giovedì 28 marzo 2013

La sfida del cambiamento

Dichiarazioni di Alessia Rotta e Diego Zardini
In un ambiente caratterizzato da bassa competizione globale e dinamismo economico il cambiamento non rappresenta un problema da affrontare con immediatezza. Al contrario l’ambiente in cui è presente l’Italia è caratterizzato dalla competizione globale e da una evoluzione costante e, pertanto, il paese ha necessità di introdurre straordinari cambiamenti “non soltanto per competere e prosperare, ma anche solo per sopravvivere” (Kotter, 1998).
La globalizzazione è la risultanza di tante forze legate al cambiamento: tecnologica, integrazione economica internazionale, crescita del mercato interno. Rispetto a queste forze il paese si trova impreparato perché le regole, l’assetto istituzionale ed il sistema politico non sono all’altezza di interagire positivamente con la globalizzazione e coglierne le opportunità.
Tra gli aspetti negativi dell’Italia vi sono: la bassa trasparenza, l’alto tasso di corruzione, l’alta sfiducia nel sistema dei partiti, la bassa produttività, il ritardo dell’impresa facilitata dall’attuale assetto economico e sociale e soprattutto l’emergenza dei problemi sociali.
Il cambiamento è necessario e finalmente un’esponente politico, Pierluigi Bersani segretario del Partito Democratico, si fa carico di formare un Governo all’insegna del cambiamento, rompendo il tradizionale metodo dei compromessi e degli accordi opachi. Purtroppo le forze politiche uscite dalle recenti consultazioni elettorali non comprendono il senso dell’urgenza del cambiamento, punto questo indicato da Kotter  al primo posto negli otto stadi per realizzare il cambiamento nelle organizzazioni. Non capiscono le forze politiche che il cambiamento è la sopravvivenza del sistema dei partiti e del paese.
“Il nuovo parlamento, ha dichiarato Diego Zardini parlamentare del PD, e' costituito da una grandissima percentuale di donne, di giovani ed è rinnovato con picchi mai eguagliati nella storia del nostro Paese. Grazie alle Primarie il PD ha creato un forte legame dei nuovi parlamentari col territorio. Questo grande patrimonio deve trovare espressione in un Governo per il paese che abbia nei suoi propositi una fortissima innovazione programmatica, in grado di vincere le difficilissime sfide che abbiamo davanti a noi. Tutte le forze politiche dovranno prendersi una parte di responsabilità, con opportuna reciprocità, a favore delle riforme, come proposto da Bersani”.
La giornata politica di ieri fa comprendere facilmente che il senso dell’urgenza e la consapevolezza del cambiamento non è avvertito da alcune rappresentanze parlamentari e, di conseguenza, è irrealizzabile qualunque forma di cooperazione.
Prevale ancora l’occupazione del potere attraverso compromessi e accordi obsoleti finalizzati al mantenimento dello status quo. Persino il M5S che ha raccolto il consenso ampio di una contestazione attiva pensa di distruggere ogni cosa senza porsi il problema di costruire e rappresentare i propri elettori attraverso l’approvazione di punti significativi del loro programma.
Il problema è che l’attuale equilibrio instabile è figlio delle vecchie regole che nessuno vuole abbandonare perché hanno fruttato consensi e privilegi ed il futuro costruito sul cambiamento non offre alcuna sicurezza. Ad esempio l’approvazione di una nuova legge anticorruzione comprensiva del voto di scambio e del falso in bilancio avrebbe due effetti immediati: 1) Il M5S avrebbe un argomento in meno da contestare; 2) Il PDL avrebbe meno tutele per Berlusconi.
Alessia Rotta, deputata del Partito Democratico, con riferimento al cambiamento dichiara "In Italia non mancano uomini e mezzi per competere, mancano metodo e rigore."  E ancora "Noi crediamo nell’avvenire del nostro Paese, sentiamo il dovere di lavorare in tutta la misura delle nostre forze per costruire giorno per giorno l’edificio della libertà e delle giustizia, che soprattutto vogliamo preparare per le nuove generazioni.
Potremmo citare, in questi giorni, numerosi padri della nostra patria da Berlinguer a Spinelli. Le due frasi riferite di cui sopra sono invece, rispettivamente di Adriano Olivetti e di Enrico Mattei. Due uomini grandi della vita economica e sociale italiana, oltreché politica”.
“E' a loro che penso, conclude Alessia Rotta, quando cerco ispirazione e spesso in questi giorni accade, per cercare il senso. Trovare strade battute di persone illuminate, che, la storia ci racconta, spesso non sono state ascoltate. Il loro tempo era allora, ma nell'incompiutezza del loro mandato, nella profezia non ascoltata è anche e soprattutto l'oggi.
Penso a questo: al cambiamento non possibile, ma già in atto oggi, con le persone che rappresentano i cittadini, a quei deputati scelti non dai partiti, non dalle nomenclature, ma da altri cittadini alle primarie. E penso all'occasione che potremmo perdere o aver perduto.
Perché di rabbia non si vive, né si mangia”.
Il M5S all'incontro con Bersani ha espresso una contraddizione: NO alla fiducia al Governo Bersani e SI all'approvazione di singoli provvedimenti condivisi, dimenticando che tali provvedimenti non possono esserci senza la nascita di un Governo di cambiamento. Inoltre, ho notato una presunzione nel momento in cui la Lombardi ha dichiarato che il M5S non si incontra con le parti sociali in quanto loro sono le parti sociali. Dimentica Lombardi che loro sono dei parlamentari a prescindere dalle loro esperienze personali e che le parti sociali sono altro. Altra scorrettezza della Lombardi che ha dichiarato: Mi sembra di assistere ad una puntata di Ballarò. Non comprende la capo gruppo del M5S che al tavolo delle trattative si cerca di costruire il futuro del paese con nuove regole.
In definitiva il M5S si assume la responsabilità di non far nascere un Governo di cambiamento, tanto voluto da Bersani e dal PD e prospettato a suo modo dal M5S durante la campagna elettorale.
IL M5S ha una autonomia limitata perché condizionato dalle dichiarazioni scorrette e volgari di Grillo pubblicate sul suo blog che hanno la finalità di distruggere e non innovare e reprimere la coscienza dei deputati del movimento che in condizioni diverse avrebbero senz’altro offerto il loro contributo per il bene del paese.
Ritengo che per la gravità dei problemi del paese non può nascere un Governo qualunque ma di cambiamento altrimenti si corre il rischio di ricorrere agli elettori con le carte truccate, senza aver cambiato le regole e con la pretesa di far assumere agli elettori la responsabilità di effettuare delle scelte chiare e responsabili. Su questa strada aumenta il populismo e l’antipolitica in un momento in cui è ora di cambiare.

