martedì 25 settembre 2012

Contratto chimici: la Cgil ci ripensa

Articolo di Giulio Sapelli pubblicato sul Corriere della Sera il 25 settembre 2012
L'Italia continua a essere un Paese straordinario, ricco di risorse umane e di solidarietà sociale che fondano la tenuta sia tecnologica sia economica del nostro sistema produttivo e della società tutt'intera. A fronte di un potere politico in trasformazione profonda per la crisi dei partiti e uno scenario economico internazionale sempre più difficile, ogniqualvolta si fa appello alla condivisione e alla partecipazione, l'Italia rivela se stessa. Vien da pensare a quelle tre virtù «penultime» che per Simone Weil dovevano riempire i cuori e informare i comportamenti dei produttori, datori di lavoro e lavoratori: l'umiltà, l'attenzione, il rispetto. Non è fuori luogo richiamare questi valori quando leggiamo le ipotesi di accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore chimico, firmato il 22 settembre scorso. Accordo importantissimo che si inserisce tempestivamente nel dibattito in atto sulla produttività e a tale dibattito può dare un grande apporto. I tempi in cui quest'intesa è stata raggiunta sono stati rapidissimi: solo due incontri nell'arco di una settimana. E questo grazie a un dialogo tra le parti sociali che fin dal giugno del 2011 è stato continuo, pragmatico e diretto a risolvere i problemi con una mentalità innovativa. Si pensi che al centro del contratto vi è un concetto di produttività fondato sulle capacità personali, sulle buone relazioni industriali e quindi sulla flessibilità organizzativa che da queste discende. La formazione è al centro quindi non solo della produttività, ma anche della capacità del lavoratore di svolgere determinate attività che consentono una flessibilità nella prestazione lavorativa mai punitiva.
Produttività e buona occupazione sono i temi centrali di questo accordo che a mio parere ha un ruolo storico perché fonda il rispetto da parte di tutti delle norme contrattuali sulla qualità delle relazioni industriali e sulla valorizzazione del livello aziendale della contrattazione collettiva, collegando strettamente la competitività dell'impresa con l'informazione e la partecipazione dei lavoratori. Essenziale in questo contratto è il concetto di «occupabilità». Esso si sostanzia delineando un patto di solidarietà generazionale che si fonda sulla disponibilità delle aziende firmatarie a investire su nuove assunzioni di giovani a fronte della disponibilità dei lavoratori anziani occupati a trasformare in vista della pensione il proprio contratto da full time a part time. Ecco un patto sociale intergenerazionale che non solo offre ai giovani l'opportunità di lavorare ma riduce il carico di lavoro delle persone più anziane investendole di una grande responsabilità sociale. Naturalmente questo progetto, secondo un'impegnativa logica della sussidiarietà, chiama a gran voce interventi legislativi necessari per attenuare l'impatto sulle retribuzioni e sul trattamento pensionistico dei lavoratori che potrebbero dare la loro disponibilità a un'uscita anticipata e graduale grazie al part time. Se consideriamo gli aspetti di welfare aziendale e gli aumenti retributivi previsti che sono già tipici delle categorie interessate al contratto vediamo che si delinea davanti a noi un sistema di relazioni industriali fortemente innovativo per il nostro Paese e che si allinea alle esperienze internazionali «comunitarie» delle altre nazioni. Inoltre, per dirla in termini tecnici, quest'accordo ha un'assoluta coerenza con quello confederale del 28 giugno 2012 che ha segnato un punto di contatto importante tra tutte le organizzazioni sindacali nazionali. È sconcertante in questo contesto l'episodio di cui è stato protagonista il valoroso segretario generale di categoria della Cgil Alberto Morselli. Egli, dopo aver firmato il contratto, si è senza clamori dimesso. Io credo per la dichiarazione di Susanna Camusso la quale, interpellata sull'accordo, ha detto che avrebbe dato un giudizio solo dopo averne letto attentamente il testo, sconfessando di fatto il suo sindacato di categoria. Si ripropone qui in tono forse più drammatico per i tempi che viviamo la vicenda che investì Bruno Trentin nel giugno 1992, quando si dimise da segretario generale della Cgil dopo aver firmato l'accordo che disdettava il nefasto patto sul punto unico di scala mobile. La ragione di ciò sta nel fatto che le tre virtù penultime di Simone Weil, che sono la fonte di una buona vita lavorativa, per diventare carne e sangue della vita quotidiana di chi lavora hanno bisogno anche di una delle importanti virtù cardinali che spesso dimentichiamo: la virtù della temperanza, che ci rende capaci di equilibrio, dominando gli istinti e mantenendo i desideri nei limiti della responsabilità. Naturalmente solo i forti sanno essere temperati, e solo i forti sanno essere prudenti e giusti. E in quest'Italia dilacerata la forza e la giustizia vengono dal mondo del lavoro e dell'impresa socialmente orientata e perciò avviata a una maggiore redditività economica. Per questo spero che Morselli torni al suo posto al fianco dei lavoratori.

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