venerdì 1 novembre 2013

Il difficile rapporto tra imprese e PA

Interventi di Vincenzo Perrone, Antonio Pone e Diego Zardini

Articolo di Antonino Leone pubblicato su Sistemi e Impresa n. 7– ottobre 2013
L’Italia non ha ancora una strategia chiara, incisiva e veloce per avviare la crescita. Al momento i cittadini e le imprese soffrono per la recessione. Si parla tanto dei problemi del paese e nel frattempo la capacità di acquisto ed i consumi decrescono e le imprese registrano la diminuzione degli ordini. Un argomento da affrontare con urgenza è quello delle PA, il cui livello basso di efficienza e di efficacia ricade sulla spesa pubblica e sulla produttività e riduce il benessere dei cittadini e la competitività delle imprese. Inoltre, il posizionamento basso dell’Italia nell’indice che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e politico (72° posto su 174 paesi) implica corruzione, opacità, e sistema debole di controllo che comportano un impatto negativo sull’economia, sull’attrazione degli investimenti esteri e sulla credibilità del paese.
“Per capire, afferma Vincenzo Perrone docente di Organizzazione presso l’Università Bocconi di Milano, quanto la qualità della pubblica amministrazione sia importante per l'economia basta provare a immaginare, per paradosso, che da domani tutto ciò che è responsabilità pubblica improvvisamente scompaia. Senza polizia i negozi verrebbero assaltati e depredati. E così le banche fino al completo tracollo degli scambi con la gente armata e chiusa in casa a difendersi, come in un brutto film di fantascienza. Senza controlli e assicurazioni pubbliche nessuno si azzarderebbe più a consumare cibo di cui non potrebbe conoscere origine e storia. Le aziende smetterebbero di assumere perché non ci sarebbero più i laureati e i diplomati che il sistema pubblico produce ogni anno. E così via. L'elenco potrebbe continuare. Il rapporto tra pubblica amministrazione ed economia è un rapporto simbiotico. L'una non vive senza l'altra. E occorre aggiungere che una PA efficiente e in salute genera fattori di vantaggio competitivo (come un sistema efficace ed efficiente di giustizia civile)invisibili ma altrettanto importanti quanto i brevetti o la qualità dei prodotti. Il problema italiano è che abbiamo trasformato una relazione simbiotica in una relazione parassitaria. Dove l'una parte cerca di succhiare energia all'altra per sopravvivere a sue spese”.
Quando si parla di PA si fa riferimento a leggi e regolamenti che sono stati prodotti in grande quantità e poco di organizzazione e risultati. Ritengo che per migliorare le PA sia necessario: l’introduzione del performance management; l’adattamento delle strutture ai cambiamenti delle organizzazioni; la trasparenza totale dei piani e dei risultati di gestione dei servizi.
Vincenzo Perrone afferma che “occorre in primo luogo smettere di regolare per legge processi e strutture organizzative. Per uno che come me si occupa di organizzazione questo è il nodo vitale per una riforma della PA. Se per spostare una persona, riorganizzare un ufficio, ridisegnare snellendola una procedura occorre emanare una legge è impossibile adattare il sistema alla velocità necessaria. Si genererà solo attrito, ritardo e inadeguatezza. E anche una profonda frustrazione in dipendenti e dirigenti pubblici motivati e dediti al lavoro che sognano di essere messi nelle stesse condizioni dei lavoratori privati per dimostrare (come spesso ci si riesce per fortuna) che la PA può essere efficace ed efficiente”.
Concordo con Vincenzo Perrone in quanto le PA hanno bisogno di adattarsi in modo continuo e veloce ai cambiamenti e, pertanto, non possono aspettare i tempi lunghi dell’approvazione di una proposta di legge. Rimane il problema delle PA che non utilizzano l’autonomia per cambiare.