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martedì 19 marzo 2013

Alessia Rotta: elezione di Laura Boldrini

In un periodo di grande incertezza ed oscurantismo le istituzioni repubblicano trovano la forza per eleggere Laura Boldrini alla Presidenza della Camera e Pietro Grasso alla Presidenza del Senato, due figure di alto livello morale e professionale che rappresentano il cambiamento nelle istituzioni.
Ieri è stata una giornata emozionante per tali avvenimenti. Non abbandoniamo la speranza di avere un governo che affronti i problemi del paese in modo innovativo e democratico.
Alessia Rotta, neo parlamentare del Pd, ha dichiarato: “Ora!Quante volte nelle manifestazioni cui ho partecipato, l'ultima del One billion rising alla domanda di Se non ora quando ? Abbiamo risposto ORA. Ora è oggi. Laura Boldrini, una donna coraggiosa è Presidente della Camera. Gli occhi lucidi hanno tradito la mia emozione durante tutto il suo intenso discorso.
La sua non è una dichiarazione: gli ultimi da cui è necessario ripartire, sono da 20 anni, da quando Laura Boldrini lavora per l’Onu, il suo cimento quotidiano. “Non ci siamo dimenticati di chi ha perso il lavoro, dei pensionati, di chi non ce la fa, delle donne vittime di femminicidio” dice Laura Boldrini. Ecco è questo il tempo, finiti gli annunci, di fare parlare le persone, finito il tempo dei falsi curricula, finito il tempo della campagna elettorale. E’ tempo delle persone di valore, come la nostra Presidente, come Pierluigi Bersani che, non per interesse del momento, ma per convinzione democratica, dopo aver chiesto il contributo di tutti, ha scelto nel segno del rinnovamento, della competenza, della responsabilità. Le vecchie logiche non esistono più, Il Partito Democratico, Italia Bene Comune, hanno scelto una donna che vuol tornare a fare muovere la politica dalla passione. E poi, lasciatemelo dire, è una giornalista, che ha lasciato il suo alto incarico per fare ritrovare al Pese e alle istituzioni la bussola, pardon la rotta”.
“Ieri proprio in aula, conclude Rotta, ci eravamo presentate, da deputata a deputata, aveva solidarizzato con la causa di Save the children, di cui indossavo la maglia. Auguri Presidente nostra, sono così felice!”
Non possiamo non condividere la passione e l’emozione di Alessia Rotta che con l’elezione di Laura Boldrini a Presidente della Camera ha avuto un impatto positivo con le istituzioni repubblicane.
Sono molti i parlamentari neo eletti che possono, se lo vogliono e se possiedono la sensibilità giusta, contribuire a ridare dignità al paese attraverso l’impegno finalizzato a risolvere i problemi indicati da Laura Boldrini e Pietro Grasso. Buon lavoro a tutti per il bene del Paese.

