venerdì 28 gennaio 2011

Sylvia Kranz scrive a Pietro Ichino sulla riforma delle PA

Caro Pietro Ichino,
intervengo nella vicenda delle dimissioni dell’Ing. Pietro Micheli e della lettera aperta da lui inviata al Ministro Brunetta.
Parlo da tecnico della pubblica amministrazione locale, con un discreto bagaglio di esperienza, avendo visto il susseguirsi di diverse riforme della Pubblica Amministrazione dal 1990 in qua.
Sono dirigente dell’Ufficio Associato Interprovinciale, che ha sede a Cesena (FC) e che per 55 Comuni di sei province dell’Emilia Romagna, gestisce alcune delle funzioni “core” della Riforma Brunetta: Funzione Disciplinare e contenzioso del lavoro, Relazioni sindacali e Servizio Ispettivo. Pubbliche amministrazioni locali che, credendo nelle potenzialità di “fare rete”, dall’inizio del 2010 stanno lavorando per prepararsi all’avvio della fase applicativa cercando di uniformare Regolamenti, sistemi di valutazione, regole condivise e individuazione degli OIV.
Vorrei esporre alcune considerazioni sulla vicenda delle lettere di Micheli al Ministro, della risposta della residua componente della Civit a Micheli e dell’editoriale di Carlo Mochi Sismondi in risposta ad entrambi, apparsa sul sito di ForumPA.
In occasione di due iniziative organizzate da alcuni dei miei Comuni, ho conosciuto e apprezzato l’approccio del Prof. Micheli, che si è messo a disposizione delle amministrazioni locali per meglio comprendere le nostre realtà gestionali e amministrative per adattare le sue conoscenze e competenze acquisite nell’Audit Commission e nelle pubbliche amministrazioni inglesi alle realtà italiane e poter contribuire a impostare moderni sistemi di valutazione delle performance delle pubbliche amministrazioni. Perché le realtà delle pubbliche amministrazioni italiane sono talmente variegate e complesse che non è possibile immaginare che un unico strumento possa rappresentarle tutte. Ed ha ragione, a mio avviso, il prof. Micheli, quando parla di eccessiva rigidità della Riforma. Non possiamo dimenticare che la Riforma ha subito una metamorfosi imponente nei vari passaggi parlamentari. Inizialmente prevedeva un unico “modello” che soltanto nelle ultime versioni del Decreto ha recepito le istanze della Amministrazioni non Statali. E le modifiche del modello originale, inutile nascondercelo, sono il frutto di un compromesso tra il modello immaginato dal Ministro e le richieste di adattamento avanzate dalle altre Amministrazioni, per non parlare di altri “soggetti” intervenuti a vario titolo nella stesura del testo definitivo. Quel compromesso di modello ha consentito varchi interpretativi nei quali in questi mesi si sono inserite le resistenze di altri soggetti (come alcune Organizzazioni Sindacali ad esempio) cui si sono aggiunte sentenze interpretative della Giustizia lavoristica e Contabile. Abbiamo nel frattempo assistito all’approvazione di due manovre correttive e di un Decreto Collegato Lavoro che, posso affermarlo senza tema di smentite, hanno via via paralizzato in moltissimi casi l’azione degli Uffici del Personale, stretti tra obblighi attuativi e pesanti responsabilità contabili e amministrative. Ciononostante le pubbliche amministrazioni locali hanno continuato a studiare la Riforma e le possibili modalità attuative per approvare nei tempi stabiliti le modifiche ai sistemi di valutazione delle prestazioni già da tempo vigenti. Perché le pa locali hanno da tempo dei sistemi di valutazione delle prestazioni. Più o meno validi, più o meno complessi. Qualche collega fin dal novembre 2009 ebbe occasione di dire che nelle Amministrazioni Locali non eravamo all’anno zero per quanto concerneva i sistemi di valutazione. Abbiamo sempre avuto consapevolezza che erano le Amministrazioni Statali, per lo più, a trovarsi all’anno zero. Anche la funzione disciplinare era esercitata prevalentemente nelle amministrazioni locali più che in quelle Statali. Ma abbiamo accolto con umiltà e attuato anche quella parte della Riforma Brunetta, onestamente per alcuni versi eccessivamente draconiana, come qualunque strumento deve esserlo quando ha il compito di “raddrizzare” le schiene eccessivamente deboli. In un versante la Riforma ha mancato a mio avviso l’obiettivo, mi riferisco all’individuazione degli elementi costitutivi dell’insufficiente rendimento e dell’incompetenza. Ha stabilito sanzioni pesantissime ma ha legato ai nuovi sistemi di valutazione delle prestazioni l’individuazione degli elementi “disciplinarmente