docente di performance management nell’Università di Cranfield e consulente di alcune agenzie di valutazione delle amministrazioni pubbliche britanniche. Micheli è stato disponibile a rispondere ad alcune domande al fine di conoscere l'andamento del processo di cambiamento delle PA in Italia.

Su quali principi cardine e fattori di cambiamento si basa la riforma della Pubblica Amministrazione?
La riforma si basa su una serie di principi fondamentali per il cambiamento delle amministrazioni pubbliche: miglioramento continuo, trasparenza, misurazione e valutazione delle performance, e impatti nel medio-lungo termine (outcome) dei servizi pubblici. Alcuni di questi concetti non sono nuovi all’amministrazione italiana, ma qui si è cercato di renderli più coerenti e, soprattutto, maggiormente applicati in pratica.

Come ha operato la Commissione per la Valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche al fine di implementare operativamente i contenuti del decreto legislativo n. 150/2009?
La Commissione ha cercato di lavorare in collaborazione, ma, allo stesso tempo, in una posizione di indipendenza, con le amministrazioni pubbliche, dai Ministeri agli enti pubblici non economici, e ora sempre di più con gli enti locali. Il risultato del nostro lavoro è visibile sul sito www.civit.it sotto forma di delibere, ma abbiamo anche cercato di “diffondere il messaggio” attraverso presentazioni e relazioni durante una serie di convegni e incontri in tutta Italia.

Quali sono i rapporti tra gli Organismi di valutazione e l’organo di indirizzo politico-amministrativo nelle singole amministrazioni per realizzare il sistema di misurazione e di valutazione della performance, il piano triennale della performance e quello dell’integrità e della trasparenza?
L’Organismo indipendente di valutazione è chiamato a svolgere vari compiti molto importanti, in quanto ha la responsabilità di supportare l’amministrazione in un processo di sviluppo, implementazione, rendicontazione e revisione dei documenti da lei citati. La sfida più grande sarà quella di introdurre nelle amministrazioni (non sempre ex novo, ovviamente) i valori e principi cardine della riforma. E sarà nella pratica giornaliera che si vedrà se la riforma avrà successo o meno.

Il decreto legislativo 150/2009 e gli indirizzi della Commissione si muovono nella direzione di pervenire ad un sistema della PA trasparente, misurabile e valutabile. Quanto sono importanti tali fattori per il cambiamento delle PA?
Trasparenza, misurazione e valutazione sono fattori fondamentali per il cambiamento delle PA italiane. In altri paesi, soprattutto quelli nord-europei e anglosassoni, questi elementi fanno ormai parte del DNA delle amministrazioni. In Italia ci vorrà un po’ di tempo e notevoli sforzi, ma ne varrà la pena.

Gli indirizzi adottati dalla Commissione indicano come supporto alcuni sistemi informatici (esempio la balanced scorecard). Vuole descrivere l’impatto di questi sistemi sui processi di lavoro e sulle funzioni direzionali della PA?
I sistemi di misurazione e valutazione delle performance sono degli strumenti gestionali utili a raccogliere, analizzare e comunicare le attività e i risultati raggiunti dalle amministrazioni pubbliche. La ricerca ormai ventennale in questo campo dimostra che questi strumenti possono avere degli impatti assolutamente positivi. Questo però a patto che siano sviluppati in modo collaborativo e partecipativo all’interno dell’amministrazione e siano utilizzati per supportare i processi decisionali a livello sia amministrativo che politico. Al contrario, se un sistema viene introdotto in modo sbrigativo e dall’alto (magari solo perché il decreto 150 lo prescrive) e viene utilizzato solo ai fini della reportistica, allora sarà stata solo una perdita di tempo e di soldi.

Sembra che gli enti locali e le regioni siano fermi rispetto alle altre PA in materia di applicazione della riforma. Quali sono i problemi riscontrati e quali le prospettive?
Gli enti locali hanno già fatto molto e la Commissione di cui faccio parte sta lavorando con ANCI e UPI su linee programmatiche e documenti per far sì che il “ciclo di gestione della performance” parta anche in Comuni e Province. Nel caso delle Regioni, sappiamo che ci sono alcuni casi, come la Lombardia, dove le logiche della riforma sono già in atto da parecchio tempo, mentre altre Regioni sono più indietro. La sfida per noi è cercare di portare avanti un discorso coerente con una galassia di amministrazioni che partono da livelli significativamente diversi e con sensibilità differenti su questi temi.

Quali sono i risultati e gli effetti attesi dall’implementazione operativa della riforma?
I risultati e gli effetti della riforma e anche dell’operato della Commissione dovranno essere valutati dai cittadini, ovviamente non nell’immediato, ma neanche in un futuro troppo lontano. Se nell’arco di qualche anno non ci saranno stati miglioramenti nella qualità dei servizi pubblici, allora avremo fallito. Se, invece, attraverso una gestione migliore delle amministrazioni pubbliche i cittadini avranno davanti a loro un’amministrazione più attenta e capace di rispondere ai loro bisogni, allora vorrà dire che avremo fatto un buon lavoro.

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Pietro Ichino commenta la risposta della CiVIT

La risposta della CiVIT non risolve i problemi posti da Pietro Ichino, senatore del Partito Democratico, ma li conferma. La CiVIT perde colpi ed i principi di indipendenza e trasparenza per i quali è stata costituita. Si riporta l’amaro commento di Pietro Ichino alla risposta della CiVIT.
“Civit risponde all’interrogazione confessando candidamente un comportamento a dir poco sconcertante. Per far fronte all’obbligo di riferire annualmente al ministro per l’Attuazione del programma di governo circa la propria attività, l’Autorità indipendente
1. ha pensato bene di fare della redazione del documento l’oggetto di una consulenza esterna, nonostante che si tratti di adempimento di modesta entità, agevolmente eseguibile dalla Segreteria generale della Commissione: la relazione ben può consistere, infatti, nella presentazione di tutto il materiale circa l’attività della Commissione via via pubblicato on line sul sito web nel corso dell’anno;
2. ha inoltre pensato bene di stanziare per tale consulenza il compenso, vistosamente sproporzionato, di 50.000 euro;
3. ma soprattutto ha pensato bene di far designare la persona cui affidare questa consulenza totalmente superflua al ministro stesso destinatario della relazione.
Ora, si dà il caso che la persona designata dal ministro, il dottor Auguso Pistolesi, non abbia alcun titolo particolare, se si esclude la laurea in giurisprudenza (il suo scarno curriculum vitae si legge nel sito della stessa Civit, alla sezione “esperti”); il vero motivo della sua designazione si trae da due articoli pubblicati sul Corriere della Sera , rispettivamente di Aldo Cazzullo del 3 dicembre 2006 e di Sergio Rizzo del 13 ottobre 2008: il dottor Pistolesi è stato compagno di scuola dello stesso ministro, e da allora fa parte del suo entourage.
Se non temessi di apparire petulante, chiederei nuovamente al Presidente della Civit (il quale farà comunque bene a rispondere spontaneamente a queste domande: le sue risposte verrebbero, come è ovvio, immediatamente riportate su questo sito):
- non ritiene che il compito della relazione al ministro potesse e dovesse essere svolto dalla Segreteria generale della Commissione e che questo fosse imposto da un elementare criterio di buon uso delle risorse?
- non ritiene che comunque il chiedere al ministro la designazione della persona cui affidare la consulenza sia comportamento del tutto incompatibile con l’indipendenza che dovrebbe caratterizzare ogni atto dell’Autorità indipendente da Lui presieduta?
- se questa malversazione è stata imposta alla Commissione nella fase iniziale della sua vita, nella quale essa ancora non era evidentemente in grado di esercitare appieno la propria indipendenza, ora che essa è nel pieno delle proprie prerogative e funzioni come intende porre rimedio al mal fatto?
Quanto alla seconda consulenza oggetto dell’interrogazione, dal sito della Civit (aggiornato per questo aspetto solo dopo l’interrogazione stessa) traggo l’informazione che la Commissione ha stanziato 12.000 euro per una attività assolutamente generica di “studio e ricerca” destinata a svolgersi nell’arco di due mesi e mezzo; e che il collaboratore prescelto è il titolare di un avviato studio legale con sede a Palermo. La risposta è dunque del tutto insufficiente, dal momento che con l’interrogazione chiedevo anche quale sia l’oggetto della consulenza e soprattutto quali siano stati i criteri in base ai quali è stato scelto l’avvocato Miceli per il suo svolgimento. Se la Commissione vuole conservare la propria credibilità, come massimo garante dei principi della trasparenza e della valutazione nelle amministrazioni pubbliche, essa non può sottrarsi a queste domande. E se - come nel caso della consulenza assegnata al dott. Pistolesi - la risposta alle medesime dovesse mettere in luce ulteriori cedimenti della Commissione a pressioni clientelari da parte del Governo attualmente in carica, sarebbe indispensabile che anche in questo caso vengano adottate urgentemente tutte le misure necessarie per azzerare o quanto meno limitare i danni, ma necessarie soprattutto per ripristinare la credibilità dell’Autorità indipendente.
La consultazione del sito della Civit, in seguito alla risposta di questa all’interrogazione, mi ha consentito di osservare che è stata ultimamente inserita in esso anche la menzione di una ulteriore consulenza, assegnata al sig. Alessandro Levanti, con oggetto e compenso identici rispetto a quella assegnata all’avv. Miceli. Valgono in proposito gli stessi identici interrogativi sollevati in riferimento al contratto con l’avv. Miceli”.
Alessandro Maria Levanti
Incarico: Svolgimento di attività di studio e di ricerca, con riferimento alle questioni interpretative e applicative poste dalla disciplina vigente, con particolare riguardo all’attività istruttoria e di supporto tecnico ai fini della adozione degli atti di competenza della Commissione relativi alla definizione della struttura e delle modalità di redazione del sistema di misurazione e valutazione della performance individuale, con particolare riferimento alla misurazione e valutazione svolte dai dirigenti sulla performance individuale del personale nonché ai riflessi dell’eventuale responsabilità disciplinare del personale sulla valutazione della relativa performance. Periodo: Dal 15 ottobre 2010 al 31 dicembre 2010. Importo 12.000 euro
Corriere della Sera