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lunedì 18 marzo 2013

Grillo pretende obbedienza e non pluralismo

Articolo di Ilvo Diamanti pubblicato su La Repubblica il 18 marzo 2013
Ce l’ha fatta, il Pd, a far eleggere i propri candidati alle Camere. Era tutt'altro che scontato, soprattutto al Senato. C'è riuscito perché non li ha "imposti", ma "proposti". Ha scelto due figure credibili e di alto profilo. Esterne al partito. Laura Boldrini, già portavoce dell'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati. Eletta nelle liste di Sel. E poi Pietro Grasso. Una biografia esemplare e coerente, di lotta alle mafie. Al Senato, soprattutto, era difficile prevedere che l'elezione sarebbe avvenuta in tempi tanto rapidi. Senza negoziati né compromessi. È giunta grazie al voto di alcuni senatori del M5S, una decina almeno. Al ballottaggio fra Grasso e Schifani, non si sono sentiti di astenersi o di annullare il voto. E ciò ha suscitato sorpresa oltre a reazioni e commenti - a mio avviso - un pò azzardati.
In particolare, dopo il voto dei senatori, in contrasto con le indicazioni di Beppe Grillo, c'è chi ha pronosticato l'implosione del M5S. Incapace di assumere posizioni coerenti e unitarie. Perché vulnerabile alle logiche di corridoio e alle pressioni degli altri gruppi. Oppure, più semplicemente, perché impossibile da "governare", per un Capo esigente ma assente, in Parlamento. Beppe Grillo, in effetti, non l'ha presa bene. A coloro che, nel segreto dell'urna, avevano votato per Grasso, ha chiesto di "trarre le dovute conseguenze". Cioè, dimettersi. D'altronde, la concezione della rappresentanza e dei rappresentati proposta da Grillo prevede il "mandato imperativo". Cioè, la "dipendenza" diretta degli eletti dagli elettori. Interpretati dal Capo e Garante del Movimento (e dal suo intellettuale di riferimento, Roberto Casaleggio). In rapporto con i seguaci e i militanti attraverso la Rete.
Tuttavia, io credo che entrambe le "pretese" siano difficilmente realizzabili. La prima -che prevede la rapida disintegrazione del Movimento, in Parlamento e, dunque, in ambito politico e sociale - considera il M5S un partito come gli altri. Una "organizzazione" di politici più o meno professionalizzati, tenuti insieme da un'identità e da interessi comuni, sempre più deboli. Vulnerabili di fronte alle tentazioni e ai privilegi del potere. Un po' come i leghisti, giunti in Parlamento "padani" e divenuti rapidamente "romani". Ma il M5S non è come gli altri partiti. Un partito come gli altri. È una Rete. Non solo perché si è sviluppato attraverso il web e i meetup. Perché, piuttosto, è cresciuto nel tessuto dei gruppi e dei comitati locali impegnati sui temi dei beni comuni, dell'ambiente, dell'etica pubblica. In altri termini, è una "rete" di esperienze e di attori "volontari". Perlopiù giovani, che operano su base locale. Da tempo. Certo, Roma e le aule del Parlamento sono grandi. Ma il legame con i mondi e le reti sociali di appartenenza lo è altrettanto. Per ora, molto di più. Chi pensa di "reclutarli" - con la promessa di ruoli e incarichi - sbaglia di grosso. Non avverrà.
Tuttavia, per la stessa ragione, mi pare difficile che possano rispondere al richiamo del Capo, in ogni occasione. Prima ancora: che possano accettare il modello della democrazia diretta e del mandato imperativo imposto da Beppe Grillo. Perché, anzitutto, presentandosi alle elezioni, hanno accettato le regole e i principi della democrazia rappresentativa. Perché, inoltre, non è facile individuare le domande degli elettori che li hanno eletti. Come abbiamo già rilevato, sul piano elettorale, il M5S è un "partito pigliatutti". Votato da componenti molto diverse, dal punto di vista socioeconomico e politico. Un terzo dei suoi elettori, infatti proviene da centrodestra. Altrettanti da centrosinistra. (Le analisi di Bordignon e Ceccarini, sull'ultimo numero della rivista "South European Society andPolitics" , sono molto chiare.) Inoltre, è la forza politica più votata dagli operai ma anche dagli imprenditori, dai lavoratori, dai disoccupati, dai lavoratori autonomi, dai liberi professionisti e dagli studenti. Difficile rivolgersi e riferirsi, direttamente, a un elettorato tanto eterogeneo.
Anche la "fedeltà" al Capo appare una pretesa difficile da esigere. Perché, come abbiamo detto, il M5S non è un partito coeso, strutturato. Che possa venire controllato dall'alto e dal centro. E non è un partito "personale", come Forza Italia, il Pdl, ma anche l'Idv. Gli eletti, gli attivisti, non rispondono solo o direttamente al Capo. Perché non sono stati scelti da lui. Ma dagli altri attivisti e seguaci, con cui avevano un rapporto stretto e diretto, anche prima. Con loro - e non con Grillo - si instaura il legame di fiducia alla base del loro impegno e della loro azione (come emerge dalle interviste ai militanti analizzate nel volume "Il partito di Grillo", curato da Piergiorgio Corbetta ed Elisabetta Gualmini e pubblicata dal Mulino). Insomma, il M5S non è un partito "tradizionale" ma nemmeno un partito "personale". Senza Grillo non esisterebbe. Grillo, però, è il proprietario del marchio, ma non il "padrone" di un'azienda-partito, di cui gli eletti sono i dipendenti.
In effetti, come ho già avuto modo di sostenere, il M5S, mi rammenta un autobus. Sul quale sono saliti passeggeri diversi, con destinazioni diverse. Uniti, in questa fase del percorso, da una comune destinazione intermedia. Destrutturare il sistema dei partiti della Seconda Repubblica. Incapaci di cambiare le logiche della Prima. Grillo li ha raccolti e accolti. Insieme agli altri, saliti in precedenza. Interessati ad arrivare altrove e più lontano. Nella Terra dei Beni Comuni. Grillo, per questo, è un Altoparlante. Un Autista. In grado di scagliare il suo "Mezzo" contro il muro del Vecchio che Resta. Ma, appunto, un Mezzo. Usato, in parte, da elettori e militanti, per i loro "fini" specifici. Non per il Fine generale.
Per questo i suoi elettori, ma anche i suoi eletti, gli attivisti e i militanti, non si sentono vincolati al mandato imposto dal Capo. E scelgono liberamente, "secondo coscienza". Votano insieme ai parlamentari del Pd, quando si tratta di sostenere un candidato come Grasso. Avverrà lo stesso in altre occasioni analoghe. Né la minaccia del conducente di abbandonare la guida dell'autobus farà loro cambiare opinione. Senza che ciò significhi, in alcun modo, confluire nel Pd o in un altro gruppo e partito. La seconda Repubblica è finita. I passeggeri dell'autobus di Grillo lo hanno dimostrato in modo inequivocabile. Ma dove andranno, dove scenderanno. E dove arriverà e si fermerà l'Autobus: non è possibile stabilirlo. Non lo sa nessuno. Di certo, neppure Grillo.

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lunedì 11 marzo 2013

Marco Revelli: ripensare la forma partito e la democrazia

“I partiti sono in profonda crisi ma è possibile una democrazia senza i partiti? E con quale tipo di partito?” è il tema di due incontri, promossi dal consigliere regionale Roberto Fasoli, che si terranno il 21 marzo a Verona con Marco Revelli. Il primo incontro si terrà a Verona presso la sala Ater in via Piazza Pozza alle ore 17,45 ed il secondo a Legnago presso la Sala Civica in via Matteotti 4/6 alle ore 20,45.
Roberto Fasoli dichiara che Finale di partito, Einaudi, è l’ultimo libro di Marco Revelli, uscito pochi giorni prima delle elezioni politiche del 24-25 febbraio, che hanno determinato una situazione di grande difficoltà politica, non essendoci una maggioranza definita nei due rami del Parlamento. Le elezioni oltretutto hanno fatto esplodere la crisi della rappresentanza politica tradizionale, crisi che era in atto ormai da anni ma restava all’attenzione degli studiosi.
Tutte le forze politiche tradizionali hanno sottovalutato la gravità della crisi cercando di arginarla con annunci di riforme alle quali non sono mai seguiti i fatti. Ma la crisi,come spiega Revelli, ha radici profonde e lontane e non può essere affrontata con provvedimenti improvvisati.
Il libro di Revelli offre una chiave di lettura molto stimolante. Come dice l’autore nelle presentazione alle pagine X-XI: “In fondo il “partito di massa” novecentesco – quello che ha contrassegnato per quasi un secolo la forma idealtipica della organizzazione politica e della democrazia rappresentativa – si era plasmato sulla matrice delle grandi burocrazie pubbliche: sulla forma di quello stato nazionale di cui si candidava a costituire il cuore. E sulla struttura dei grandi sistemi produttivi nati a ridosso della seconda rivoluzione industriale. Fabbriche del consenso e della legittimazione, avevano assunto la stessa logica di funzionamento delle grandi fabbriche di prodotti e servizi, centralizzate e burocratizzate, meccanizzate e standardizzate, rigide e rigorosamente territorializzate, pensate per la programmazione e pianificazione di lungo periodo. Non poteva sopravvivere quel modello di partito – in quell’assetto – nell’epoca della interdipendenza globale e dell’esternalizzazione, dei sistemi reticolari a geometria variabile e della gestione sistematica dell’incertezza e della imprevedibilità. Nell’universo liquido dell’ipermodernità post-industriale. Nell’universo “liquido” dell’ipermodernità post-industriale, per dirla con Zygmut Bauman”.
Il libro, conclude Fasoli, parte dall’esposizione dei dati per poi passare ad un’analisi della crisi delle oligarchie per arrivare al cuore del problema, secondo Revelli, e cioè il tema delle forme della rappresentanza politica nell’età del post fordismo, per chiudere ponendosi le domande cruciali che saranno al centro dell’incontro:”E’ possibile una democrazia senza partiti?” E se non è pensabile ciò:”A quali partiti e con quali forme pensiamo? E poi:”Quale rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta?” “ Quale rapporto tra partiti e movimenti?”
Del resto già da anni gli studiosi si occupano del problema ma la politica sembra essere sorda ai segnali molteplici provenienti dal mondo scientifico. Tanto per citare un altro recente studio rinvio al libro di Piero Ignazi “Forza senza legittimità. Il vicolo cieco dei partiti”, Laterza 2012, che fa un esame della situazione a livello europeo e mette in luce le criticità della forma partito novecentesca. Ma anche tra i poltici qualcuno aveva mostrato segnali di attenzione. Cito il lavoro dell’ex-consigliere di Walter Veltroni, Goffredo Bettini, che ha scritto nel 2011 un volume dal titolo: Oltre i partiti. Un nuovo campo dei democratici per cambiare l'Italia, Marsilio. Inoltre è stato pubblicato di recente “Democrazia senza partiti di Adriano Olivetti,Comunità. La presentazione del volume è di Stefano Rodotà, il quale scrive che Adriano Olivetti esprime una difesa appassionata di una dignità che la politica non può abbandonare, e che trova il suo alimento in grandi idealità, in passioni profonde, in opportunità concrete perché la persona riesca a esprimersi pienamente come cittadino". Democrazia senza partiti contiene il pensiero che Adriano Olivetti rivolgeva ai partiti e alla società italiana nel 1949. Gli incontri rappresentano un appuntamento da non perdere per chi non si accontenta di restare alla superficie dei problemi ma intende andare fino in fondo.

