mercoledì 2 dicembre 2015

PD Verona: frantumi da ricomporre

Considerata la crisi nei rapporti tra i partiti ed i cittadini, si ritiene necessario e urgente riorganizzare la forma partito al fine di coinvolgere gli elettori nella gestione delle strutture organizzative dei partiti in particolar modo nelle periferie. In assenza di tale cambiamento le strutture dei partiti continuano a rappresentare il luogo dove viene gestito il potere di rappresentanza in assenza di mobilitazione e partecipazione.
Le organizzazioni nel tempo, dal taylorismo ad oggi, sono cambiate e si sono adattate in modo continuo e veloce alla domanda di cambiamento attraverso l’adozione di nuovi modelli organizzativi.
L’unico Partito esistente è il Partito Democratico in quanto gli altri sono: personali, aziendali, autoritari e non praticano la democrazia. Pertanto, si ritiene che il PD ripensi la sua organizzazione per rispondere alle esigenze di cambiamento e di partecipazione degli iscritti, dei partecipanti alle primarie e degli elettori.
Il PD di Verona, il quale è un’organizzazione politica, per superare gli ostacoli e le problematiche relative ai rapporti con gli elettori ha bisogno di ripensare la propria organizzazione e conseguire i propri valori attraverso l’adozione dei seguenti fattori di cambiamento: Unità, Trasparenza, Comunità e Sistema aperto. I valori ed i fattori di cambiamento sono i pilastri del modello di organizzazione che si intende costruire.
La sottovalutazione della conferenza organizzativa ed il mantenimento dello status quo non consente alcun cambiamento ed è per questo che anche i fautori del congresso straordinario dovrebbero sostenere la proposta della conferenza organizzativa di Alessio Albertini.
L’anello più debole e importante della catena di partecipazione alla vita politica del PD è rappresentato dai circoli, i quali non debbono essere considerati soltanto un gruppo di volontari ma il luogo dove viene costruita la strategia locale per elevare il livello della partecipazione e della mobilitazione. Vi sono degli indicatori (iscritti e popolazione, votanti alle primarie e popolazione) che rappresentano lo stato di salute dei circoli e nello stesso tempo ispirano le azioni correttive da realizzare per migliorare gli indici.
Un altro problema da non sottovalutare, il quale è stato posto nel dibattito recente, è il ruolo dell’opposizione del PD nel comune di Verona.
E’ stato affermato che “il capogruppo fa opposizione. E la fa benissimo.” Innanzitutto, occorre precisare che l’opposizione senza una visione o una proposta alternativa è strumentale, ostruzionistica, effimera e pregiudiziale. Questo non è il caso del capogruppo Michele Bertucco e dell’intero gruppo consiliare del PD.
Per fare una efficace e credibile opposizione è necessario avere delle proposte alternative a quelle del Sindaco Tosi sui temi ed argomenti posti all’esame del Consiglio Comunale. Affermare che Michele Bertucco fa una buona opposizione in assenza di proposte alternative da parte del PD è una contraddizione perché non può essere fatta una efficace opposizione senza fare riferimento alla visione ed alle proposte alternative del PD. Pertanto, il PD di Verona ha un programma alternativo a Tosi che esprime anche attraverso il capogruppo Michele Bertucco ed il gruppo consiliare del PD.
Ultima questione riguarda il rapporto con Tosi. La direzione provinciale del PD non ha mai deliberato alleanze e rapporti privilegiati con il sindaco Tosi. Infatti, nelle elezioni provinciali ha aderito ad una alleanza alternativa a Tosi. L’accordo istituzionale proposto, anche con Tosi, non ha ricevuto consensi tra gli amministratori locali ed i membri della direzione provinciale del PD in quanto si sono espressi per una alleanza alternativa a Tosi.
L’accordo istituzionale, il quale prevedeva una visione comune tra tutte le forze politiche, non ha ricevuto consensi nel PD e tra tutte le forze politiche e, quindi, la proposta non poteva essere concretizzata.
Pertanto, l’accusa mossa ad Alessio Albertini, segretario provinciale del PD, di “intelligenza con il nemico” è strumentale ed è finalizzata a trovare ex post delle motivazioni a sostegno del congresso straordinario.
Concordo con Diego Zardini quando afferma che la divisione nasce dalla mancata ricandidatura di Franco Bonfante alle Regionali. Da quel momento sono state tante le iniziative di carattere individuale che hanno messo in fibrillazione il PD in un momento in cui bisognava impegnarsi unitariamente per superare la sconfitta alle elezioni Regionali.
Il grande difetto di alcuni esponenti politici è quello di impegnarsi per la propria sopravvivenza politica e non per il partito di appartenenza non tenendo conto che il partito sopravvive alla vita degli uomini.

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