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martedì 23 novembre 2010

Federico Testa, dimissioni da responsabile energia del PD

Articolo di Laura Lorenzini pubblicato su Corriere di Verona il 23 novembre 2010
La nomina è arrivata da Veltroni, nel 2006. E due anni dopo c'è stata la conferma di Bersani. Un segno della stima, al di là dei cambi ai vertici, di cui ha goduto Federico Testa nel ruolo di responsabile nazionale Energia e servizi pubblici del Pd, ricambiata con grande slancio e passione soprattutto sul tema delle liberalizzazioni. Ma qualcosa, in quel rapporto di fiducia reciproca, dev'essersi incrinato, perché il parlamentare veronese, docente dell'università di Verona, ha deciso di dare le dimissioni. Un atto che sarebbe strettamente legato alle nomine freschissime, da parte del governo, che guideranno l'Authority per l'energia nei prossimi sette anni. Nomine frutto di un accordo bipartisan: via libera alla presidenza per il pidiellino Antonio Catricalà (che lascia la presidenza dell'Autorità antitrust), affiancato per la maggioranza da Guido Bortoni e Luigi Carbone, in cambio dell'ingresso di due componenti del Pd, Alberto Biancardi e Valeria Termini. Che sarebbero espressione della corrente di Enrico Letta.
Ma non starebbe tanto in una questione di correnti diverse (Testa è bersaniano) il motivo della decisione di dare forfait da parte del parlamentare veronese, quanto in un tradimento dei tanto decantati principi di meritocrazia e competenza. Testa non avrebbe gradito l'inserimento nel collegio di due componenti che non vantano un curriculum di spessore, con esperienze minime in un settore che richiede invece una preparazione molto tecnica e specifica. A questo si aggiunge il “rospo” ingoiato a stento della nomina di Catricalà, che ha lasciato la guida dell'Antitrust con un anno e mezzo di anticipo per prendere al volo il treno dell'Authority dell'energia. Altri sette anni di incarico, a circa 400 mila euro annui, che si aggiungono ai novemila euro al mese come presidente di sezione del consiglio di Stato (ora in aspettativa). Una riconferma del sistema della casta, con tanto di suggello dei democratici, che Testa non ha evidentemente digerito.
Il parlamentare veronese conferma le dimissioni, ma per ora non vuole rilasciare dichiarazioni: “Prima voglio che sulla questione si svolga una discussione all'interno del partito”, dice, non negando un certo disappunto legato alla nuova Authority. Bocche cucite anche ai vertici del partito veronese, ma su Facebook ieri la notizia ha cominciato a circolare, con sconcerto degli iscritti Pd. “Dietro la decisione – si legge nella pagina di Antonino Leone - c’è probabilmente un malessere più diffuso per l’apatia del Pd e la sua difficoltà a mantenere posizioni coerenti e credibili sui temi energetici e ambientali”.
Il Fatto Quotidiano Autorità per l’energia, larghe intese con spartizione

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lunedì 22 novembre 2010

David Cameron convoca Richard Florida

Editoriale di Irene Tinagli, pubblicato su la Stampa del 20 novembre 2010
“David Cameron sorprende ancora con la scelta del nuovo «guru» che lo aiuti a mettere a punto una nuova visione della società e dell’Inghilterra. Cameron ha infatti convocato Richard Florida, professore all’Università di Toronto, uno dei nomi più noti in materia di innovazione, creatività e sviluppo regionale. Per chi conosce il lavoro di Florida la sorpresa è più che comprensibile: la sua fama infatti è legata alle sue idee sulle società creative, multiculturali, aperte alle diversità di religione, cultura, orientamento sessuale e anche alle sue battaglie spesso in controtendenza. All’indomani dell’11 Settembre 2001, quando il governo Usa irrigidiva i requisiti per entrare nel Paese, Florida chiedeva di aprire di più le frontiere per studenti e lavoratori. Quando Bush lanciò la campagna per stimolare l’acquisto della casa da parte degli americani, Florida replicò che il possesso della casa inchioda le persone, limita la mobilità e la crescita economica e non va incentivato.
Qui il resto del postPer non parlare poi delle sue battaglie sull’importanza di investire in cultura e arte, in rinnovamento urbano, in diversità, immigrazione, diritti civili, e altre cose invise a molti economisti e politici più tradizionali. Perché dunque il primo ministro inglese Cameron ha deciso di convocare un personaggio così controverso e potenzialmente in conflitto con il suo elettorato? Perché, come ha scritto il ministro della Cultura inglese Jeremy Hunt in un articolo sul Times, «Florida descrive la vita com’è adesso, non com’era un tempo», e Cameron ha capito che se vuole davvero sviluppare la sua idea della Big Society in modo innovativo e accattivante deve innanzitutto essere capace di capirla questa grande società, di intravedere le forme che prende, i desideri che ha, i modi in cui può essere guidata, motivata, incoraggiata. E per fare questo deve mettere da parte ideologie o vecchi armamentari politici e confrontarsi con accademici, analisti, opinionisti internazionali, persone abituate a vedere e analizzare il mondo con una visione più ampia di quella del funzionario di partito o del proprio centro studi.
Questa sete di idee, di confronto, di elaborazioni intellettuali da tradurre poi in nuove proposte politiche è ciò che in passato ha caratterizzato molti leader di successo. L’idea di New Labor che cavalcò Tony Blair, per esempio, fu il frutto di un confronto profondo con intellettuali del calibro di Anthony Giddens, uno dei sociologi più noti del mondo. Così come la nuova idea di sogno americano lanciata da Obama nel 2008 (yes we can!) nacque da una serie di ricerche, analisi sulla mobilità sociale negli Stati Uniti, sui problemi emergenti della società americana. Ecco, questo è il potere delle idee, delle analisi genuine, e questa è la forza della politica quando è capace di far leva sulle migliori menti e valutazioni per capire i cambiamenti in atto e scommettere su qualcosa di nuovo, senza cavalcare paure contingenti, ideologie o nostalgie del passato, ma cercando di costruire il futuro, anche col rischio di fare errori. Purtroppo questo coraggio e questa energia è ciò che manca alla politica italiana. Una politica che anziché andare a caccia di intellettuali, analisti e opinionisti che possano offrire nuove interpretazioni ed elaborazioni, li teme e li evita; e che, pur sbandierando spesso la necessità di nuove idee, finisce poi per propinarci solo quelle più vecchie e rassicuranti, legate all’immagine dell’Italia gloriosa del passato, ma incapaci di delineare quella che potrebbe essere in futuro.
Una politica che, per esempio, continua a fare retorica sulla nostra manifattura e su un’immagine del «Made in Italy» da dopoguerra, ignorando i dati che ci mostrano come in Italia ormai solo il 27% del valore aggiunto deriva dall’industria, un dato che ci avvicina a Paesi che noi consideriamo de-industrializzati da tempo come la Gran Bretagna (23,6%), così come ha lucidamente descritto in questo stesso giornale l’ex direttore dell’Economist Bill Emmott. E una politica che continua a incitare i giovani ad accettare lavori più umili, ignorando i dati dell’Ocse secondo cui l’Italia ha già uno dei tassi di «sottoimpiego» maggiori d’Europa e che quindi la nostra sfida non sarà abbassare le ambizioni dei ragazzi, ma alzare il livello delle opportunità. Ma ormai persino i dati vengono negati e delegittimati per paura di misurarsi con problemi nuovi e difficili. Questa paura e questa chiusura non fanno che allontanare la politica dalla realtà, dalla gente, impoveriscono il dibattito pubblico e la possibilità di un riscatto.
Certo, i dati e le analisi offrono solo spunti, idee, fotografie di una realtà in evoluzione, possono essere incompleti, richiedono interpretazioni, formulazione di ipotesi sul futuro e anche l’assunzione di rischi e possibili fallimenti. Tuttavia, finché mancherà questo coraggio, finché chi osa guardare oltre la siepe e immaginare un futuro diverso sarà temuto e marginalizzato, la politica non potrà mai rinnovarsi del tutto, emozionare, né tanto meno aiutare questo Paese a rialzarsi”.