Nelle PA vi è l’esempio dell’Inps che avvalendosi della propria autonomia operativa e gestionale si è distinta per aver intrapreso fin dagli ottanta metodi di lavoro e modelli organizzativi coerenti con i cambiamenti avvenuti nelle organizzazioni anticipando le leggi. Antonio Pone, direttore dell’Inps della Regione Veneto, ricorda che l’Inps introdusse la funzione di pianificazione e controllo di gestione, il modello di management by objectives, la misurazione e la valutazione dei risultati, il controllo di gestione in ambito pubblico.
“Sul piano organizzativo, afferma Antonio Pone, dalla fine degli anni 90’ l’Inps ha superato il tradizionale schema funzionale, caratterizzato da elevata segmentazione settoriale e da pluralità di livelli gerarchici, in favore di un assetto organizzativo lean, imperniato sul gruppo di lavoro come cellula base, formato da operatori tendenzialmente polivalenti, e che deve essere in grado di seguire sotto ogni profilo la specifica tipologia di utente assegnata (assicurato/pensionato, percettore prestazioni di sostegno del reddito, percettore di prestazioni assistenziali, soggetto contribuente)”.
Antonio Pone afferma che “l’Inps su un piano operativo è una moderna azienda di servizi. Rispetto ad una normale azienda multiservizi, il tratto caratterizzante è l’estrema numerosità e varietà delle linee di prodotto. Si tratta, infatti, di un ente che, caso unico a livello europeo e probabilmente mondiale, concentra tutte le gestioni pensionistiche e le forme di sostegno del reddito. Il monitoraggio della performance richiede, quindi, in primis, un eccezionale livello di analiticità, tale da corrispondere a tale complessità. Nel catalogo INPS sono enumerati circa 400 prodotti, via via estendendosi man mano che nuove competenze o nuove attività vengono svolte dall’INPS”.
“A partire dal 2004 è stato realizzato il cd cruscotto direzionale, conclude Antonio Pone, che nella sua versione iniziale prevedeva un carnet di 99 indicatori (divenuti 252 alla data odierna), ponderati tra loro attraverso un sistema di pesatura, che consente di mettere a confronto le singole sedi, indicatore per indicatore, e anche a livello complessivo, di ottenere una graduatoria sintetica delle sedi più virtuose sotto il profilo dell’efficacia e dell’efficienza riscontrata negli indicatori di riferimento”. L’autonomia organizzativa in questo caso ha premiato l’Inps.
Pongo alcune domande a Diego Zardini, neo parlamentare del Partito Democratico, che ha presentato un disegno di legge che si pone l’obiettivo di introdurre negli enti territoriali e nel servizio sanitario nazionale il performance management.
Che cosa non ha funzionato nelle autonomie locali?
“Dopo circa quattro anni dalla riforma delle PA (D. Lgs. n. 150/1999) si può affermare che ha avuto una scarsa incidenza sulle autonomie locali a causa dei pochi obblighi, dei tanti principi ai quali gli enti interessati dovevano adeguare l’ordinamento e della facoltà di adottare alcuni strumenti manageriali. Le autonomie locali hanno scelto di enunciare i principi senza alcuna implementazione operativa, di trattare la trasparenza come un adempimento e di non introdurre, avendone solo la facoltà, alcuni strumenti manageriali essenziali per avviare un percorso di cambiamento. Tale decreto si è rivolto quasi completamente ed in modo obbligatorio alle amministrazioni centrali dello Stato ed agli enti pubblici non territoriali trascurando gli enti territoriali ed il Servizio sanitario nazionale in materia di trasparenza, di performance management e di organismo di valutazione della performance. La maggior parte dei comuni capoluogo e delle regioni avevano anticipato la riforma e, pertanto, non hanno incontrato difficoltà ad adeguarsi alla nuova normativa. In questo caso l’autonomia degli enti ha prodotto degli ottimi risultati. Al contrario molti enti locali, non essendo obbligati dalla normativa, non hanno introdotto gli strumenti previsti dal Decreto e si sono limitati ad applicare la trasparenza in modo parziale lasciando fuori gli aspetti dell’organizzazione (indicatori, risorse, andamenti gestionali) e la fasi del ciclo di gestione della performance”.