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domenica 10 marzo 2013

Reddito di cittadinanza e minimo garantito

Articolo di Tito Boeri e Roberto Perotti pubblicato su lavoce.info
Il reddito di cittadinanza è un programma di contrasto alla povertà di tipo universalistico in cui la concessione del sussidio non è subordinata a un accertamento delle condizioni economiche e patrimoniali dell’individuo. Il suo punto di forza è che non ha effetti distorsivi sulla decisione di lavorare. Supponiamo che lo Stato garantisca un reddito di 1000 euro al mese a chi non ha lavoro. Nessuno lavorerà per meno di 1000 euro. Ma difficilmente qualcuno accetterà un lavoro anche per 1200 euro: il guadagno netto sarebbe solo di 200 euro, perché dovrebbe rinunciare al sussidio di disoccupazione di 1000 euro. Il reddito di cittadinanza evita questo problema, perché viene assicurato a tutti indipendentemente dalla condizione lavorativa e dal reddito. Ma proprio per questo è economicamente infattibile. Con un calcolo approssimativo si può mostrare perché. Si consideri un reddito di cittadinanza che garantisca a ogni individuo un trasferimento mensile, indipendentemente dal reddito e dalla situazione lavorativa, di 500 euro al mese (un importo chiaramente prudenziale); si supponga che venga corrisposto ai circa 50 milioni di individui con più di 18 anni. Il totale della spesa per questo programma sarebbe di 300 miliardi di euro, quasi il 20 per cento del Pil. Sarebbe anche probabilmente un programma politicamente ingestibile: come giustificare agli elettori che ogni membro della famiglia Agnelli o Berlusconi percepisce un reddito garantito ogni mese?
Un programma per tutti ma selettivo




Il reddito minimo garantito (Rmg) è un programma universale e selettivo al tempo stesso, nel senso che è basato su regole uguali per tutti (non limitato ad alcune categorie di lavoratori come nella tradizione italiana), che subordinano la concessione del sussidio ad accertamenti su reddito e patrimonio di chi lo domanda. Questo è uno schema oggi esistente, pur in forme molto diverse, in tutti i paesi dell’Unione Europea a 15 (e in diversi nuovi stati membri). Il reddito minimo garantito dovrebbe sostituire e riordinare molti schemi preesistenti, riducendo sprechi ed evitando la compresenza di tanti strumenti presenti. Dovrebbe infatti sostituire le pensioni sociali e le integrazioni al minimo nonché tutte le prestazioni di indennità civile: assegno di assistenza, indennità di frequenza minori, pensioni di inabilità, e indennità di accompagnamento. Questi sono programmi con obiettivi meritevoli, ma sviluppati in modo non coordinato. Andrebbero perciò riunificati all’interno del Rmg, prevedendo maggiorazioni per ciascuna tipologia di beneficiari. In questo modo, le maggiorazioni per invalidi, soggetti non deambulanti e soggetti non autosufficienti sarebbero condizionate alla prova dei mezzi. Nello specifico, il Rmg dovrebbe prevedere maggiorazioni per i figli a carico (in base all’età e al numero), i familiari disabili e le famiglie monogenitore. Inoltre dovrebbe essere progettato in modo tale da non scoraggiare il lavoro part-time e il lavoro occasionale.
RMG: quanto costa e chi paga
Il Rmg dovrebbe essere finanziato a livello nazionale con cofinanziamento a livello locale (nell’ordine del 10 per cento) delle prestazioni pecuniarie e in natura. Inoltre, bisognerebbe creare incentivi monetari alle amministrazioni locali affinché monitorino le loro prestazioni: ad esempio, si potrebbero assegnare in via preferenziale risorse alle amministrazioni locali che registrano le migliori performance nella riduzione del numero di errori sia del primo tipo (famiglie eleggibili che non sono raggiunte dall’assistenza) sia del secondo tipo (famiglie non eleggibili che hanno accesso all’assistenza), nonché nell’implementazione delle strategie di attivazione.
Ma quanto potrebbe costare il Rmg? È possibile fornire stime prudenziali (probabilmente in eccesso) secondo diverse ipotesi relativamente al suo ammontare e alle tipologie di redditi da considerare nel selezionare la platea dei beneficiari. Il Rmg andrebbe inizialmente introdotto a un livello abbastanza basso e poi incrementato anche come riconoscimento di un miglioramento nell’amministrazione dello strumento. Ad esempio, un Rmg da 500 euro potrebbe costare tra 8 e 10 miliardi di euro. Il livello più alto si raggiunge ipotizzando che, a causa dell’evasione fiscale, si riesca ad accertare solo l’85 per cento del reddito dei lavoratori autonomi e il 95 per cento di quello dei lavoratori dipendenti.