rilevanti” dell’insufficiente rendimento. Dal mio osservatorio posso dire che siamo tutti in estrema difficoltà poiché la Riforma, legando al sistema di valutazione della prestazione l’individuazione dei comportamenti rilevanti, comunque derivanti (così pretende la Brunetta) da inosservanza di leggi regolamenti ecc., ha negato in radice il valore della valutazione come strumento di valorizzazione delle competenze, riconducendolo a strumento di repressione. Le amministrazioni sono dunque di fronte ad un bivio. Scegliere di impostare un sistema di valutazione che valorizzi le persone ignorando l’esigenza di costituirlo quale fonte di prova di comportamenti disciplinarmente scorretti. Oppure recepire questa parte della Riforma rassegnandosi a che la valutazione costituisca, o comunque venga visto dai dipendenti, quale strumento per bastonare anziché premiare.
In questo quadro di estrema difficoltà ad operare nel quotidiano, abbiamo nel frattempo registrato il prosciugarsi delle possibilità di introdurre miglioramenti economici fino al 2013 imposto a tutte le amministrazioni indipendentemente dallo stato, magari florido, dei loro bilanci. E da ultimo il sottrarsi di ben tre Ministeri alla Riforma. Si cita la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero delle Finanze tacendo dell’eccezione del Ministero della Pubblica Istruzione e Ricerca, sottratto dallo stesso Decreto Brunetta all’attuazione del sistema di valutazione come stabilito dall’art. 74, comma 4. Vediamo anche nelle delibere approvate dalla Civit in questi mesi e in atti e interpretazioni di una molteplicità di soggetti istituzionali, il lento inesorabile movimento all’affossamento Gattopardesco della Riforma. Trovo che in questo quadro desolante sia inane l’esortazione di Mochi Sismondi nell’ultimo editoriale apparso sul sito di ForumPA al serrare le fila e armarsi per la “guerra”. E’ nei vertici del Governo la volontà di affossare questa Riforma. E’ nel “Sistema” che ha inglobato coloro che dovevano innovare, mi riferisco anche alla Civit, che appare impegnata all’esecuzione degli adempimenti formali e non in grado di attuare gli impegni veramente riformatori di cui era promotore il Prof. Micheli. Chi attuerà la Riforma Brunetta? Uno sparuto drappello di amministrazioni destinate a resistere per propria vocazione, come giapponesi sull’isola deserta, assumendosi grandi responsabilità senza alcun riconoscimento. Il prof. Micheli a mio avviso si è ribellato a questo destino. Avrebbe potuto restare, tacendo le proprie perplessità sullo stato di attuazione della Riforma, continuando a percepire il corposo assegno che i membri della Civit incassano e facendo finta di raccogliere l’acqua con un mestolo forato. Per un reale cambiamento dell’attuale condizione della Pubblica Amministrazione ha fatto più il prof. Micheli con la sua lettera aperta ad un Ministro che non risponde, di quanto non facciano i troppi consulenti ben pagati, quanto spesso scarsamente titolati, che stanno sfruttando la situazione, in attesa della prossima Riforma epocale della Pubblica Amministrazione. Purtroppo registro che la reazione alla sua lettera è il silenzio. Ha scritto una lettera denuncia che avrebbe dovuto provocare una reazione indignata sia nel Ministro che nei giornali, se non fosse fondata su considerazioni cui è difficile ribattere sapendo che ha molte ragioni. L’oblio è la risposta. Una risposta che conferma.
Sylvia Kranz
(Ufficio Associato Interprovinciale prevenzione e risoluzione patologie del rapporto di lavoro – Cesena –FC)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissima lettera Sylvia, complimenti!

Unknown ha detto...

La valutazione individuale nella PA, sorta in ambienti accademici con scarsa conoscenza delle nostre realtà gestionali e amministrative, può definirsi un bluff, cosi come indirettamente riconosce la Kranz laddove giustamente evidenzia che “le realtà delle pubbliche amministrazioni italiane sono talmente variegate e complesse che non è possibile immaginare che un unico strumento possa rappresentarle tutte”
Inoltre, occorre considerare i costi sproporzionati che l’introduzione dei sistemi valutativi richiede, così come emerso dall’iniziativa avviata in via sperimentale dal Formez, che ha riguardato 22 aziende sanitarie della penisola, ove l’incidenza del numero dei valutatori impiegati è stata dell’8% rispetto al numero dei valutati, con esclusione del personale applicato a livello centrale per l’implementazione dei dati e la successiva elaborazione.