mercoledì 29 maggio 2013

Elezioni amministrative: vince l’astensionismo

I risultati delle elezioni amministrative sono stati molto chiari anche se qualche partito o movimento non riconosce la sconfitta e non prende coscienza  degli effetti della competizione elettorale. Grillo attribuisce agli elettori la colpa del crollo del M5S. Giustificazione questa assurda e paradossale mai utilizzata dalle forze politiche per nascondere la propria sconfitta. Se ad ogni elezione i perdenti confermano la propria visione ed attribuiscono la responsabilità della sconfitta agli elettori non vi è alcuna analisi e valutazione oggettiva e seria sul comportamento degli elettori.
In questa consultazione elettorale i punti di forza del M5S si sono trasformati in punti di debolezza. Infatti, la mancanza di democrazia interna, il movimento personalizzato e centralizzato focalizzato su un leader carismatico, la posizione di non assumere responsabilità di governo e di rimanere al di fuori per far saltare il sistema politico non ha premiato il M5S.
Il M5S ed il PDL sono delle forze politiche personalizzate con un leader carismatico che è capace, purtroppo, di raccogliere consensi. L’assenza in questa campagna elettorale di Grillo e Berlusconi ha facilitato lo scarso risultato di tali forze politiche in particolar modo il M5S.
In queste consultazioni si è rafforzato il partito delle astensioni che ha penalizzato tutte le forze politiche ed in maggior misura il M5S che aveva tratto benefici nelle ultime elezioni politiche. Parte degli elettori sono passati dalla contestazione attiva, votando il M5S alle elezioni politiche del 24-25 febbraio, alla contestazione passiva, astenendosi dal voto nelle recenti elezioni amministrative.
La Lega ha subito un tracollo elettorale sia rispetto alle elezioni politiche sia rispetto alla competizione regionale.
Le previsioni elettorali per il PDL lasciavano presupporre un buon successo nelle elezioni amministrative. Al contrario il risultato non ha rispettato le previsioni ed i sondaggi.
Il PD si attesta tra il 25% ed il 26%, si impone come primo partito ed i suoi candidati sono andati bene in tutti i comuni.
Il risultato positivo del PD in un momento di crisi politica ed economica è stato assecondato dalla buona amministrazione (il caso di Achille Variati a Vicenza), dalla conoscenza dei candidati (Ignazio Marino a Roma) nel territorio, dalle primarie che hanno coinvolto gli elettori e dalla presenza territoriale del partito (voto di appartenenza), la quale pur non essendo ottimale rappresenta pur sempre il primo anello della catena di partecipazione alla vita politica.
Nessun partito ha conseguito un risultato elettorale superiore al 30% ed i consensi elettorali ai partiti si presentano in modo frammentario con nessuna prospettiva di semplificazione e di rafforzamento.
Rimane irrisolta la crisi del rapporto tra il sistema politico ed i cittadini ed il partito delle astensioni si è rafforzato ulteriormente con le recenti elezioni amministrative.
I partiti dovrebbero pensare oltre ai consensi ricevuti soprattutto alle astensioni. Nel caso in cui gli astenuti dovrebbero entrare in campo è possibile realizzare un quadro politico imprevedibile ed ingestibile così come è avvenuto il 24-25 febbraio con le elezioni politiche.
Occorre guadagnarsi la fiducia e la credibilità degli elettori attraverso comportamenti e provvedimenti chiari, responsabili e coerenti all’obiettivo di recuperare almeno parte significativa delle astensioni. Per fare questo si possono seguire due vie:
- La via istituzionale della buon governo finalizzata alla crescita economica ed al superamento della crisi, superando la visione ragionieristica dell’austerità, al fine di restituire nelle mani dei giovani il loro futuro e di sostenere e superare le emergenze sociali del paese;
- La via della partecipazione democratica con l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione perché non sono tanti i partiti che spontaneamente si richiamano all’associazionismo politico per contribuire democraticamente a determinare la politica nazionale. Quindi, occorre una legge ordinaria che stabilisca i requisiti minimi di democrazia interna e trasparenza che i partiti devono possedere per concorrere alla vita politica.
In questo ultimo periodo ho letto tante dichiarazioni da parte di esponenti politici del PD, i quali ricoprono cariche importanti nel partito, che si ergono a rinnovatori, criticando l’apparato e la nomenclatura ed attribuendo la vittoria nelle ultime elezioni amministrative ai territori.
Ritengo che nei momenti di crisi ognuno deve svolgere al meglio il proprio ruolo: dai parlamentari ai segretari di circolo, dai segretari provinciali ai membri della direzione politica ai diversi livelli. Criticare senza aver svolto al meglio il proprio ruolo è sterile e non serve a nulla. Tale esercizio è utile solo a coloro che assumono tale posizione fino a quando non vengono scoperti dall’elettorato.
In periferia gli elettori del PD possono essere classificati in militanti ed in elettori in senso stretto. Questi ultimi hanno confermato la fiducia al PD ma sono sempre in una posizione di attesa ed attenti a quello che farà il partito per risolvere i problemi sociali ed economici causati dalla crisi. Quindi, si tratta di un elettorato mobile che in qualunque momento può cambiare posizione politica. I militanti rappresentano la base elettorale stabile dell’elettorato del PD. E’ necessaria ed urgente un strategia politica del PD finalizzata ad ampliare la militanza attraverso il coinvolgimento dei cittadini sui problemi del territorio ed a rafforzare il proprio elettorato con un’azione di Governo che privilegi i problemi emergenziali del paese.
Il PD vive enormi problemi in periferia pur essendo in una posizione di vantaggio rispetto agli altri partiti: la non sufficiente mobilitazione, il PD dei quadri interessati a salire la scala del potere e la mancanza di strategia politica per realizzare un sistema aperto e trasparente che sviluppi la partecipazione politica.
Ritengo, al di là delle responsabilità del PD centrale che deve ristabilire nuove regole e strutture che corrispondano alle esigenze di un partito moderno del terzo millennio, che sia urgente ripensare il partito in periferia per allargare i consensi e coinvolgere i cittadini nelle scelte decisionali. I fattori da utilizzare nelle strutture periferiche del partito sono: - Unità; - Trasparenza; - Comunità; - Sistema aperto.

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