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sabato 9 marzo 2013

Appello al Movimento 5 Stelle

Pubblicato su La Repubblica

Una grande occasione si apre, con la vostra vittoria alle elezioni, di cambiare dalle fondamenta il sistema politico in Italia e anche in Europa. Ma si apre ora, qui e subito. E si apre in questa democrazia, dove è sperabile che nessuna formazione raggiunga, da sola, il 100 per cento dei voti. Nessuno di noi può avere la certezza che l’occasione si ripresenti nel futuro. Non potete aspettare di divenire ancora più forti (magari un partito-movimento unico) di quel che già siete, perché gli italiani che vi hanno votato vi hanno anche chiamato: esigono alcuni risultati molto concreti, nell’immediato, che concernano lo Stato di diritto e l’economia e l’Europa. Sappiamo che è difficile dare la fiducia a candidati premier e a governi che includono partiti che da quasi vent’anni hanno detto parole che non hanno mantenuto, consentito a politiche che non hanno restaurato ma disfatto la democrazia, accettato un’Europa interamente concentrata su un’austerità che – lo ricorda il Nobel Joseph Stiglitz – di fatto «è stata una strategia anti-crescita», distruttiva dell’Unione e dell’ideale che la fonda.
Ma dire no a un governo che facesse propri alcuni punti fondamentali della vostra battaglia sarebbe a nostro avviso una forma di suicidio: gli orizzonti che avete aperto si chiuderebbero, non sappiamo per quanto tempo. Le speranze pure. Non otterremmo quelle misure di estrema urgenza che solo con una maggioranza che vi includa diventano possibili. Tra queste: una legge sul conflitto di interesse che impedisca a presenti e futuri padroni della televisione, della stampa o delle banche di entrare in politica; una legge elettorale maggioritaria con doppio turno alla francese; il dimezzamento dei parlamentari il più presto possibile e dei loro compensi subito; una Camera delle autonomie al posto del Senato, composta di rappresentanti delle regioni e dei comuni; la riduzione al minimo dei rimborsi statali ai partiti; una legge anti-corruzione e anti-evasione che riformi in senso restrittivo, anche aumentando le pene, la disciplina delle prescrizioni, bloccandole ad esempio al rinvio a giudizio; nuovi reati come autoriciclaggio, collusione mafiosa, e ripristino del falso in bilancio; ineleggibilità per condannati fin dal primo grado, che colpisca corruttori e corrotti e vieti loro l’ingresso in politica; un’operazione pulizia nelle regioni dove impera la mafia (Lombardia compresa); una confisca dei beni di provenienza non chiara; una tutela rigorosa del paesaggio e limiti netti alla cementificazione; un’abolizione delle province non parziale ma totale; diritti civili non negoziati con la Chiesa; riconsiderazione radicale dei costi e benefici delle opere pubbliche più contestate come la Tav. E vista l’emergenza povertà e la fuga dei cervelli: più fondi a scuola pubblica e a ricerca, reddito di cittadinanza, Non per ultimo: un bilancio europeo per la crescita e per gli investimenti su territorio, energia, ricerca, gestito da un governo europeo sotto il controllo del Parlamento europeo (non il bilancio ignominiosamente decurtato dagli avvocati dell’austerità nel vertice europeo del 7-8 febbraio).
Non sappiamo quale possa essere la via che vi permetta di dire sì a questi punti di programma consentendo la formazione del nuovo governo che decida di attuarli, e al tempo stesso di non contraddire la vostra vocazione. Nella giunta parlamentare si può fin da subito dar seguito alla richiesta di ineleggibilità di Berlusconi, firmata da ormai 150.000 persone : la fiducia può essere condizionata alla volontà effettiva di darvi seguito. Quel che sappiamo, è che per la prima volta nei paesi industrializzati e in Europa, un movimento di indignati entra in Parlamento, che un’Azione Popolare diventa possibile. Oggi ha inizio una vostra marcia attraverso le istituzioni, che cambieranno solo se voi non fuggirete in attesa di giorni migliori, o peggiori. Se ci aiuterete a liberarci ora, subito, dell’era Berlusconi: un imprenditore che secondo la legge non avrebbe nemmeno dovuto metter piedi in Parlamento e tanto meno a Palazzo Chigi.
Avete detto: «Lo Stato siamo noi». Avete svegliato in Italia una cittadinanza che vuole essere attiva e contare, non più delegando ai partiti tradizionali le proprie aspirazioni. Vale per voi, per noi tutti, la parola con cui questa cittadinanza attiva si è alzata e ha cominciato a camminare, nell’era Berlusconi: «Se non ora, quando?»

Remo Bodei
Roberta De Monticelli
Tomaso Montanari
Antonio Padoa-Schioppa
Salvatore Settis
Barbara Spinelli

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Zagrebelsky e Diamanti: Non c’è democrazia senza i partiti

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Per approfondire l’argomento leggi:
Articolo di GustavoZagrebelsky
Articolo di Ilvo Diamanti
Articolo di Massimo D’Alema