La politica intesa in senso stretto, senza competenze e creatività, non è sufficiente per costruire il futuro ed affrontare i nuovi problemi della società. Condivido l'articolo di Irene e prendo atto positivamente della decisione di Cameron. In Italia purtroppo la politica è legata a vecchi paradigmi che non aiutano a capire il presente ed a costruire una visione per il futuro.

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sabato 20 novembre 2010

Valutazioni negative per l’Italia

L'Ocse nel suo rapporto trimestrale indica una crescita mondiale non omogenea ed inferiore rispetto alle attese (al 4,6% nel 2010, al 4,2% nel 2011 e al 4,6% nel 2012). Nell’area Ocse la crescita economica si attesterà nel 2010 al 2,8%, al 2,3% nel 2011 e al 2,8% nel 2012. Nell’Eurozona è prevista una crescita dell’1,7% nel 2010, dell'1,8% nel 2011 e del 2% nel 2012.
In Europa si conferma la posizione critica dei paesi in difficoltà: Grecia e Irlanda (con un andamento negativo del pil 2010, rispettivamente del 3,9% e dello 0,3%) ma anche Spagna e Portogallo (-0,2% per la prima quest'anno e per il secondo l'anno prossimo).
La crescita italiana si attesterà nel 2010 all’1%, nel 2011 all’1,3% e nel 2012 all’1,6%. Le previsioni ravvisano per l’Italia una forte crescita del debito pubblico italiano che si attesterà nel 2010 al 120% in rapporto al Prodotto interno lordo.
Mario Deaglio, professore di economia internazionale all'Università di Torino, sostiene che per spezzare il circolo vizioso tra debito pubblico elevato e bassa produttività l’Italia dovrebbe crescere del 3% all’anno. Con l’attuale ritmo di crescita l’Italia potrà raggiungere il livello di crescita pre-crisi non prima del 2015.
Lo studio Paying taxes 2011, realizzato dalla Banca mondiale e dalla società di consulenza PriceWaterhouseCoopers, che rileva il carico fiscale delle imprese di 183 paesi classifica le imprese italiane al 167° posto. Il peso fiscale complessivo gravante sulle aziende italiane e' pari al 68,6%, a fronte di una media europea del 44,2% e di una globale del 47,8%.
Il valore del sommerso economico rilevato dall’Istat è compreso tra il 16,3% ed il 17,5% del PIL, tra 255 e 275 miliardi di euro.
Il valore dell’evasione fiscale rilevato da Confindustria si attesta su 120 miliardi.
Bisogna, inoltre, ricordare che la ricerca di World Economic Forum posiziona l’Italia:
- al 48° posto per competitività, dopo la Lituania, il Cile, Cipro, l’Islanda. A guidare la lista vi sono Svizzera, Svezia, Singapore, Stati Uniti e Germania;
- al 118° posto per efficienza produttiva. Solo 20 Stati hanno fatto peggio di noi e tra questi Turchia e Grecia. Prima di noi vi sono Stati del terzo mondo: Zambia, Mozambico, Senegal, Camerun.
L’annuario Istat 2010 rileva che l’occupazione scende dell’1,6% (- 380 mila unità) tra 2008 e 2009 (23,025 milioni di occupati) per la prima volta dopo il 1995 e nonostante l’aumento dell’occupazione straniera (di 147.000 unità).
Il quadro economico dell’Italia è molto negativo ed in prospettiva non lascia intravedere un cambiamento di rotta per risolvere i problemi strutturali del paese. Il rigore nel porre sotto controllo i conti pubblici, non accompagnato da interventi strutturali e riforme, non è sufficiente ad invertire la tendenza dell’economia italiana.
Occorrono delle risorse aggiuntive, quantificate dal professore Mario Deaglio in 30 o 40 miliardi, da destinare ad investimenti ed infrastrutture al fine di invertire la tendenza. Ritengo che una lotta seria all’evasione fiscale che ammonta a circa 120 miliardi ed al lavoro sommerso, il cui valore è compreso tra il 16,3% ed il 17,5% del PIL e tra 255 e 275 miliardi di euro, possano rappresentare una risorsa per il paese.
Inoltre, occorre intervenire con le riforme più urgenti quali: riforma fiscale equa, redistribuzione del reddito, mercato del lavoro, innovazione, sistema scolastico ed universitario. Il problema più grave è rappresentato dall’ampliamento della base occupazionale e dalla prospettiva di realizzare un’occupazione stabile per i giovani.
Alle riforme strutturali il Governo Berlusconi non ha mai pensato e si impegnato soltanto nella tenuta dei conti pubblici.
Considerata la crisi politica della maggioranza che dura da diverso tempo e la sua incapacità di realizzare riforme durante la crisi, si rende necessario prima di rivolgersi agli elettori affrontare i problemi più urgenti, compreso il ripristino delle regole democratiche senza le quali il paese non può essere gestito in modo equo ed efficace.

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Federico Testa lascia l’incarico?

