domenica 7 agosto 2011

Berlusconi: si allo status quo e no alla discontinuità

Sembra che sulla situazione economica dell’Italia Berlusconi ed il Governo stiano scherzando o aspettando che la crisi internazionale venga superata automaticamente dalle libere forze del mercato e soffi il vento della prosperità e della crescita in Italia senza interventi da parte del Governo per cambiare l’iniquità dell’equilibrio esistente.
In questi ultimi giorni Berlusconi sembra essersi svegliato: - E’ intervenuto in Parlamento senza suscitare interessi in particolar modo del mercato; Si è incontrato con le parti sociali, le quali hanno richiesto inutilmente interventi immediati pari alla gravità della situazione economica del paese.
Berlusconi rimanda tutto a settembre e non specifica in modo dettagliato il piano del Governo per affrontare la crisi del Paese e non comprende che occorrono riforme strutturali dirette a sostenere la crescita del paese e che la manovra economica appena approvata rinvia il problema del pareggio del bilancio al 2014 dopo le elezioni politiche del 2013. Inoltre, occorre tenere presente che i tagli indiscriminati e lineari della manovra colpiscono le autonomie locali e la gestione dei servizi pubblici (trasporti, sanità, previdenza) ed il ceto medio e le classi più deboli che più di tutti pagano gli effetti della crisi.
I mercati non si sono placati ed in questi ultimi giorni lo spread dell’Italia è arrivato al punto più alto 375, superando la Spagna che si attesta 369, con la conseguenza che il debito pubblico si amplia a causa dell’aumento degli interessi sui titoli pubblici.
Gli effetti della crisi internazionale sono devastanti per l’Italia che si trova impreparata ad affrontare gli effetti della crisi ed attuare quelle riforme strutturali urgenti che uno stato moderno e responsabile non può rimandare sine die:
- Produttività del lavoro attraverso interventi di ricerca, sviluppo ed innovazione per recuperare il gap con gli altri paesi;
- Riforma fiscale che permetta un forte recupero dell’evasione fiscale, il riequilibrio del carico fiscale a vantaggio delle imprese e dei lavoratori e l’adeguamento della tassazione delle rendite finanziarie al 20% (esclusi i titoli pubblici);
- Sostegno della domanda di consumo per i ceti più deboli che a causa dei tagli dell’ultima manovra sono sempre meno tutelati ad affrontare il problema della sopravvivenza;
- Rivisitazione della riforma delle PA, particolarmente negli enti locali, per sostenere la competitività delle imprese e la qualità della vita dei cittadini attraverso la diminuzione dei costi della burocrazia e dei tempi di erogazione dei servizi alle imprese ed ai cittadini;
- Una riforma del mercato del lavoro che ponga fine alla moltiplicazione del lavoro precario e sottopagato e favorisca una politica attiva del lavoro con degli ammortizzatori sociali finalizzati a tale scopo;
- Una valutazione attenta e responsabile della spesa pubblica per eliminare gli sprechi e le spese improduttive che non creano valore ai cittadini ed alle imprese ed una riconsiderazione del sistema di potere che governa le funzioni dello Stato e delle autonomie locali attraverso la semplificazione ed il ridisegno dei processi che erogano servizi e svolgono funzioni essenziali (efficienza, efficacia e tagli ai costi della gestione).
Berlusconi in una conferenza stampa, dopo le pressioni della Bce e UE, presenta la nuova agenda del Governo formata da quattro punti:
- Anticipazione della manovra economica al 2013
Questo è l’unico punto che incide concretamente sull’economia del paese. La manovra economica, definita macelleria sociale da Famiglia Cristiana, andrebbe rivista perché è iniqua e colpisce i lavoratori e le imprese e non elimina gli sprechi, i doppioni e le spese improduttive che tendono ad aumentare senza controllo ed incidono ed incideranno sui bilanci dello Stato.
- L’inserimento dell’obbligo di bilancio in pareggio nella Costituzione
Ritengo che l’eccesso della politica di bilancio è rappresenta da un deficit eccessivo e fuori controllo come quello dell’Italia (rapporto deficit/Pil 120%). Al contrario una politica di bilancio con un deficit contenuto e sotto controllo che finanzi la crescita può rappresentare in alcuni momenti un utile strumento per il paese in un momento di grave difficoltà.
Privarsi dello strumento del deficit di bilancio significa restringere gli spazi di intervento del governo e non considerare che dopo l’approvazione del bilancio vi possono essere dei fattori non previsti (rialzo del tasso degli interessi e crisi internazionale) che causano tale situazione.
- La modifica dell’articolo 41 della Costituzione sulla libertà economica
Non si è mai verificato un caso in cui la libertà d’impresa fosse compressa dall’art. 41 della Costituzione. Per tale motivo si ritiene propagandistica ed inefficace tale proposta che non risolve i problemi delle imprese. Il vero problema delle imprese è la mancata crescita in un sistema paese non competitivo ed in un ambiente non favorevole. Pertanto, gli interventi da fare sono diversi dalla modifica dell’art. 41 della costituzione. Per approfondire l’argomento si invita a leggere gli articoli di: - Pietro Ichino; - Valerio Onida; - Stefano Ceccanti.
- La riforma del lavoro e dello Statuto dei Lavoratori
Questo punto viene definito da Tito Boeri un oggetto misterioso. Infatti non sono stati presentati in modo chiaro e completo i contenuti della riforma che si intende attuare e gli obiettivi che si intendono perseguire.
Le proposte di Berlusconi sono unilaterali e non nascono da un confronto serio con le opposizioni e le forze sociali che possono contribuire a rendere le misure più adeguate agli interessi ed alla crescita del paese.
Senza interventi che favoriscono la crescita economica del paese questo paese rischia di non salvarsi e tramanda le ingiustizie sociali che sono confermate dalla manovra economica.
Dai recenti dati dell’Istat si evince che l’Italia non arretra e non cresce. Nel secondo trimestre 2011 la crescita del Pil è stata solo dello 0.3 % e dello 0.8 % rispetto allo stesso trimestre dell'anno prima. La produzione industriale di giugno arretra dello 0,6% rispetto a maggio. La proiezione del Pil per il 2011 è di 0,7%, inferiore a quanto stimato dal Documento di economia e finanza (+1,1% su base annua). Un dato che indica le difficoltà che l'Italia incontra per incrementare il prodotto interno lordo.
Il messaggio del Governo ai mercati ed ai cittadini è negativo e non recupera credibilità perché non è in grado di dare segnali di discontinuità rispetto alle scelte che fino a questo momento hanno caratterizzato l’azione di politica economica.

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