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giovedì 7 marzo 2013

Gli otto punti del PD

1. Fuori dalla gabbia dell’austerità
Il Governo italiano si fa protagonista attivo di una correzione delle politiche europee di stabilità. Una correzione irrinunciabile dato che dopo 5 anni di austerità e di svalutazione del lavoro i debiti pubblici aumentano ovunque nell’eurozona. Si tratta di conciliare la disciplina di bilancio con investimenti pubblici produttivi e di ottenere maggiore elasticità negli obiettivi di medio termine della finanza pubblica. L’avvitamento fra austerità e recessione mette a rischio la democrazia rappresentativa e le leve della governabilità. L’aggiustamento di debito e deficit sono obiettivi di medio termine. L’immediata emergenza sta nell’economia reale e nell’occupazione.
2. Misure urgenti sul fronte sociale e del lavoro
- Pagamenti della Pubblica Amministrazione alle imprese con emissione di titoli del tesoro dedicati e potenziamento a trecentosessanta gradi degli strumenti di Cassa Depositi e Prestiti per la finanza d’impresa.
- Allentamento del Patto di stabilità degli Enti locali per rafforzare gli sportelli sociali e per un piano di piccole opere a cominciare da scuole e strutture sanitarie.
- Programma per la banda larga e lo sviluppo dell’ICT.
- Riduzione del costo del lavoro stabile per eliminare i vantaggi di costo del lavoro precario e superamento degli automatismi della legge Fornero.
- Salario o compenso minimo per chi non ha copertura contrattuale.
- Avvio della universalizzazione delle indennità di disoccupazione e introduzione di un reddito minimo d’inserimento.
- Salvaguardia esodati.
- Avvio della spending review con il sistema delle autonomie e definizione di piani di riorganizzazione di ogni Pubblica Amministrazione.
- Riduzione e redistribuzione dell’IMU secondo le proposte già avanzate dal PD.
- Misure per la tracciabilità e la fedeltà fiscale, blocco dei condoni e rivisitazione delle procedure di Equitalia.
Ciascun intervento sugli investimenti e il lavoro sarà rafforzato al Sud, anche in coordinamento con i fondi comunitari.
3. Riforma della politica e della vita pubblica
- Norme costituzionali per il dimezzamento dei Parlamentari e per la cancellazione in Costituzione delle Province.
- Revisione degli emolumenti di Parlamentari e Consiglieri Regionali con riferimento al trattamento economico dei Sindaci.
- Norme per il disboscamento di società pubbliche e miste pubblico-private.
- Riduzione costi della burocrazia con revisione dei compensi per doppie funzioni e incarichi professionali.
- Legge sui Partiti con riferimento alla democrazia interna, ai codici etici, all’accesso alle candidature e al finanziamento.
- Legge elettorale con riproposizione della proposta PD sul doppio turno di collegio.
4. Voltare pagina sulla giustizia e sull’equità
- Legge sulla corruzione, sulla revisione della prescrizione, sul reato di autoriciclaggio.
- Norme efficaci sul falso in bilancio, sul voto di scambio e sul voto di scambio mafioso.
- Nuove norme sulle frodi fiscali.
5. Legge sui conflitti di interesse, sull’incandidabilità, l’ineleggibilità e sui doppi incarichi
Le norme sui conflitti di interesse si propongono sulla falsariga del progetto approvato dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera nella XV Legislatura che fa largamente riferimento alla proposta Elia-Onida-Cheli-Bassanini.
6. Economia verde e sviluppo sostenibile
- Estensione dello sgravio fiscale del 55% per le ristrutturazioni edilizie a fini di efficienza energetica.
- Programma pubblico-privato per la riqualificazione del costruito e norme a favore del recupero delle aree dismesse e degradate e contro il consumo del suolo.
- Piano bonifiche.
- Piano per lo sviluppo delle smart grid.
- Rivisitazione e ottimizzazione del ciclo rifiuti (da costo a risorsa economica). Conferenza nazionale in autunno.
7. Diritti
- Norme sull’acquisizione della cittadinanza per chi nasce in Italia da genitori stranieri e per i minori cresciuti in Italia.
- Norme sulle unioni civili di coppie omosessuali secondo i principi della legge tedesca che fa discendere effetti analoghi a quelli discendenti dal matrimonio e regola in modo specifico le responsabilità genitoriali.
- Legge sul femminicidio.
8. Istruzione e ricerca
- Contrasto all’abbandono scolastico e potenziamento del diritto allo studio con risorse nazionali e comunitarie.
- Adeguamento e messa in sicurezza delle strutture scolastiche nel programma per le piccole opere.
- Organico funzionale stabile, piano per esaurimento graduatorie dei precari della scuola e reclutamento dei ricercatori.
Queste proposte, che non sono ovviamente esaustive di un programma di governo e di legislatura, ma che segnano un primo passo concreto di cambiamento, vengono sottoposte a una consultazione sia riferita alle priorità sia ai singoli contenuti. A questo fine verranno messi in rete l’elenco delle proposte e, via via per ogni singolo punto, i relativi progetti di legge o le specificazioni di dettaglio in modo da consentire una partecipazione attiva alla elaborazione e all’arricchimento dei contenuti.

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Silvano Filippi contesta gli sprechi di Donazzan

Gli sprechi e le spese inutili vengono coperti dalla mancanza di trasparenza. L'assessore Donazzan è maestro di questa metodologia: l'omertà e l'opacità premiano in termini di immagine. Tanto è vero che Silvano fa fatica a prendere visione di tutti gli atti che riguardano gli eventi contestati.
Lettera di Silvano Filippi, segretario regionale Siulp, all’Assessore Regionale Donazzan
Egregio Assessore Donazzan,
come ricorderà alcuni mesi addietro ho inviato una lettera al Presidente della Regione Zaia, oggetto della quale era il consistente contributo erogato in favore del Coisp per l’organizzazione di alcuni eventi. Più in particolare in quell’occasione ho chiesto di accedere agli atti per verificare come fosse stato possibile spendere 38 mila euro per tre convegni.
Nella dichiarazione con cui Lei ha pubblicamente replicato alla mia istanza (Corriere del Veneto, 31 ottobre 2012), dopo aver criticato «Filippi e i suoi», a Suo giudizio incapaci di «dimostrare un po’ più di dinamismo», ha concluso affermando che «Patrocinio e contributi li ridarei domani, se solo ci fossero i soldi».
Adesso che, dopo una defatigante attesa delle autorizzazioni, ho potuto finalmente avere accesso – solamente - ad una parte degli atti (quelli relativi a due dei convegni), sono in grado di capire meglio il Suo entusiamo auto - apologetico. Nella lettera con la quale il 22 luglio 2009 il Segretario Regionale del Coisp chiede una integrazione ai 20 mila euro già concessi per i due convegni del 28 febbraio e del 4 aprile 2009, uno tenuto a Padova e l’altro a Bassano del Grappa, tra i motivi a sostegno della richiesta di aumento dello stanziamento originariamente concesso vi è infatti un illuminante passaggio. Si afferma cioè che «gli ospiti dell’Assessore Donazzan sono stati molti di più rispetto a quanti previsti in precedenza».
Se quindi ho ben compreso, già era previsto che i fondi stanziati dovessero servire anche per omaggiare un significativo numero di Suoi ospiti con un adeguato pranzo, forse per poterli ristorare della fatica di aver assistito ad un convegno della durata di ben tre ore. Poi, si sa come vanno queste cose, gli ospiti non vengono mai da soli, e per l’effetto, alla fine, come dice il Segretario del Coisp, «sono stati molti di più rispetto a quanti previsti».