Il Consiglio dei Ministri ha designato Antonio Catricalà, attuale presidente dell'Autorità Antitrust, alla guida dell'Authority per l'energia ed altri quattro componenti nelle persone di Guido Bortoni, Alberto Biancardi, Luigi Carbone, Valeria Termini.
Sarà ora vincolante il parere delle commissioni parlamentari competenti, a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti, per ratificare la nomina.
Il Blog http://www.chicago-blog.it/2010/11/18/autorita-energia-il-pd-perde-i-pezzi/ ha pubblicato la seguente notizia che si riporta integralmente: “Solo due righe per avvisare che, a quanto mi risulta, il parlamentare del Pd Federico Testa si è dimesso da responsabile energia e servizi pubblici del partito.
A monte della decisione starebbero le perplessità (eufemismo) per l’accordo bipartisan sull’Autorità per l’energia, che (se le commissioni ratificheranno la decisione del governo) sarà presieduta dall’attuale numero uno dell’Antitrust, Antonio Catricalà, e sarà composta da Guido Bortoni (capo dipartimento energia al ministero dello Sviluppo economico e già direttore mercati dell’Aeeg); Alberto Biancardi (direttore generale della Cassa conguaglio del settore elettrico e responsabile energia dell’Arel); Valeria Termini; e Luigi Carbone. Testa, in particolare, non avrebbe gradito l’inserimento nel collegio di alcuni componenti privi di esperienza sul settore, in attrito con quanto prevede la legge istitutiva dell’autorità. Ma dietro la decisione c’è probabilmente un malessere più diffuso per l’apatia del Pd e la sua difficoltà a mantenere posizioni coerenti e credibili sui temi energetici e ambientali – col risultato di apparire sempre più come una succursale, fuori tempo massimo, di un’ideologia anti-industriale e anti-crescita economica.
Un altro competente si allontana dalla politica. Non ne guadagna il principale partito dell’opposizione, né il paese, ma i cacicchi verdi stasera possono brindare. Chissà se qualcuno li ha informati che le bollicine sono fatte di CO2”.
L’onorevole Federico Testa non ha rilasciato alcuna dichiarazione e ritengo che nel caso in cui la notizia delle sue dimissioni da responsabile per l’energia del Partito Democratico fosse vera significa che vi sono problemi seri legati alle nomine (uguaglianza, indipendenza e competenza) e che di conseguenza vi saranno non poche difficoltà a confermare in Commissione Attivita Produttive e Industria di Camera e Senato le designazioni fatte dal Governo.
"Sono certo che i gruppi parlamentari del Pd, ha dichiarato Paolo Gentiloni del PD, valuteranno con la necessaria attenzione critica le designazioni del governo per l'Autorità dell'Energia, designazioni che necessitano del via libera di una maggioranza parlamentare qualificata".
"Non si possono accettare, conclude Gentiloni, fatti compiuti specie in questa fase di crepuscolo della legislatura. Anche perché aldilà dei giudizi sulle persone, sono in ballo alcune questioni rilevanti. Non può essere considerata normale la migrazione da un'Autorità all'altra. E non può essere raggiunta un'intesa politico-parlamentare senza avere chiaro l'assetto dell'Antitrust in seguito all'eventuale trasferimento dell'attuale presidente Catricalà".
Assai criticabili, dichiara Linda Lanzillotta dell’Api, appaiono i criteri di scelta seguiti dal Governo che non risultano coerenti con il ruolo di garanzia e indipendenza di tali organismi". "Da questo punto di vista inappropriata è la nomina di membri del Governo; o come nel caso di Carbone, Troiano e Termini di dipendenti di Palazzo Chigi". "Né pare accettabile, prosegue Lanzillotta, la prassi che si va instaurando del passaggio delle stesse persone da un'Autorità all'altra: un meccanismo che pare prefigurare l'affermarsi di una sorta di carriera delle Autorità che rischia di minare l'autonomia dei componenti di tali organismi rispetto a chi ha potere di nomina. Al di là della qualità delle persone io credo che il Parlamento, in sede di espressione del parere sulle proposte di nomina, dovrà approfondire questi aspetti".
Repubblica Le nomine di fine regime
Corriere della Sera Personaggi e interpreti delle Autority Il valzer delle nomine bipartisan

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Pietro Ichino sulle consulenze della CiVIT

Il senatore Pietro Ichino ha presentato il 16 novembre una interrogazione alla Commissione per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza delle Amministrazioni Pubbliche.
Si riporta l’interrogazione dalla quale risulta che la Commissione non sia stata trasparente e non abbia praticato la valutazione delle competenze nell’assegnazione di incarichi di consulenza.
Signor Presidente,
Le chiedo informazioni e chiarimenti sui punti che seguono.
1. – Traggo dal sito web della Commissione da Lei presieduta l’informazione secondo cui la Commissione stessa ha conferito un incarico al dottor Augusto Pistolesi avente per oggetto una non meglio specificata consulenza, con un compenso che, per il solo secondo semestre 2010, ammonta a € 50.000. Le chiedo:
- quale criterio abbia indotto la Commissione a conferire tale incarico al dott. Pistolesi, dal momento che nel suo curriculum compaiono soltanto una sua esperienza decennale come consigliere municipale del Comune di Avellino, la pubblicazione diciassette anni or sono di un saggio su di una oscura rivista avellinese (“Proposta ‘80”) e alcune “consulenze” di durata e oggetto non precisati;
- quale esattamente sia l’oggetto della consulenza attribuita al dott. Pistolesi e in quali documenti essa si sia concretata in questi primi mesi di suo svolgimento (documenti che Le chiedo di poter esaminare);
- quali siano state le modalità del contatto tra la Commissione e il dott. Pistolesi e i criteri della sua selezione per il conferimento a lui dell’incarico suddetto.
2. – Mi risulta che la Commissione abbia attribuito un incarico di consulenza anche all’avv. Maurizio Miceli,   titolare di un avviatissimo studio legale in Palermo. In proposito Le chiedo:
- perché questa consulenza non figuri nel sito web della Commissione;
- quali siano state le modalità del contatto tra la Commissione e l’avv. Miceli e della sua selezione per il conferimento a lui dell’incarico suddetto;
- quale sia l’oggetto della consulenza di cui l’avv. Miceli è stato incaricato;
- quale sia il compenso previsto per tale consulenza.

Augusto Pistolesi
Incarico: L’incarico è finalizzato allo svolgimento di attività di studio e ricerca e, in particolare, alla cura dei rapporti con il Ministero per l’attuazione del programma di Governo, nonché alla redazione, a fine anno, della bozza della Relazione di cui all’articolo 13, comma 9, del citato decreto legislativo n. 150 del 2009. Periodo dal 5 luglio al 31 dicembre 2010. Importo 50.000,00 euro.
Maurizio Miceli
Incarico: Svolgimento di attività di studio e di ricerca, con riferimento alle questioni interpretative e applicative poste dalla disciplina vigente, con particolare riguardo all’attività istruttoria e di supporto tecnico ai fini della adozione degli atti di competenza della Commissione relativi alla definizione della struttura e delle modalità di redazione del piano della performance e di quelli volti ad assicurare il rispetto da parte delle amministrazioni pubbliche degli obblighi di cui all’art. 11 del d.lgs. 150/2009. Periodo dal 15 ottobre 2010 al 31 dicembre 2010. Importo 12.000,00 euro.
Esperti

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mercoledì 17 novembre 2010

Per il Sindaco onere e non onore

di Emanuele Costa
Quando si matura la convinzione di candidarsi alla carica di Primo Cittadino, generalmente si volge lo sguardo a quella stella polare che, nell'interesse pubblico, trova l'energia necessaria per continuare a brillare nella costellazione dei problemi quotidiani. Quando, invece, si prende coscienza di aver vinto le elezioni, il campo visivo dovrebbe allargarsi, trovando, all'interno di una galassia, altre materie prime da "sfruttare" per formulare politiche pubbliche idonee a creare valore aggiunto per i Cittadini, nei confronti dei quali si ha l'onere (e non l'onore) di governare. Ciò non vuole assolutamente significare una forma di mancanza di rispetto nei loro confronti, bensì esattamente il contrario. "Onere", in quanto il governo di una Comunità comporta un'attenzione nei suoi confronti e, soprattutto, sacrifici di ogni natura, che potranno essere convertiti in "onore" solo quando il comportamento adottato sarà orientato a migliorare il benessere dei suoi appartenenti. La realtà, purtroppo, ci ha abituato ad altri scenari. Siamo lontani anni luce da quel concetto di "politica pubblica" che Bruno DENTE e Giancarlo VECCHI hanno magistralmente definito come “l'insieme di azioni compiute da una pluralità di attori volte a risolvere un problema collettivo, ossia a fornire una soluzione ad un bisogno, a una domanda o un'opportunità non soddisfatta”. Infatti, ad oggi, se si prende in considerazione il contenuto della propaganda effettuata sulle opere realizzate (attraverso volantini, video od altri strumenti mediatici), è facile prendere atto non solo che di politica pubblica non vi è alcuna traccia, ma (e questa è la cosa triste) di soluzioni ai bisogni della Collettività nemmeno l'ombra. Quindi, è alquanto offensivo dell'intelligenza dei Cittadini vantarsi di aver realizzato "grandi opere" per cercare di dimostrare di aver fatto un "buon lavoro". Infatti, non serve impegnarsi a fondo per guardarsi in giro ed accorgersi che nulla è cambiato in termini di benessere per i Cittadini, i quali ogni giorno si trovano costretti a confrontarsi con problemi che la Pubblica Amministrazione non ha contribuito a risolvere, perché "distratta" da quelle opere che di "grande" hanno solo l'entità del debito (e non della ricchezza) che hanno assorbito. Purtroppo, quell'interesse pubblico che aveva stimolato l'idea della candidatura alla guida della Città, strada facendo ha perso sia l'interesse, sia l'attenzione per il pubblico. C'è solo da augurarsi che lungo quella strada dove è possibile ammirare le "grandi opere" realizzate non ci crolli addosso quel Domus dei Gladiatori su scala locale che avrebbe richiesto solo una "piccola opera" di manutenzione.

