lunedì 4 novembre 2013

L’Italia rischia molto con Grillo

Editoriale di Eugenio Scalfari pubblicato su Repubblica il 3 novembre 2013
Grillo e l’Europa. Mi sembra questo il tema di maggiore attualità: la campagna elettorale che il proprietario e leader del Movimento 5 Stelle ha già aperto in vista delle elezioni europee del maggio 2014 e di quelle italiane che egli si augura e fa di tutto per provocare il più presto possibile.
Si tratta di una campagna di destra, una destra xenofoba contro gli immigrati, qualunquista contro i partiti (tutti i partiti, nessuno escluso) e contro le istituzioni, dal capo dello Stato al presidente del Consiglio ai ministri (tutti i ministri) e contro la magistratura e la Corte costituzionale.
Non è più anti-politico il Movimento 5 Stelle poiché ora una politica ce l’ha, l’ha scelta. È a suo modo una politica rivoluzionaria perché vuole abbattere tutta l’architettura esistente ma con un obiettivo reazionario perché vagheggia una dittatura, la sua. Il movimento di popolo che le sue parole d’ordine indicano con chiarezza fa leva sui sacrifici, le speranze frustrate e la rabbia che ne deriva, ormai molto diffusa, che gli italiani sentono con sempre maggiore acutezza.
Di chi è la colpa, chi ne sono i responsabili, stando alle indicazioni di Grillo? I partiti che governano il Paese da oltre mezzo secolo, l’establishment economico, i sindacati, l’Europa. Questi sono i nemici da sconfiggere, mettere in fuga e sostituire. Con chi? Col popolo finalmente svegliato da Grillo, che sarà naturalmente lui a guidare, a istruire e ad educare.
Quando questa opera di lunga lena sarà compiuta lui si ritirerà.
Ovviamente sarà celebrato nei libri di storia come quello che...
Da qualche settimana l’Europa così come è fatta oggi e l’euro che la Banca europea stampa sono diventati i nemici principali e rappresentano i bersagli sui quali sparare per primi. La stessa strategia è quella usata dal Fronte nazionale francese della Le Pen, dal movimento anti-europeo di Germania (dove però non hanno neppure superato la soglia per entrare in Parlamento), in Grecia, in Danimarca, in Olanda.
Grillo ha anche in mente una sua politica economica. Non è mai andato a scuola di economia e conosce per sentito dire le scuole di Cambridge, di Vienna e del Mit degli Usa; ma sa interpretare e semplificare quello che molta gente pensa: ridurre le tasse, combattere evasione e corruzione, infischiarsene del debito pubblico, spendere per creare posti di lavoro senza preoccuparsi delle coperture, rispondere a pernacchie alle direttive europee e mandare per aria l’euro. Chi se ne frega dell’euro. Meglio una moneta nazionale stampata in Italia in quantità capaci a fare star meglio la gente, i giovani, gli anziani, tutti.
L’Europa non reggerà il colpo. Anche la sua architettura attuale crollerà e i movimenti che l’hanno distrutta la ricostruiranno a modo loro. E poiché il movimento principale sarà il 5 Stelle, che guiderà il Paese con il debito più alto di tutti gli altri, sarà dunque il 5 Stelle — cioè lui — a guidare la ricostruzione.
Questo pensa Grillo, lo dice e lo diffonde. Ormai è un Verbo, naturalmente incarnato. Ma non è il solo poiché anche a destra c’è qualcuno che — in modi appena più sfumati nella forma ma identici nella sostanza — dice cose analoghe. Finora erano due populismi di segno contrario, adesso sono due nazionalismi entrambi di estrema destra, entrambi demagogici, entrambi irresponsabili ed entrambi visti con favore da alcuni milioni di elettori.
Mi direte che questa è una visione pessimistica. Me lo auguro, naturalmente. Di solito tendo all’ottimismo della volontà e della ragione, che unifica la dicotomia di Gramsci. Ma ora, avendo alquanto approfondito il problema, molti dubbi mi hanno assalito. Alcuni li ho già manifestati due domeniche fa discutendo le caratteristiche del circuito mediatico. Oggi torno su questo tema e su quello delle tecnologie che da vent’anni hanno preso il governo del mondo.
Molti amici che illustrano la filosofia italiana, tra i quali nomino qui Severino e Galimberti, hanno già affrontato questo tema; ma a me pare che sia venuto il momento di trarne alcune conclusioni che influenzano direttamente l’assetto della società globale nel quale vive ormai l’intero pianeta.
Il cosiddetto “Datagate” rappresenta il centro di questo discorso. Ha agitato e continua ad agitare ormai da molti giorni le Cancellerie e i media di tutto il mondo, ma mi sembra che un punto sia stato trascurato: non esiste un Datagate semplicemente nordamericano che si estende e spia l’intero pianeta.
La raccolta, la registrazione e l’eventuale ascolto delle conversazioni telefoniche esiste in ogni società telefonica locale e — ecco il punto di fondo — ciascuna di esse è interconnessa con tutte le altre. Le conversazioni tra telefoni cinesi, sono registrate, classificate e ascoltabili in Cina ma sono interconnesse con quelle Usa e così le conversazioni che si svolgono in India, in Australia, in Brasile, in Gran Bretagna, in Canada, in Germania, in Russia, in Iran, in Siria, in Egitto. Insomma nel mondo intero, ovunque ci sia l’industria telefonica e gli strumenti che consentono le conversazioni.