Può essere che, come dice Lei, Filippi e i suoi difettino di dinamismo. Di sicuro Lei i suoi parecchi ospiti non difettavano di appetito. È davvero convinta che sia opportuno utilizzare fondi pubblici per portare a pranzo i propri ospiti, pochi o tanti che siano?
E, visto che ci siamo, sempre in tema di opportunità, scorrendo il rendiconto della somma liquidata, che ammonta ad un totale di 22 mila euro circa, nella quale i pranzi e l’ospitalità assommano a circa 3.700 euro complessivi, compaiono altre non meno discutibili voci di spesa. Quale quella, ad esempio, dei 2 mila euro per i «Fiori». Mi scusi Assessore, ma viste le somme per pranzi e fiori, erano due convegni con ragazzi delle scuole medie, o era un matrimonio?
Lo chiedo perché poi ci sono ben 10.200 euro per «affitto videoproiettore ecc.». Un «ecc.» in cui, leggendo la documentazione, parrebbe rientrare anche la videoripresa dei lavori. Anche se i video, per quanto io li abbia cercati in rete, non sono riuscito a trovarli. Mi permetto di dire che si tratta comunque di una spesa di entità esorbitante. E tutto questo a tacere, ancora, dei ben 6.500 euro spesi per «Buste, inviti, ecc.», evidentemente realizzate con materiali di pregio, nonché dei 500 euro di compenso per il moderatore, ovvero 250 euro per ciascuna delle due mattinate di tre ore. Moderatore non proprio moderato nei compensi, viene a dire. 
Orbene, a prescindere dalle Sue valutazioni sull’organizzazione che io rappresento, ed in particolare dalle apodittiche attribuzioni  di appartenenza politica da Lei dispensate, il caso vuole che i poliziotti del Siulp del Veneto siano anche, per l’appunto, come me, contribuenti della Regione medesima. Ed in tale veste siamo - e lo sono anch’io per primo - decisamente contrariati dal modo in cui sono stati spesi quei soldi. Forse per Lei la cosa è difficile da capire, ma ci ostiniamo a credere che le risorse della Pubblica Amministrazione debbano essere stanziate con maggiore oculatezza, magari per fronteggiare alcune tra le tante emergenze che affliggono la Pubblica Amministrazione, e la collettività più in generale.
Concludendo, in attesa di poter finalmente ottenere l’autorizzazione per accedere alle singole fatture, che, ad oggi, inspiegabilmente, ancora non è stata concessa, mi auguro che la prossima volta, se mai ve ne sarà una, abbia almeno la premura di limitare il numero dei Suoi ospiti, se non altro per non costringere gli organizzatori a dover chiedere una integrazione dello stanziamento.

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martedì 5 marzo 2013

Governo per il cambiamento

L’onda lunga della sfiducia e della contestazione al sistema politico ha condizionato le ultime consultazioni elettorali.
L’ingovernabilità è il risultato chiaro delle consultazioni del 24 – 25 febbraio: - Il M5S ha intercettato il flusso di voti provenienti dal Pdl, dalla Lega e dal PD; - Alcune formazioni politiche di nuova formazione non hanno conseguito seggi; - Il Centro di Monti ha conseguito un risultato inferiore alle aspettative; - Il Pd ha perso consensi rispetto alle elezioni politiche del 2008 in misura più contenuta rispetto al centro destra; - Il voto di protesta ha scelto il M5S.
Il centro sinistra conquista il premio di maggioranza alla Camera dei Deputati e la maggioranza relativa al Senato. Pertanto, nessuna coalizione ha conseguito la maggioranza assoluta dei seggi per poter governare.
In questa situazione confusa ed incerta la coalizione del centro sinistra, la quale si è posizionata  al primo posto in termini di voti, propone un Governo monocolore a guida Bersani con pochi punti programmatici e richiede la fiducia al M5S, considerato che il programma contiene i temi maggiormente condivisi da tale movimento.
Il M5S si ostina a proporre un Governo PD PDL, a sottolineare che non voterà la fiducia a qualsiasi Governo e a sostenere i singoli provvedimenti di legge se condivisi.
Il Governissimo, come viene definito l’eventuale Governo formato da PD e PDL, nonostante la posizione favorevole del PDL, non è gradito al PD in quanto si ritiene incompatibile ed alternativo al formazione di centro destra.
I veti incrociati e le posizioni del M5S potrebbero portare alle elezioni anticipate con le vecchie regole e senza aver cambiato nulla. Questa è una ipotesi molto pericolosa che qualora si verificasse non verrebbe accettata dagli elettori.
Considerato irreale da Bersani un patto con il centro destra, per avviare un Governo di cambiamento, come viene definito da Bersani, è necessario che il M5S non solo sostenga il Governo Bersani sui provvedimenti di legge condivisibili ma anche in sede di nascita del Governo con la fiducia altrimenti si ritorna dagli elettori.
I punti programmatici proposti da Bersani sono:
- La legge anticorruzione comprensiva del falso in bilancio e dello scambio di voti; - La legge sul conflitto di interessi; - La riduzione dei costi della politica; - Il sostegno all’economia verde ed all’urgenza sociale; - La riforma dei diritti civili; - La legge sui partiti che preveda la riduzione dei parlamentari e la riforma dei finanziamenti; - Sostegno alle imprese e politiche per l’occupazione; - Scuola e diritto allo studio.
La proposta di Bersani serve nel breve periodo ad evitare elezioni anticipate ed a cambiare le regole del gioco senza carte truccate e nel lungo periodo a sottolineare l'impossibilità di un accordo con il PDL per le testimonianze negative e pericolose di tale partito. Certamente Bersani non ha tutte le carte da giocare ed occorre senso di responsabilità da parte del M5S per affrontare insieme i problemi emergenziali. Se dovesse fallire tale proposta ritengo che Napolitano cercherà altre soluzioni.
Se il M5S non accorderà la fiducia a Bersani e si ritorna alle elezioni Grillo non potrà trovare una valida giustificazione davanti ai suoi elettori per non aver assecondato una fase forte e reale di cambiamento nel paese e nelle istituzioni.
L'alternativa è andare alle elezioni con le carte truccate. Se il M5S è interessato alle suddette proposte voti la fiducia altrimenti perde ogni credibilità con i propri elettori.
Intanto dall’assemblea degli eletti del M5S emerge che il movimento non sosterrà il Governo dei partiti.
Il percorso delineato, accordo tra centro sinistra e M5S, è soggetto alla condivisione del Presidente Napolitano, al quale spetta la designazione del Presidente del Consiglio.
Considerato che le proposte fatte fino a questo momento non riscuotono il consenso della maggioranza delle forze politiche, si può ipotizzare la formazione di un Governo non tecnico formato da forti personalità oneste e credibili, il quale pur ottenendo la fiducia delle Camere si poggi su una maggioranza variabile che si forma di volta in volta sui singoli problemi emergenziali del paese.
I Partiti che autonomamente votano la fiducia al Governo non devono rappresentare una maggioranza stabile per disinnescare strumentalizzazioni e compromessi tra i Partiti stessi che incidono al ribasso sulla capacità riformatrice del Governo così come è avvenuto con il Governo Monti. Si tratta di un Governo che opera in piena autonomia per il bene comune e l’interesse dei cittadini. Il Governo così formato dovrebbe essere sottoposto a verifica subito dopo l’approvazione della finanziaria del 2014.
Non si può ritornare immediatamente alle consultazioni elettorali con in mano le carte truccate, tanto care a Berlusconi, che hanno determinato la situazione di grave ingovernabilità e di ingiustizia nel paese.
Il M5S dovrebbe utilizzare i consensi ricevuti con responsabilità in direzione della governabilità del paese per il cambiamento radicale e non congelare i voti ricevuti senza effettuare alcuna scelta in quanto gli elettori si aspettano scelte chiare e non tattiche per il cambiamento.