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martedì 16 novembre 2010

Il PD sostiene il Veneto colpito dall'alluvione

Il governo Berlusconi ha tentennato e ritardato nella ricerca dei fondi necessari a dare alle persone coinvolte nel disastro la certezza di poter presto tornare alla propria vita e al proprio lavoro ed a rimettere in moto un'economia gravemente colpita. Il PD vuole esserci da subito, e avvia una campagna di raccolta fondi, aperta a tutti coloro che vorranno aderirvi, pur consapevoli che questo contributo non coprirà le necessità della regione vogliamo dare il nostro sostegno e la propria vicinanza ai cittadini veneti.
FAI UNA DONAZIONE
dona online causale alluvione veneto
con un conto corrente postale
C/C Postale n. 87349882
intestato a Partito Democratico, Via Sant Andrea delle Fratte 16, 00187 Roma
causale alluvione veneto

con bonifico bancario
Intestato a: PARTITO DEMOCRATICO
BANCA INFRASTRUTTURE INNOVAZIONE E SVILUPPO GRUPPO INTESA S. PAOLO IBAN: IT45Y033 0903200 6803000 93335
causale alluvione veneto

In caso si effettui l'ordine dall'Estero, invece del codice IBAN utilizzare il seguente codice: BIC: BCITIT44XXXX

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domenica 14 novembre 2010

Il disagio del lavoro gratis in Italia

Articolo di Michele Boldrin, docente presso la Facoltà di Economia della Washington University, pubblicato su il Fatto Quotidiano dell’11 novembre 2010
Sembra che in Italia, per amore o per forza, molta gente lavori “gratis” – ossia, senza un immediato corrispettivo monetario, o quasi. Hanno cominciato (a fare notizia) Marco Travaglio e Vauro, poi è stata la volta di Roberto Benigni nel programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano. Ma non sono solo le celebrità televisive a lavorare gratuitamente. Tempo fa scoprimmo che molte scuole private quasi non pagano i propri docenti più giovani i quali, a loro volta, accettano di lavorare perché l’esperienza così accumulata genera “punti” per accedere all’impiego pubblico. L’associazione Libertiamo ha appena lanciato una campagna contro gli “stage gratuiti” che molte aziende offrono a neolaureati, un “limbo degradante”, mentre quelli durante il periodo della scuola sono “fortemente formativi”. Occorre quindi intervenire, anche perché non ci sono solo le imprese private: c’è il praticantato negli studi professionali e pure gli enti pubblici “danno il cattivo esempio”. Insomma, in Italia troppa gente lavora gratis e questo è sfruttamento. Ma il diffondersi del lavoro gratuito è sintomo di patologie economiche differenti da quelle che molti assumono esserne la causa.
Prima di cominciare a riflettere sul problema, verrebbe da chiedersi se esso sia veramente una novità o se, invece, si stiano solo riscoprendo pratiche antiche in abiti moderni. Rispondere a tale quesito richiede un’analisi empirica impossibile qui. Tralasciamola dando per acquisito che, in Italia, il lavoro gratuito sia più diffuso che in altri Paesi. Notiamo, anzitutto, che coloro i quali accettano di prestare i propri servizi senza farsi pagare lo fanno volontariamente. Essendo presumibilmente persone che non agiscono per farsi del male, ritengono che tale azione sia meglio delle alternative (non lavorare, cercare un lavoro più umile ma remunerato, mettersi in proprio, trasferirsi altrove). Nel caso, per esempio, degli insegnanti di scuola privata che lavorano a salari molto bassi, la controparte della transazione è la concessione di un punteggio che aumenta la probabilità di ottenere un posto fisso in una scuola pubblica. Nel caso degli stagisti negli uffici pubblici, vale un meccanismo analogo di compensazione via accumulazione di titoli utili per “vincere il concorso”. Un caso estremo è quello dei ricercatori universitari, che lavorano per anni a stipendi molto bassi nella speranza di poter accedere a una posizione di associato e ordinario. Poiché si accumulano le storie di ricercatori italiani che, emigrando nel Regno Unito, in Svizzera o in Francia, raddoppiano o triplicano il proprio stipendio, per coloro che scelgono di rimanere l’aumento della probabilità d’essere promossi compensa, in valore economico, il sacrificio di lavorare per molti anni a uno stipendio misero. Lo stesso vale per gli stagisti gratuiti nelle grandi aziende: cercano contatti e visibilità che aumentino la probabilità di un’assunzione “regolare”. Anche l’azienda, ovviamente, cerca qualcosa ma quello è più ovvio: lavoro a buon mercato.
Insomma, fatta eccezione per Benigni e gli altri della Rai, la maggioranza delle persone che lavorano gratis lo fanno nella speranza d’ottenere un posto fisso. Qual è, dunque, il valore di un posto fisso? È dato dal valore atteso scontato della differenza tra l’utilità che si ottiene in tale posto e l’utilità che si ottiene nel migliore impiego alternativo (ossia, principalmente, l’utilità che si ottiene migrando o cercando lavoro in un’occupazione diversa da quelle in cui il posto fisso comincia a non essere più tanto frequente, per esempio la piccola industria manifatturiera). Chiamiamo tale differenza “rendita da impiego fisso”. A chi va questa rendita? Dipende dal meccanismo adottato per allocare i posti fissi: molti sono i postulanti e pochi gli eletti, specie nel settore pubblico. Fare uno stage gratuito o insegnare per quattro soldi nella scuola privata sono maniere per comprarsi un biglietto della lotteria che assegna la rendita. E i biglietti li vendono le aziende o gli uffici pubblici presso i quali è possibile, lavorando gratis-o-quasi, acquisire “punti” per l’accesso al posto fisso. Sono questi i veri beneficiari dell’esistenza di tale rendita perché ricevono lavoro gratuito. Per questo l’esempio dei personaggi dello spettacolo citati all’inizio che, per “stare in Tv”, son disposti a lavorare gratis calza a pennello. Andare in Rai (o a Mediaset) permette di appropriarsi di parte delle rendite di duopolio di cui queste due compagnie godono. Ma per andarci occorre che il pubblico ti voglia e il pubblico televisivo, si sa, ha la memoria corta: se per un periodo non vede il tuo viso apparire nello scatolone acceso, si scorda di te. Ecco quindi che diventa conveniente offrirsi anche di lavorare gratis, per un po’, pur di rimanere in televisione. Ora, le rendite da posto fisso non sono di certo paragonabili a quelle che Rai e Mediaset distribuiscono alle loro “stelle”, ma la logica è la medesima.
Che fare? A leggere il dibattito italiano saltano fuori sempre le solite soluzioni. Obblighiamo le aziende a pagare sempre un salario minimo per qualsiasi funzione. Mandiamo gli ispettori del lavoro. Mandiamo la guardia di finanza. Vietiamo tout-court il lavoro “gratuito”, anche se volontario. Mi permetto di suggerire che si tratta di soluzioni inefficaci , genererebbero solo ulteriori vincoli e ulteriori costi di controllo per essere poi raggirate con nuovi e maggiormente subdoli mezzi.
La ragione per tale previsione, oltre all’esperienza accumulata, sta nella forza della motivazione economica: se c’è una grande rendita di cui appropriarsi qualcuno spenderà risorse per farlo. L’analogia con il caso delle “stelle” televisive serve anche qui: qual’è la soluzione più semplice per eliminare le rendite di duopolio di cui godono Rai e Mediaset? Rendere il settore televisivo più concorrenziale cosicché lavorare in uno dei due gruppi principali non sia l’unica maniera per andare in televisione. Tutti sanno, intuitivamente, che se in Italia vi fossero dieci canali televisivi, uno indipendente dall’altro, le rendite di Rai e Mediaset svanirebbero. Questa analogia suggerisce che esiste una soluzione semplice semplice anche per il problema, molto più serio del lavoro gratuito, una soluzione che elimina distorsioni, e comportamenti illegali e sfruttamento dei giovani alla ricerca del posto fisso: ridurre drasticamente la rendita da posto fisso, specialmente da posto fisso nell’impiego pubblico. Ma nessuno ne parla, chissà perché.