Quali strumenti la sua proposta di legge prevede di introdurre nelle autonomie locali?
“Considerato che molti enti non hanno utilizzato la loro autonomia per avviare il cambiamento, ritengo che sia necessario introdurre obbligatoriamente alcuni strumenti manageriali.
Per valutare l’efficienza e l’efficacia della produzione di un servizio ed intervenire con azioni correttive nel caso in cui si presentano degli scostamenti rispetto al piano è necessario introdurre il sistema di misurazione e valutazione della performance. In assenza di tale sistema si naviga a vista con interventi operativi indipendenti dalle variabili che intervengono nel processo produttivo (risorse umane, fattori produttivi, organizzazione e gestione del processo, qualità e quantità del servizio) con il rischio conseguente di accumulare sprechi, di porre in essere un’organizzazione del processo di produzione comprensiva di attività inutili che non creano valore.
Il management ha bisogno di un sistema di dati ed informazioni elaborate che riflettano lo stato dell’azienda e consentano di effettuare le scelte giuste in sede di pianificazione, di gestione e di azioni correttive. La proposta prevede la definizione di indicatori comuni di andamento gestionale al fine di realizzare il benchmarking e di replicare le best practices.
Robert S. Kaplan e David P. Norton sostengono che le aziende devono iniziare a chiedersi non solo se stanno facendo le “cose bene” ma se stanno facendo le “cose giuste” e raccomandano il miglioramento della performance nel bilanciamento dei due fattori.
La letteratura manageriale sulle PA non pone a favore del Nucleo di valutazione o dei Servizi di controllo interno per l’autoreferenzialità espressa e per i risultati insufficienti conseguiti. Tali organismi operano in un’ottica prettamente amministrativa e formalistica, si limitano a poche riunioni l’anno, non hanno sviluppato canali di comunicazione con l’esterno, non hanno inciso sullo sviluppo e miglioramento dei servizi e dell’organizzazione del lavoro, non hanno introdotto indicatori di performance nelle amministrazioni pubbliche al fine di realizzare la verifica dei risultati ed un benchmarking tra le PA ed i membri di tali organismi vengono nominati a prescindere dalla conoscenza e dalla professionalità possedute.
La proposta di legge, al contrario da quanto prescritto dal D. Lgs. n. 150/2009, prevede l’adozione da parte degli enti territoriali e del Servizio sanitario nazionale dell’Organismo indipendente di valutazione della performance, il quale sostituisce i servizi di controllo interno ed il nucleo di valutazione, a cui vengono assegnate le attività di controllo strategico e quelle indicate dall’art. 14, c. 4, del D. Lgs. n. 150/2009. Tale scelta consente di salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza dell’Organismo e di effettuare la selezione dei membri attraverso un processo, stabilito dalla Civit, che assicura la scelta di persone in possesso di conoscenza e competenze elevate.
La proposta di legge prevede l’introduzione nella tipologia dei controlli interni, art. 147 del TU delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, degli strumenti manageriali che costituiscono il sistema di performance management”.
A che punto siamo con l’applicazione della trasparenza totale?
“Le autonomie locali che non hanno realizzato il sistema di misurazione e valutazione della performance si trovano nell’impossibilità oggettiva di dare attuazione alla trasparenza per mancanza di dati ed informazioni. La trasparenza se costruita su un sistema di performance management consente ai cittadini di effettuare gli opportuni controlli ed al management di conoscere in ogni momento l’andamento gestionale dell’ente ed intervenire per mutarne il percorso. Non bastano piccoli correttivi a vista per migliorare la performance delle PA ma occorre introdurre un sistema di performance management trasparente ed efficace”.
Il gap tra le imprese italiane e quelle straniere rappresentato dal vantaggio competitivo che queste ultime beneficiano dal funzionamento della macchina statale è elevato. Occorre superarlo al più presto.

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