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lunedì 4 marzo 2013

Federico Rampini: Manifesto Generazionale



L’ultima pubblicazione di Federico Rampini è Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo, Mondadori, 2012

"Se torno per qualche giorno in Italia, mi sento subito ingombrante. A 56 anni ho l'età sbagliata? Governi, imprese, esperti descrivono i miei coetanei come un "costo". Guadagniamo troppo, godiamo di tutele anacronistiche, e quando andremo in pensione faremo sballare gli equilibri della previdenza. Per i trentenni e i ventenni, invece, siamo "il tappo". Ci aggrappiamo ai nostri posti, non li facciamo entrare. Non importa se ci sentiamo ancora in forma, siamo già "gerontocrazia". Nessuno trova una soluzione a questa crisi, ma molti sembrano d'accordo nell'individuarne la causa: il problema siamo noi, i baby boomer. Siamo nati nell'ultima Età dell'Oro, quel periodo (1945-1965) che coincise con un boom economico in tutto l'Occidente ed ebbe un effetto collaterale forse perfino più importante: l'esplosione delle nascite. Come se non bastasse, poi, lo straordinario allungamento della speranza di vita ci ha resi una delle generazioni più longeve. E di questa nostra inusitata sopravvivenza si parla quasi come di una sciagura annunciata, un disastro al rallentatore. Ma un evento individualmente così positivo - vivere di più - può trasformarsi in una calamità? No, noi baby boomer siamo un'enorme risorsa anche adesso che diventiamo "pantere grigie". La sfida, di cui s'intravedono i contorni in America, è quella di inventarci una nuova vita e un nuovo ruolo, per i prossimi venti o trent'anni."
 

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venerdì 1 marzo 2013

Alessandra Moretti su governabilità

Intervista a Alessandra Moretti a cura di Monica Guerzoni pubblicata sul Corriere della Sera il 1 marzo 2013
Un Governo con Berlusconi io non lo voto.
Lei è la portavoce di Bersani, onorevole Alessandra Moretti, se il segretario non avrà altra via…
Gli errori li abbiamo fatti, ma ora dobbiamo individuare una strategia alternativa per governare il paese. Noi abbiamo molta fiducia nei parlamentari del M5S, portano istanze molto simili a quelle di una nuova classe dirigente del Pd e sento che possiamo trovare un’intesa.
D’Alema apre a Grillo e al Pdl.
Escludo inciuci con il Pdl e sono contraria a offrire a Berlusconi il Senato. Noi stessi, penso alla nuova generazione di democratici che entrerà in Parlamento, faremmo fatica a votare la fiducia a un governo con Berlusconi, che è il nostro legittimo impedimento. Ci sarebbe una spaccatura dentro il PD.
Sbaglia dunque D’Alema a offrire la presidenza delle Camere a Grillo e Berlusconi.
Capisco che per D’Alema sia più facile trovare intese con la politica dell’ultimo ventennio, ma noi seguiamo Bersani. Adesso è la nuova generazione che deve parlare.
Non le sfuggirà che Bersani non fa parte della nuova generazione.
Lo sappiamo, ma lui potrebbe farsi garante di un profondo cambiamento di una compagine del tutto rinnovata, anche al governo.
Paradossalmente, il ruolo perfetto per Matteo Renzi.
Nel Pd c’è una generazione che è cresciuta molto e che deve prendere la barra del timone, scardinando vecchie logiche e sostenendo colui che la democrazia ha individuato come il capitano. Penso a Renzi, ma anche a Fassina, a Orlando, a De Micheli, a Giuntella, a Moretti ….
Non esiste la possibilità che mercoledì in direzione Bersani venga disarcionato?
Se ci venisse chiesto, se la direzione individuasse un’altra figura di garanzia per dialogare con il M5S, tutti dovremmo pancia a terra lavorare per questo. Il primo a tirarsi indietro sarebbe Bersani, pronto a fare il capitano o il mozzo senza abbandonare la nave.
Renzi candidato premier al posto di Bersani?
Mettiamo caso che Napolitano faccia questa scelta…Se Renzi fosse ritenuto decisivo per promuovere un approccio diverso saremmo tutti pronti a lavorare per questa soluzione. Mi appello alla responsabilità dei renziani. Che senso ha accanirsi con Bersani, come fosse l’unico responsabile della sconfitta? Cerchiamo di essere responsabili. La resa dei conti sarebbe un suicidio.
D’Alema e Veltroni hanno lasciato il coordinamento di tre giorni fa in segno di dissenso?
Devono avere generosità, sennò finiamo fa cogitati. Devono lasciare spazio ad altri, non lo hanno capito? Non hanno visto che molti italiani non ci hanno votato dove, invece dei giovani, c’erano i vecchi che hanno chiesto la deroga?
Ce l’ha con Bindi e Marini?
Non mi faccia fare nomi, sennò succede un casino…..

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