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giovedì 11 novembre 2010

Con Civati e Renzi a Firenze

di Chiara Chiappa
Week end davvero emozionante quello passato alla stazione Leopolda di Firenze.
Da Verona siamo partiti in 20, con curiosità ma con qualche incertezza: i media erano riusciti a trasformare un appuntamento nato per ritrovare speranza ed entusiasmo in un mero appuntamento di ROTTAMAZIONE, contrapposto al PD dei segretari riuniti a Roma!
E invece abbiamo avuto una bellissima sorpresa: lo scopo delle 3 giornate fiorentine -l'ha detto Pippo Civati- era quello di creare momento di incontro tra di noi, noi del PD, non per parlare del PD ma del paese: vietato parlare di correnti e uomini politici: solo politica, proposte, idee. Per dare un'identità al nostro PD. "Non per costruire una nuova corrente ma una campagna, una energia, tanti punti di vista..."
Vietato anche parlare di Berlusconi: non era un evento contro qualcuno ma per qualcosa e qualcuno.
Alla stazione Leopolda tre maxischermi, per permettere a tutti, anche chi stava nelle ultime file, di vedere e sentire gli interventi. Sul palco, in fondo, un leggio per chi parla, una panchina dove si "scaldava" chi si era iscritto a parlare, un tavolo con " i registi" Civati e Renzi che organizzavano gli interventi, registravano le parole chiave, mandavano le slide.
Gli interventi non potevano durare più di 5 minuti!! Il gong fermava tutti, senza eccezioni. Se qualcuno ha qualcosa da dire, 5 minuti sono più che sufficienti, ve l'assicuro. Quindi niente "sbrodolamenti " retorici, né politichese, né comizi.
Ogni 3-4 interventi la regia mandava filmati: dalla scena del fiorino di Non ci resta che piangere, alla Meglio Gioventù, I cento passi, Into the wild, i Modena City Ramblers, Un eroe Borghese, Ustica strage di stato, Radio Freccia,.....L'attenzione di chi ascolta sempre alta.
Ecco, altra cosa importante: alla Leopolda si parlato e si tanto ascoltato, con attenzione e rispetto: linguaggio semplice, comprensibile, autoironico, spesso emozionato. 800 iscritti a parlare, solo 150 ce l'hanno fatta. Non tutti gli interventi sono stati condivisi, e questo anche, importante!
Impossibile riportare tutto quello che stato detto: sul sito di Prossima Fermata: Italia potete rivedere la maggior parte dei contributi. Verrà pubblicato un video sull'evento. Vi ricordo solo alcuni tra i tanti temi: unioni civili, diritto di suolo per i nati in Italia, diritto di cittadinanza, diritto alla casa per tutti; scuola pubblica e di qualità; non accettazione ma CONTAMINAZIONE e MESCOLANZA tra italiani e non italiani, tra vecchi e giovani, donne e uomini, nord e sud, lavoro e cultura; quartieri di città da far rivivere, donne da onorare e rispettare (come la Repubblica); lavoro meno incerto e sussidio più certo, donne che contano ancora troppo poco, legalità, cultura non al servizio della politica ma autonoma e di qualità, omosessuali che vogliono vedere riconosciuta la loro famiglia, giovani che non vogliono andarsene dall'Italia; banda larga, università e ricerca, economia dall'immobile al mobile, contro le rendite, open governance, ambiente, fisco, giustizia, coesione sociale, migranti, partigiani ribelli per amore, Europa, speranza, tutti i diritti per tutti....
"AL PASSATO, GRAZIE. AL FUTURO SI".
Matteo Renzi ha confessato che mai avrebbe pensato rilasciando l'intervista in cui ha usato la parola rottamare, che si sarebbe parlato solo di questo: chi l'ha definita volgare, plebea, maleducata, come se si volessero mettere in un compattatore delle vite umane. Come se qualcuno identificasse se stesso con la propria carriera politica! “Chi lascia la carriera politica ha un futuro, ha una vita da vivere fuori dal palazzo” . Il problema ce l'ha chi ha fatto del palazzo il suo mestiere, e non sa fare niente, ma proprio niente altro. Così a guidarci rimangono sempre gli stessi, stanchi, sempre uguali e impreparati al mondo che fuori continua a cambiare.
Nel mondo normale i partiti rimangono, hanno principi e regole che consentono ai leader di cambiare.
Invece da noi sono i partiti a cambiare: cambiano nomi, cambiano simboli e regole (PCI, PDS, DS,PD, Unione, l'Ulivo,..) e i leader sono sempre uguali. La gente non sa cosa proponga il nuovo partito, e vede sempre i soliti da 20-30 anni!!
Tutti devono far politica, a tutte le età: sono i leader che devono cambiare. Non può esserci democrazia se al potere rimangono sempre le stesse persone vestite in modo diverso: le regole che si daranno serviranno solo alla loro conservazione!
Alla segretari riuniti a Roma abbiamo mandato un abbraccio: peccato Bersani non sia arrivato, alla fine.
Ivan Scalfarotto nel suo appassionato contributo ha gridato" Sono orgoglioso di essere il vice presidente di questo PD, che lo stesso di quello riunito sabato a Roma: lo stesso PD pieno di buona volontà, energia, entusiasmo. "
La forza della Leopolda ritornare alla politica portatrice sana di emozioni, sentimenti, di felicità, di senso dello stare insieme, di orgoglio, di bisogno di sentirsi comunità, non portatrice malata di sola rabbia e incazzatura! Ai sorrisi di plastica non possiamo contrappore maschere di cera.
Essere leggeri facendo le cose sul serio, investendo in innovazione, in bellezza e cultura, che sono la nostra vera ricchezza.
Noi appena tornati a Verona abbiamo avuto tutti voglia di risentirci, di ringraziarci a vicenda, di non perdere la carica che ci rimasta addosso.
VI riporto qui la CARTA DI FIRENZE, il sunto elaborato da Pippo Civati dei contributi della giornata: da qui si parte.