Il Datagate mondiale non è stato che l’insieme di queste interconnessioni, alle quali si aggiunge un’altra rete che è quella di Internet.
Queste due tecnostrutture ci portano ad una conclusione che non ci piace affatto perché coinvolge un diritto fondamentale: la «privacy»; che è stata infranta e insieme con essa quel tanto di libertà che ne deriva.
La «privacy» e la libertà che da essa discende fanno ormai parte di un’altra epoca, non più della nostra. Sociologi e tecno-operatori di tutto il mondo sono perfettamente consapevoli di questa situazione e si domandano se esista la possibilità tecnica e la volontà politica di resuscitare la privatezza e quel tanto di libertà che vi è comunque connessa. Esiste ma comporta l’uso di regole e strumenti molto sofisticati. Oltre alla volontà politica di applicarli.
Naturalmente le due reti planetarie, quella dell’interconnesione e delle conversazioni telefoniche e quella di Internet, hanno effetti travolgenti sul circuito mediatico e quindi sulla formazione delle pubbliche opinioni. Ho già esaminato questo tema due domeniche fa mettendo in luce l’enorme potenza che le nuove tecnologie hanno conferito al sistema mediatico. Sono forze ambivalenti: cercano e possono scoprire la verità sull’andamento dei fatti e possono al tempo stesso manipolarla per meglio catturare l’interesse del pubblico.
In Italia sperimentammo il rischio che questi circuiti possono esercitare su singole persone quali per esempio il capo di un’agenzia di informazioni che aveva ottenuto un contratto operativo dalla Telecom di Tronchetti Provera e se ne valse per ascoltare alcune utenze private che potevano interessare uno dei dirigenti dei Servizi segreti italiani. Il quale ultimo usò in parte quelle intercettazioni per ragioni di sicurezza pubblica ma in parte per propri tornaconti personali. Ci fu un processo che durò alcuni anni arrivando ad una sentenza di condanna per Tavaroli (titolare dell’agenzia) e la sua squadra. Tronchetti fu condannato per la ricettazione di un dossier.
Ricordo questo fatto per dire che per un qualsiasi cittadino può essere molto più pericoloso per la sua privacy la rete locale che lo registra non quella americana o cinese o indiana che dispongono anch’esse di quella conversazione. Che cosa volete che me ne importi se la National Security Agency può accedere alle mie conversazioni? Non le ascolterà mai, non sa neppure chi sono. Se non ho fatto alcuna azione contro la sicurezza pubblica.
Potrò essere invece ascoltato da un Pollari di turno che sa benissimo qual è la mia professione e che può avere sotto gli occhi le mie conversazioni per sessant’anni con capi di partito, capi di imprese, di associazioni, di governi. Questo avviene in ciascun Paese e i mediatori di queste compravendite di conversazioni non fanno altro mestiere che quello di raccogliere materiali potenzialmente ricattatori sulla vita privata di persone che abbiano avuto un peso nella vita pubblica del Paese.
Conclusione: il Datagate abolisce la privacy, le reti locali sono le più temibili per i cittadini comuni, quella generale può esercitare interventi di difesa antiterroristica e/o spiare capi di Stato, di governo, di multinazionali.
Il tutto è integrato con i circuiti mediatici i quali influenzano nel bene e nel male la formazione e l’evoluzione dell’opinione pubblica mondiale. Un esempio: sia Assange sia Snowden disponevano di un enorme fondo di intercettazioni ma per rivelarlo e rivelarsi hanno dovuto ricorrere a due giornali, il Guardian e il New York Times, alla loro carta stampata e ai siti di cui dispongono.
Questo è ormai il mondo in cui viviamo con accresciuta fatica.
Se per concludere andiamo dal più grande al meno grande, deriva da questa analisi la vitale importanza che l’Europa divenga al più presto uno Stato federale, l’euro non sia in nessun caso messo a rischio, gli strumenti politici europei si trasformino in strutture federali alle quali i governi, i Parlamenti, le Corti costituzionali, la Difesa, la politica estera dei singoli Stati trasferiscano i loro poteri.
Contro l’irrilevanza degli Stati europei, considerati ciascuno per proprio conto, non esiste altra alternativa.
L’Italia e il suo governo debbono battersi per questo obiettivo. La destra nazionalista, xenofoba anti-euro, è una catastrofe di fronte alla quale i sacrifici di oggi diventerebbero caramelle.
La ripresa sarà lenta ma comincerà certamente nel 2014, tutti i sintomi ci sono già e tutte le fonti lo confermano.
Ma c’è anche l’incoscienza degli incoscienti e il pericolo è quello. Papa Francesco, lei che ci crede preghi per noi che ne abbiamo bisogno. Sarà comunque una preziosa testimonianza.

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