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mercoledì 10 novembre 2010

PA trasparenza e valutazione della performance

Le Pubbliche Amministrazioni in Italia rappresentano un punto di debolezza della catena di competitività del sistema delle imprese a causa della scarsa efficienza ed efficacia, dei ritardi, della burocratizzazione delle richieste e degli alti costi che occorre sostenere per ricevere un servizio. Inoltre, si ricorda che i pagamenti delle PA alle imprese per la fornitura di servizi ed opere avviene con dei tempi più alti rispetto agli altri paesi europei in un momento in cui le imprese hanno bisogno di liquidità per superare le difficoltà causate dalla crisi economica.
A causa della crisi economica del paese è urgente avviare un processo di cambiamento delle PA, il quale si spera che possa essere realizzato con l’implementazione operativa dei contenuti disposti dal decreto legislativo n. 150/2009 e degli indirizzi emanati dalla Commissione per la Valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche.
Le Pubbliche Amministrazioni, soggette direttamente ed immediatamente alla disciplina del Decreto Legislativo n. 150/2009, sono impegnate ad adattarsi entro il 31 dicembre alle disposizioni adottate dalla Commissione al fine di avviare con il nuovo anno una nuova gestione dei servizi attraverso l’introduzione di strumenti manageriali che consentono il miglioramento e la valutazione della performance e l’utilizzo dei fattori di cambiamento (trasparenza totale, competenze, valutazione, integrità e benchmarking).
Commissione per la Valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche
La Commissione si è insediata il 22 dicembre 2009 “con il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale”. Il punto di debolezza è rappresentato dalla non assegnazione alla Commissione del potere sanzionatorio verso le PA inadempienti.
All’inizio della propria attività la Commissione ha incontrato problemi causati dai ritardi nell’approvazione dei decreti ministeriali relativi al suo funzionamento ed alla sua organizzazione. Si ricorda l’interrogazione presentata dei senatori Finocchiaro, Ichino ed altri finalizzata alla emanazione da parte del Governo dei decreti necessari per il funzionamento della Commissione, la quale a distanza di 5 mesi dal suo insediamento era stata posta nell’impossibilità di operare.
La Commissione ha operato nelle diverse aree di intervento previste dalla riforma: trasparenza, misurazione e valutazione della performance, piani, controlli, rendiconti, standard di qualità.
Adesso occorre che le PA mettano in atto gli indirizzi della Commissione per iniziare una nuova stagione di cambiamenti.
Organismi indipendenti di valutazione (OIV)
Sono stati costituiti 80 OIV nelle PA (13 ministeri e 67 enti pubblici nazionali su 78). L’OIV sostituisce a partire dal 30 aprile 2010 il servizio di controllo interno e svolge un ruolo di sostegno, controllo, valutazione e promozione secondo le linee guida stabilite dalla Commissione.
Si indicano i compiti dell’OIV che sono stabiliti dall’art 14, comma 4, del decreto n. 150/2009:
a) monitora il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni ed elabora una relazione annuale sullo stato dello stesso;
b) comunica tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione, nonché alla Corte dei conti, all’Ispettorato per la funzione pubblica e alla Commissione;
c) valida la Relazione sulla performance e ne assicura la visibilità attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione;
d) garantisce la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nonché dell’utilizzo dei premi di incentivazione;
e) propone all’organo di indirizzo politico-amministrativo, la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l’attribuzione ad essi dei premi;
f) è responsabile della corretta applicazione delle linee guida, delle metodologie e degli strumenti predisposti dalla Commissione;
g) promuove e attesta l’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità;
h) verifica i risultati e le buone pratiche di promozione delle pari opportunità.
Considerata l’importanza strategica dell’OIV in ciascuna Pubblica Amministrazione per il ruolo e le funzioni che svolge, la Commissione con delibera n 4/2010 ha stabilito dei requisiti, attinenti all’area delle conoscenze e competenze, per la nomina dei componenti di ciascun Organismo molto elevati al fine di favorire la costituzione di organismi con membri in possesso di alta professionalità per l’esercizio delle funzioni assegnate ed il conseguimento degli obiettivi stabiliti da ciascuna amministrazione. Probabilmente è la prima volta che le nomine in un organismo di nomina politica vengono effettuate attraverso la valutazione delle competenze a differenza di altre nomine che rispondono al requisito dell’appartenenza politica, della fedeltà ad un partito o ad una sua componente ed alla persona che ha sostenuto la candidatura.
Occorre definire un equilibrio tra l’organo di indirizzo politico- amministrativo, l’OIV ed il management pubblico al fine di realizzare una azione di collaborazione concreta che favorisca il cambiamento nelle PA. Al momento alcuni indirizzi della Commissione riducono i poteri dell’organo di indirizzo politico-amministrativo ed ampliano quelli dell’OIV (esempio la definizione da parte dell’OIV del sistema di misurazione e di valutazione della performance), dimenticando il ruolo di supporto che il management pubblico potrebbe svolgere in funzione dell’obiettivo comune.
Misurazione e valutazione della performance
Gli OIV hanno presentato entro il 30 settembre alla Commissione 60 documenti che descrivono il sistema di misurazione e valutazione della performance di ciascuna amministrazione. Il sistema eventualmente integrato dagli indirizzi della Commissione è definito dall’OIV e deliberato dall’organo di indirizzo politico-amministrativo al fine di assicurarne la piena operatività a decorrere dal 2011.
Vi sono delle affermazioni che ricorrono spesso quando un servizio non funziona a dovere nei confronti del pubblico impiego da parte degli utenti “non lavorano e fanno i loro comodi” e da parte del management pubblico “occorre lavorare di più”. Queste sono affermazioni generiche che qualora fossero veritiere, non disponendo le PA di parametri oggettivi, risulta difficile indicare la via da percorrere per migliorare il servizio.
La produzione dei servizi non può essere gestita a vista e con il solo intuito, al contrario occorre realizzare un sistema di misurazione del lavoro, delle attività, delle fasi di lavorazione del processo di produzione dei servizi ed introdurre degli standard di produttività (quantità del servizio) rapportandoli al tempo standard necessario per l’erogazione di un servizio (qualità di un servizio). La misurazione del lavoro permette di controllare l’andamento della produzione in termini quantitativi e qualitativi, di valutare la performance e di intervenire in caso di scostamenti per allineare in un arco di tempo i risultati conseguiti agli obiettivi programmati. Inoltre, si rende necessario adottare dei piani annuali dove vengono esplicitati gli obiettivi da perseguire in rapporto alle risorse disponibili e valutare a consuntivo la performance conseguita.
Il management pubblico ha un compito più alto ed impegnativo rispetto alle esternazioni sterili perché ha la responsabilità di guidare il cambiamento, di sostenere le persone, di ampliare il patrimonio di conoscenze e competenze dell’azienda, di condividere gli obiettivi da conseguire e di eliminare gli ostacoli che si presentano durante il cammino impegnativo di tutta l’azienda per conquistare i risultati programmati nell’interesse più generale dei cittadini, utenti dei servizi pubblici.
Le PA entro il 31 gennaio dovranno trasmettere alla Commissione il Piano triennale della Performance, correlato alla programmazione finanziaria e di bilancio ed alle risorse assegnate, che esprime gli indirizzi e gli obiettivi strategici dell’amministrazione, definisce gli indicatori per la misurazione e valutazione dell’amministrazione e stabilisce gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori.
Le PA redigono entro il 30 giugno di ogni anno una relazione sulla performance dell’anno precedente che sottolinea i risultati conseguiti e gli eventuali scostamenti dagli obiettivi programmati. Tale relazione non può essere utilizzata per la redazione del piano della performance che deve essere adottato entro il mese di gennaio di ciascun anno. Di solito i risultati dei piani a consuntivo sono utilizzati per programmare l’attività e gli obiettivi dell’anno in corso e focalizzarsi sui punti di debolezza di una azienda.
I documenti approvati dalle PA (piano della performance, relazione della performance, ciclo della performance, standard di qualità e di quantità) sono soggetti al principio della trasparenza.
Trasparenza e integrità
La Commissione ha deliberato le Linee guida per la predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità da realizzarsi ad opera di ciascuna amministrazione. La nozione di trasparenza introdotta dall’art 11 del decreto legislativo n. 150/2009 è innovativa e adegua il sistema italiano a quello di altri paesi che hanno realizzato da diverso tempo la total disclosure nelle PA.
La trasparenza ha le seguenti finalità: - La realizzazione della partecipazione e del controllo da parte delle comunità destinatarie dei servizi pubblici che sono messe nelle condizioni di conoscere la performance delle PA ed intervenire; - La prevenzione del fenomeno della corruzione nelle pubbliche amministrazioni attraverso la pubblicazione di determinate informazioni pubbliche; - Il comportamento corretto e responsabile dei dipendenti pubblici.
Secondo il rapporto di Transparency International sulla percezione della corruzione nella pubblica amministrazione l’Italia si classifica al 67° posto a livello mondiale su 178 paesi, subito dopo Ruanda e Samoa e con il punteggio più basso dal 1997. Rispetto al 2009 l’Italia perde quattro posizioni.
L’alto indice di corruzione e la bassa trasparenza scoraggiano gli investimenti esteri in Italia con gravi conseguenze per il sistema economico e per la base occupazionale.
L’applicazione della total disclosure in Italia insieme ad altri fattori rappresenta una inversione di tendenza ed una nuova considerazione del nostro paese con una ricaduta positiva sullo scenario competitivo globale.
Determinazione degli standard dei servizi pubblici
Il decreto legislativo n. 198/2009 ha introdotto l’azione di classe individuale o collettiva nei confronti della PA o di un concessionario di pubblico servizio nei casi in cui viene accertata la violazione dei tempi e degli standard qualitativi dei servizi. In questo caso la normativa prevede l’obbligo da parte della PA inadempiente su ordine del giudice di intervenire ponendo rimedio alla violazione.
L’azione esercitata assomiglia ad un ricorso per l’efficienza delle PA, non può avere ad oggetto una richiesta individuale o collettiva di risarcimento del danno ed è rivolta a pressare la PA inefficiente. Per i motivi indicati l’istituto introdotto è molto riduttivo e debole nei meccanismi di tutela degli utenti e non è per nulla paragonabile alla class action realizzata negli Stati Uniti ed in altri Stati.
Per rendere applicabile la nuova azione è necessario che le PA adottino gli indicatori per la misurazione del livello della qualità dei servizi erogati e rendano trasparenti ed accessibili (carta dei servizi, pubblicazione nel sito istituzionale) gli standard della qualità dei servizi stabiliti al fine di consentire agli utenti di verificarne il rispetto in rapporto al servizio richiesto o ricevuto.
Il processo di definizione e misurazione degli standard di qualità rientra nel quadro più ampio del sistema di misurazione e valutazione della performance che le PA devono adottare che comprende il piano, la relazione, la rendicontazione e la trasparenza della performance.
Enti locali e Regioni
I tempi e le modalità di attuazione del decreto legislativo nelle autonomie locali è negli aspetti più essenziali non immediatamente applicabile negli enti locali e nelle regioni poiché la normativa prevede una scadenza, 31 dicembre 2010, entro la quale dovranno essere adeguati gli ordinamenti ai principi contenuti negli articoli 3, 4, 5, comma 2, 7, 9 e 15, comma 1. Di conseguenza i ministeri e gli enti pubblici nazionali, i quali hanno recepito gli indirizzi della Commissione nelle diverse materie, inizieranno il nuovo modus operandi dal 1 gennaio 2011 e gli enti locali e le regioni continueranno ad applicare le disposizioni vigenti fino al 31 dicembre 2010 in attesa dell’adeguamento dei propri ordinamenti e dal nuovo anno sono chiamati ad applicare gli istituti previsti dal decreto legislativo.
Inoltre, è prevista la definizione di protocolli d’intesa tra la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, l’Anci l’Upi e la Commissione. Tali protocolli sono stati al momento stipulati soltanto con l’Anci e l’Upi.
Si segnala il progetto di sperimentazione promosso dall’Anci e rivolto ai comuni per sostenere il processo di cambiamento delle PA. Alla sperimentazione hanno aderito fino al mese di agosto solo 586 comuni.
L’iter procedurale previsto dalla normativa per raccordare e sostenere il cambiamento nelle autonomie locali, rappresentate da 8100 comuni, da 110 province, da 20 regioni e dagli enti del Servizio Sanitario Nazionale attraverso le diverse associazioni si è dimostrato lungo, farraginoso e complesso.
Ritengo che poteva essere prevista la costituzione in ogni regione di una Commissione Regionale al fine di semplificare il processo, sostenere, controllare ed indirizzare l’applicazione degli istituti previsti dal decreto legislativo 150/2009, collegare gli enti locali alla Commissione Centrale e favorire la partecipazione delle associazioni a livello regionale.
Gli enti pubblici che sono dotati di management ampio e funzionale sono in grado di realizzare la riforma al contrario i piccoli comuni, sprovvisti di personale in grado di implementare gli indirizzi della Commissione, si trovano in difficoltà e hanno bisogno di guida e di sostegno.
L’anno 2010 è quasi interamente trascorso senza novità di rilievo nelle autonomie locali ed un altro periodo di tempo trascorrerà nel 2011 per l’implementazione operativa dei contenuti del decreto legislativo in materia di costituzione dell’OIV, misurazione e valutazione della performance, piano della performance, piano della trasparenza e dell’integrità, determinazione degli standard di qualità, premi e merito.
Il tempo è una risorsa che non può essere risparmiata o conservata ma impiegata bene o male ed il suo efficace utilizzo dipende dal fattore velocità. L’efficacia della riforma della PA è misurata dall’intervallo di tempo tra la data di approvazione del decreto legislativo n. 150/99 e la sua realizzazione operativa: - tempi lunghi di realizzazione indicano scarsa efficacia in un contesto ambientale mutato e, quindi, bassa adattabilità al contesto; - tempi bassi di attuazione significano efficacia nella realizzazione e possibilità di adeguarsi ai cambiamenti continui che avvengono nel pianeta.

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martedì 9 novembre 2010

Alluvione: si al Veneto no al Ponte sullo Stretto di Messina

Conferenza stampa del PD di Verona e presenza di Enrico Letta a Vicenza e Verona
Ieri, nella sede del Pd, si sono riuniti i deputati Gianni Dal Moro e Federico Testa, il consigliere regionale Franco Bonfante e il segretario provinciale Vincenzo D'Arienzo per presentare la proposta del Partito Democratico a sostegno delle popolazioni e delle imprese colpite dall'alluvione.
I risarcimenti alle famiglie e alle imprese non sono un'eventualità a discrezione del governo regionale ma un diritto riconosciuto dalla Legge Regionale n.4 del 30 gennaio 1997 ("Interventi a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali") la quale determina tipologia di danni e percentuali di rimborso, ad esempio: case, negozi, capannoni, uffici (75%); impianti, attrezzature, arredi (50%); auto, moto, camion (50%).
Senza attendere il pur doveroso aiuto del Governo, la Regione può dunque intervenire da subito finanziando tale legge. A questo proposito il Pd propone di stanziare 800 milioni in quattro anni. Gli importi, da aggiungere a quelli di Stato e Unione Europea, dovranno servire all'erogazione di contributi alle famiglie e alle imprese colpite dall'alluvione; alla riparazione delle opere pubbliche danneggiate e alla messa in sicurezza degli argini dei fiumi affinché non si ripetano simili situazioni.
I soldi per finanziare la legge possono essere recuperati nel modo seguente, lasciando immutate i finanziamenti per scuola e sanità: - 20 milioni per le auto blu; - 480 mila euro per le spese di rappresentanza; i 260 mila per miss Italia nel mondo; l’azzeramento delle indennità di decine di enti e la introduzione del gettone di presenza di 30 euro.
Osserva Franco Bonfante, vicepresidente del Consiglio regionale veneto: “Potendo ancora disporre dei 350 milioni all'anno scippati al Veneto dall'ultima finanziaria Berlusconi-Tremonti con precisa responsabilità di Luca Zaia che ha rotto il fronte dei presidenti di Regioni contrari ai tagli, oggi non ci sarebbe bisogno di piagnistei, né di elemosine, né di ridicole dimostrazioni di forza come la minaccia di trattenere le tasse nel Veneto”.
Si dirottino i soldi stanziati per il ponte sullo Stretto di Messina, pari a 1 miliardo e 200 milioni di euro, per interventi a sostegno delle famiglie e delle imprese venete colpite, e per interventi di tutela del suolo e di protezione civile.
Osserva l'onorevole Gianni Dal Moro: “Quando ha voluto i soldi la Lega li ha trovati, ad esempio per non far pagare le quote latte ai furbetti della stalla. Caro Presidente Zaia, se di fronte a questa grave emergenza veneta fatta di morti, feriti, di famiglie e imprese disperate, non trovate il modo di farvi dare i soldi da Roma, può vuol dire solo due cose: o che non contate nulla o che, come al solito, fate tante chiacchiere e pochi fatti”.
Va garantita l'attuazione del documento unitario recentemente approvato in Regione che prevede sgravi fiscali a famiglie e imprese colpite dall'alluvione. Inoltre vanno moltiplicate su tutto il territorio provinciale e regionale le iniziative di dilazione, sospensione o riduzione del pagamento delle bollette in favore delle popolazioni alluvionate sul modello di quanto già ottenuto dal Pd con Agsm Verona.
L’onorevole Federico Testa ha sottolineato “l’incoerenza della Lega. Prima approva stanziamenti al Sud per centinaia di milioni - Catania, Palermo e Roma - e poi scopre che non ci sono risorse per il Nord”.
Occorre una diversa politica di gestione del territorio veneto, che ne consideri la fragilità, evitando quelle opere che ne mettono a rischio l'equilibrio con un'esagerata cementificazione (si vedano i 4 milioni di metri quadrati di centri commerciali e zone industriali noti come Autodromo del Veneto.
In attuazione di tutti i provvedimenti elencati ai punti precedenti si chiede l'istituzione di una cabina di regia nella quale siano presenti anche i rappresentanti delle minoranze, indispensabili per garantire il massimo coinvolgimento e la piena assunzione di responsabilità.
Nella giornata di ieri è stato presente a Vicenza e Verona Enrico Letta, vice segretario del Partito Democratico, per esprimere la solidarietà e l’impegno del Partito Democratico a sostegno del Veneto. Letta si è impegnato a chiedere la sospensione dei tributi e dei pagamenti; l’esenzione dal Patto di Stabilità per i comuni colpiti dall’alluvione; risarcimenti per i danni; una cassa integrazione speciale. Ha espresso, inoltre, la disponibilità del Partito Democratico a concordare con la maggioranza gli emendamenti finalizzati ad aiutare le popolazioni venete.

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